Un terribile segreto unisce “Quattro bravi ragazzi” nel nuovo romanzo del giornalista e scrittore Lello Gurrado – protagonista venerdì 13 novembre alle 18:30 in diretta sulla pagina Facebook del Cedac Sardegna in differita sul canale YouTube sotto le insegne di “Legger_ezza” / il progetto del CeDAC per la Promozione della Lettura giunto alla seconda edizione – incentrata su “Discriminazioni di genere, violenza e bullismo”.
Un giallo contemporaneo offre lo spunto per affrontare un tema di scottante attualità, nell’incontro a cura di Salvatore Bandinu: una serie di delitti conduce il commissario Amoruso, impegnato nelle indagini per identificare il colpevole, a fare luce su un’altra morte. Infatti, la misteriosa strage ha radici lontane, in una delle tante “Storie di ordinario bullismo” (come suggerisce il sottotitolo) che riempiono le cronache dei quotidiani, segnando nella mente e nel corpo le vittime di atti di crudeltà, persecuzioni e derisione e talvolta sfociano in tragedia.
Lello Gurrado – autore de “Il Mestieraccio” (sui vari aspetti del giornalismo), del saggio “Khomeini e la questione iraniana”, e – insieme con Romano Asuni – de “Gli sdrogati. Storie d’amore e di speranza dei ragazzi di S. Patrignano” e “Mamma eroina”, ha curato l'(auto)biografia di “Don Mazzi: sono un prete da marciapiede”, e dopo romanzi come “Fulmine” (Premio Legenda Giovani 2015 di Ciriè) e “La Grande Guerra di Elmo e Sauro” (finalista al Premio Cassino 2019), si cimenta di nuovo con il genere “frequentato” da scrittori come Andrea Camilleri e Andrea G. Pinketts, Jeffery Deaver e Fred Vargas – da lui “messi in scena” nel metaletterario “Assassinio in libreria”.
“Quattro bravi ragazzi” (ed. Baldini + Castoldi) – rimanda fin nel titolo a una delle frasi ricorrenti nelle testimonianze sui fatti di cronaca, quasi a voler recuperare l’ambigua etimologia, con un sottofondo di malvagità e efferatezza riconoscibile nei “bravi” di manzoniana memoria, della parola che nel comune sentire – nel suo attuale significato – esprime un concetto di rettitudine e affidabilità, senza nessun riferimento alle straordinarie ancorché empie imprese. Un termine rassicurante e consolatorio, che indica il rimpianto per le vittime, quando queste appartengono alla schiera dei buoni, ma rappresenta anche lo sgomento davanti alla rivelazione improvvisa della verità allorché quella “cara persona” si dimostri invece un emulo del Riccardo III shakespeariano.
Nel romanzo i “bravi ragazzi”, in seguito alla loro “condanna” da parte dell’omicida che preferisce però far apparire come semplici “incidenti” quegli assassini, forse per non insospettire le future vittime, verranno a loro volta messi “sotto inchiesta” per capire se nelle loro esistenze vi sia qualche indizio che potrebbe se non giustificare almeno spiegare quell’improvvisa sete di sangue.
Una narrazione avvincente e coinvolgente che permette di riconoscere la “banalità del male” nella dimensione del quotidiano, nella nuova fatica letteraria di Lello Gurrado: la ricerca dell’assassino/a e il tentativo di evitare una nuova “morte annunciata” diventano un viaggio nei labirinti della mente e del cuore, per ritrovare le origini della violenza e le “deviazioni” comportamentali se non morali in quella che dovrebbe essere l’età dell’innocenza.