La decisione sul suo ritiro, che sembra irrevocabile, Fabio Aru l’ha voluta annunciare con un post su Instagram alla vigilia della settantaseiesima Vuelta di Spagna, tappa della sua più importante vittoria nel 2015.
Accanto alla foto di lui bambino, ovviamente sul sellino di una bici, il lungo post recita: «Vorrei dire tante tante cose in questo momento ma preferisco godermi ogni singola emozione di quello che chiude un capitolo così importante della mia vita… Ho riflettuto a lungo su quale fosse la decisone giusta da prendere, notti insonni, pianti e quant’altro. Ma se devo essere sincero ho imparato ancora di più ad amare il mezzo e lo sport che mi ha portato a raggiungere traguardi che mai avrei immaginato.»
A Villacidro, dopo i primi calci al pallone e qualche racchettata a tennis, Fabio si appassiona alla bici grazie alle escursioni in montagna fatte col padre. In sella alla mountain bike inizia a fare le prime gare in Sardegna fino a quando non viene notato dal team Palazzago che lo chiama a correre sull’asfalto. Si trasferisce a Bergamo per inseguire il suo sogno subito dopo la maturità, dove inizia un percorso duro per la lontananza da casa e la fatica degli allenamenti, ma vincente poiché lo porta tra i professionisti nel 2012.
Tra i maggiori successi conquistati in carriera c’è proprio la Vuelta, vinta nel 2015, il campionato italiano nel 2017, e due podi (nel 2014 e nel 2015) all’arrivo del Giro d’Italia. Il Cavaliere dei Quattro Mori è il primo ed unico sardo finora (e quarto italiano assoluto dopo Felice Gimondi, Francesco Moser e Vincenzo Nibali) ad aver indossato la maglia rosa del Giro, la gialla del Tour de France e la rossa della Vuelta, le tre classiche del ciclismo su strada. Ha anche partecipato alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 classificandosi sesto nella corsa in linea su strada.
I maggiori successi sono arrivati nei sei anni con la squadra kazaka dell’Astana, al fianco di campioni come Vincenzo Nibali e Mikel Landa. Poi, nel 2018 il passaggio alla UAE Emirates e il triennio nero, privo di soddisfazioni, a causa di infortuni e prestazioni sottotono. Quest’anno Aru è passato nel team Qhubeka Assos e dopo un inizio difficile per la mancanza di condizione che lo ha costretto a saltare il Tour, ha ritrovato il sorriso e la forma ottimale proprio a poche settimane dalla Vuelta.
La corsa, partita sabato da Burgos, vede Fabio a ridosso dei primi come non lo si vedeva da tempo, tanto da far rammaricare tifosi e appassionati per il suo ritiro.
«Ho dato tutto me stesso, sino all’ultima goccia di sudore e lo darò nelle prossime tre settimane. Ora è giunto il momento di godermi un nuovo capitolo della mia vita, accanto alla mia famiglia.»
È l’ultima fatica, le ultime salite, gli ultimi chilometri a pedalare come un forsennato. Ma chissà se un buon risultato potrà servire a fargli cambiare idea e continuare a pedalare tra i professionisti. Se così non fosse, Fabio Aru resta il più vincente ciclista sardo e merita comunque un grande grazie per averci fatto divertire.