Al cinema il 2025 comincia all’insegna dell’horror: a partire dal 1° gennaio arriva infatti nelle sale italiane “Nosferatu”, rivisitazione della pellicola firmata da Friedrich Wilhelm Murnau nel 1922 scritta e diretta da Robert Eggers, già riadattata nel 1979 da Werner Herzog. Non è, evidentemente, un compito facile quello che si è assunto Eggers, perché il film di Murnau è universalmente considerato un capolavoro dell’espressionismo tedesco e ha contribuito a istituire il canone del genere, con il rifacimento di Herzog a segnare, all’epoca dell’uscita, un collegamento con le istanze del nuovo cinema tedesco.
La perturbante figura del protagonista, il Conte Orlok, si ispira al romanzo “Dracula” di Bram Stoker: Murnau non possedeva i diritti del libro e fu costretto dall’azione legale della vedova Stoker a cambiare i nomi dei personaggi nel suo film e, in seguito, a distruggerne quasi tutte le copie; tuttavia, più o meno fortunosamente, il primo “Nosferatu”, “non morto” in lingua rumena, si è salvato dalle diatribe sui diritti d’autore e Murnau ha consegnato alla storia del cinema un vampiro che, forte delle sue ascendenze letterarie, continua a ispirare gli incubi di generazioni di registi, interpreti e pubblico.
Robert Eggers, al suo quarto lungometraggio dopo “The Northman” (2022), sceglie per questo ruolo iconico Bill Skarsgård: è il 1838 e il Conte Orlok accoglie nella sua spettrale dimora dei Carpazi, in Transilvania, l’agente immobiliare Thomas Hutter (Nicholas Hoult), deciso a concludere con il misterioso Conte la vendita di una tenuta sotto mandato del suo capo, il signor Knock (Simon McBurney). Pur desideroso di finalizzare l’affare, Thomas ha lasciato a malincuore la cittadina di Wisborg, in Germania, in cui vive insieme alla moglie Ellen (Lily-Rose Depp): gli Hutter sono infatti una fresca coppia di sposi, traboccante di sogni e speranze per il futuro, ed Ellen si dimostra una compagna dolce e amorevole, per quanto segretamente dilaniata fin dall’infanzia da incubi terribili.
La storia è ben nota: dopo un viaggio carico di presagi di morte, Thomas giunge in Transilvania; più volte messo in guardia dalla popolazione locale riguardo la presenza di un “nosferatu” che infesta quei luoghi, il malcapitato cade infine tra le spire di Orlok, che conferma con il suo aspetto sinistro e le sue abitudini inquietanti le storie che Thomas aveva frettolosamente bollato come semplici superstizioni. Il giovane si ritrova così prigioniero nella dimora del Conte: la fuga non è affare semplice e presto si trasforma in una corsa contro il tempo per salvare Wisborg e Ellen, in particolare, dalla piaga mortale che Orlok porta con sé; trasferitosi nella tenuta che ha acquisito alla periferia della cittadina, il Conte sembra infatti avere un rapporto molto stretto con la giovane, combattuta tra genuino e razionale orrore e desiderio ancestrale di abbandonarsi alla mostruosa creatura, che risveglia in lei un anelito di libertà sconosciuto.
A sostenere Thomas e Ellen nella loro battaglia contro il male sono il Professor Albin Eberhart Von Franz (Willem Dafoe), medico radiato dall’ordine per le sue particolari credenze, Friedrich Harding (Aaron Taylor-Johnson) e Anna Harding (Emma Corrin), amici della sfortunata coppia che ha indissolubilmente legato il suo destino a quello del Conte Orlok. Come risulta evidente anche dal trailer, il film ricalca l’originale sia nella trama che nelle scelte stilistiche, con l’inserimento voluto, e in parte dovuto, di citazioni più o meno evidenti da parte di Eggers, che ha già dimostrato nei lungometraggi precedenti la capacità di elaborare con originalità il materiale a cui si ispira, regalando al pubblico un’esperienza cinematografica coinvolgente, oltre che visivamente sorprendente.
Che il vampiro, personaggio radicato nelle leggende popolari prima che nei racconti cinematografici, abbia tuttavia riservato al regista qualche insidia, in questo sontuoso adattamento? La domanda è lecita, soprattutto se si pensa al significato profondo che si cela dietro le fattezze inquietanti di una creatura capace di incarnare, attraverso i secoli, paure e desideri reconditi del genere umano. Molto si è detto, finora, riguardo i richiami del film alla pandemia, evocata dal morbo pestilenziale diffuso da Orlok, e riguardo il personaggio di Ellen, che in quest’ultima versione di “Nosferatu” dovrebbe rappresentare la chiave di volta di un discorso legato all’accettazione di sé, della propria oscurità come facente parte della natura umana, piuttosto che incarnare l’idea dell’innocenza sacrificata per combattere il male.
Il film ha esordito negli Stati Uniti per Natale con un grande successo al botteghino, mentre la critica si è espressa, come spesso succede, in modo ambivalente: troppo arduo, dunque, il confronto con il capolavoro di Murnau? Al pubblico e alla critica europei, in questo 2025 appena cominciato, l’ardua sentenza. Intanto, è impossibile non godere della lugubre bellezza che accompagna la pellicola, dai costumi alle scenografie, con una fotografia studiata per lasciare a bocca aperta il pubblico e richiami che viaggiano dal cinema alla pittura di Caspar David Friedrich, da scoprire fotogramma per fotogramma.