“Canzoni da odiare” è il secondo full lenght della band perugina Elephant Brain uscito venerdì scorso per Libellula/Believe in digitale, cd e vinile. Scritto a cavallo tra il 2020 e il 2021, arriva dopo “Niente di speciale”, l’esordio sulla lunga distanza pubblicato nel 2020 – due settimane prima che il mondo, per come lo conoscevamo, si fermasse – che raggiunge oltre 1 milione di ascolti su Spotify.
Anticipato dai singoli “Anche questa è insicurezza” (con il quale la band conquista la copertina della playlist Spotify Rock Italia), “Neanche un’ora sveglio” e “Come mi divori” (che li vede di nuovo in copertina su Rock Italia), il nuovo album è stato registrato e mixato da Jacopo Gigliotti (Fast Animals and Slow Kids) e masterizzato da Giovanni Versari, entrambi già dietro le quinte del lavoro precedente.
“Canzoni da odiare” è frutto di un lavoro di scrittura svolto totalmente in casa in quel lungo periodo di isolamento, solitudine, attimi apparentemente interminabili, che hanno caratterizzato i due anni appena trascorsi.
Dopo l’uscita del primo album, gli Elephant Brain avrebbero voluto, come tutti, suonare il più possibile quei brani davanti al pubblico, ma nell’impossibilità di andare avanti con le esibizioni dal vivo, la band composta da Vincenzo Garofalo (voce e chitarra), Andrea Mancini (chitarra e cori), Emilio Balducci (chitarra), Roberto Duca (basso e cori) e Giacomo Ricci (batteria) ha scelto qualche sfondo divertente su Zoom e si è gettata a capofitto nella scrittura di nuovi brani a distanza. Il risultato è un disco che rappresenta un processo lineare nella sua non linearità, che ci mostra la gioia e il dolore di vivere per la musica e di crearne di nuova.
Un processo che parte da loro, dalle vere protagoniste (Canzoni), poi sfiora l’epicità nei fiati di “Mi sbaglierò”, passa attraverso le notti trascorse ripensando a cosa si poteva fare diversamente (Neanche un’ora sveglio), incontra i cambi di passo di “Come mi divori” e “Calamite”, si ferma nella spiaggia calma di “Rimini” per poi reimmergersi nelle insicurezze nevrotiche di “Anche questa è insicurezza”. Alla fine, “Quel che resta” chiude il viaggio.
Ciò che sembra rimanere in mano agli Elephant Brain è la socialità che nasce dallo scrivere questa musica e “Odiare” le canzoni da cui sono stati, anche questa volta, risucchiati. Ma odiare quelle canzoni, in fondo, fa parte del viverle.
«“Canzoni da odiare” viene fuori dalla necessità di fare musica come scelta razionale. Nato su una cartella drive, in videochiamate e sui gruppi WhatsApp, è un album che ha più la forma di un ricordo che di un disco suonato, in cui poche canzoni hanno rappresentato la sensazione di una sala prove, di uno studio di registrazione o di un concerto davanti a persone vere perché lavorato totalmente in casa, e solo in seguito registrato e mixato da Jacopo Gigliotti col master di Giovanni Versari. In quel lungo periodo, il solo pensiero di tornare a fare musica ci stava facendo del male, ma paradossalmente è proprio in quella sensazione che abbiamo ritrovato la nostra normalità. Quella routine che ci ha sempre tenuto costantemente attaccati alla musica durante queste strane e scombussolate vite», dicono gli Elephant Brain.
La band presenterà dal vivo il nuovo disco nel “Canzoni da odiare Tour”, dopo le date di Torino e di Prato, proseguirà il 25 novembre all’Arci Bellezza di Milano per Culture Club, il 2 dicembre all’Urban di Perugia, il 10 dicembre al Covo Club di Bologna e il 23 dicembre all’Home Rock Bar di Treviso, con altre tappe in aggiornamento.