Tutti la chiamano Bebe, diminutivo di un lungo nome, Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio, ed è una roccia fin dall’infanzia. Classe 1997, è la seconda di tre fratelli e la sua passione per la scherma ha radici profonde: inizia a praticarla a soli cinque anni e mezzo. All’età di undici anni viene colpita da una meningite fulminante, malattia che degenera in una seria infezione, con annessa necrosi, che rende necessaria l’amputazione degli avambracci e delle gambe. Dopo tre mesi e mezzo viene dimessa dall’ospedale e, in seguito ad un anno di fisioterapia e riabilitazione motoria, prosegue la sua strada più forte di prima riprendendo a tirare di scherma a livello agonistico. Compete ufficialmente per la prima volta a maggio del 2010 con l’ausilio di una protesi progettata appositamente per la sua condizione e diventando la prima schermitrice disabile al mondo a gareggiare con quattro protesi artificiali. Dopo solo un anno ottiene il titolo di campionessa italiana under 20 e nel 2014 è campionessa europea assoluta paralimpica e il Comitato Italiano le attribuisce il premio di “miglior atleta italiana della scherma”. Vince numerosi altri titoli nazionali ed europei, nel 2016 partecipa poi ai Giochi Paralimpici di Rio ottenendo il suo primo oro olimpico negli individuali e un bronzo della gara a squadre ad appena diciannove anni.
In quell’anno la stella della scherma azzurra è ormai un personaggio che va oltre i confini dello sport. Forte determinazione e sorriso spontaneo sono i suoi ingredienti. Bebe viene scelta tra cinque testimonial mondiali, uno per continente, per posare nelle immagini scattate da Anne Geddes per la campagna di sensibilizzazione a favore dei vaccini contro la meningite nata per diffondere il messaggio che tale patologia è prevedibile. Nello stesso periodo inizia a tenere incontri motivazionali in tutta Italia e a comparire più volte nei programmi televisivi come testimonial dello sport in sedia a rotelle e come promotrice delle discipline paralimpiche.
Il suo carisma magnetico colpisce chiunque la veda anche attraverso uno schermo televisivo. L’atleta è sempre un ciclone di energia e nei suoi occhi sembra ormai non esserci più traccia di tristezza. Il suo sguardo, al contrario, emana positività, ottimismo e spinta vitale. Come ha sostenuto più volte, non ama coprire le cicatrici dovute alla malattia ma preferisce mostrarle con orgoglio perché “sono parte di lei”. Bebe rappresenta un esempio concreto di voglia di vivere, di arrivare e superare gli ostacoli per tutti i giovani, tanto che nel 2019 l’azienda di giocattoli Mattel ha deciso di dedicarle una Barbie che la raffigura.
“Nulla è impossibile” – ripete spesso – e l’ennesima dimostrazione sono le sue vittorie alle Paralimpiadi di Tokyo 2020. Un oro nel fioretto ottenuto il 28 agosto sbaragliando l’avversaria cinese Jingjing Zhou, la stessa che aveva sconfitto a Rio 2016. Il giorno successivo è arrivata anche un’altra soddisfazione: argento nel fioretto femminile a squadre in team con le atlete Andreea Mogos e Loredana Trigilia. Le due conquiste sono giunte, come da lei raccontato affidando le sue emozioni ad un lungo post sui social, in seguito ad un periodo che l’ha messa a dura prova. L’atleta ha infatti dovuto affrontare un grave infortunio al gomito a settembre dell’anno scorso e lunghi mesi di riabilitazione. Ad inizio anno, ha poi contratto anche un’infezione da stafilococco aureo. “Ero messa proprio male e quando mi hanno detto ‘se l’infezione è arrivata all’osso dobbiamo amputare l’arto’ mi è crollato il mondo addosso. Basta amputazioni! Non mi è rimasto più molto da tagliare… Poi l’operazione, l’infezione debellata, le settimane chiusa in ospedale e quando siamo usciti mancavano 119 giorni alla Paralimpiade. ‘Non ce la farete mai’ ci hanno detto. ‘Ci vogliamo provare?’ ci siamo chiesti. Passione, coesione, lavoro, fatica. Così in pochi mesi siamo riusciti a conquistarci un oro e un argento”.
La giovane spadaccina azzurra ha rivelato il suo calvario solo dopo la vittoria, svelando i problemi di salute con i quali ha dovuto combattere. Malgrado queste ennesime sfide, con straordinaria caparbietà è riuscita a trasformare la disgrazia in un trionfo, sia a livello umano che sportivo dimostrando, ancora una volta, la sua eccezionale voglia di vivere. Questa piccola grande donna ne ha dovute affrontare veramente tante, ma non si è mai data per vinta e con grande forza d’animo, sacrificio e allenamenti quotidiani ha raggiunto successi sportivi sorprendenti. Tra chi l’ha aiutata a non mollare mai ama ricordare suo papà Ruggero che le ha sempre ripetuto che nonostante tutto “la vita è una figata”. Di questa frase Bebe ha fatto il suo motto e agli occhi di tutti oggi rappresenta un’icona di riscatto e desiderio di vita.