Con voce commossa, il cardinale Kevin Farrell ha annunciato questa mattina la morte di Papa Francesco. Il Pontefice si è spento alle 7:35, nella quiete delle sue stanze, dopo una lunga malattia affrontata con la discrezione e la forza che lo hanno contraddistinto in ogni stagione del suo pontificato. “È tornato alla casa del Padre”, ha detto il cardinale Farrell, sottolineando come “tutta la sua vita sia stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa, in particolare a favore dei più poveri ed emarginati”.
L’annuncio è giunto meno di ventiquattr’ore dopo l’ultima apparizione pubblica del Santo Padre. Ieri, giorno di Pasqua, Francesco si era affacciato dalla Loggia delle Benedizioni per impartire la benedizione “Urbi et Orbi”, in un momento diventato ora struggente e profetico. Alle 12.02, le pesanti tende di velluto rosso si sono aperte e dalla Basilica di San Pietro è riemersa la figura fragile ma determinata del Papa, sorretta dalla sua volontà di esserci, ancora una volta, tra il popolo.
Il ritorno sulla Loggia è stato preceduto da un giro a sorpresa tra i fedeli, a bordo della papamobile. Il primo vero bagno di folla dopo le dimissioni dal Policlinico Gemelli. La piazza, gremita e fiorita, lo ha accolto con un’ovazione. Erano circa 35 mila i presenti sotto il sole di primavera, in un clima di festa e commozione. Il Papa non ha letto il messaggio pasquale — affidato a monsignor Diego Ravelli — ma ha voluto personalmente impartire la benedizione, con voce flebile e sguardo sereno. Accanto a lui, il cardinale protodiacono Dominique Mamberti e Fernando Vérgez Alzaga.
Quella apparizione, che ora acquista il valore di un commiato, ha confermato ancora una volta la cifra spirituale di un pontificato fuori dagli schemi, in cui la vicinanza alla gente ha prevalso sull’apparato, e la tenerezza sul protocollo.
Nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, Jorge Mario Bergoglio era figlio di emigrati piemontesi. Entrato nella Compagnia di Gesù, fu ordinato sacerdote nel 1969. Divenne vescovo ausiliare della capitale argentina nel 1992, arcivescovo nel 1998, cardinale nel 2001. Il 13 marzo 2013, dopo la storica rinuncia di Benedetto XVI, venne eletto Papa, primo gesuita, primo sudamericano e primo a scegliere il nome di Francesco — un segnale inequivocabile del programma che intendeva seguire: povertà, pace, rispetto del creato.
Il suo è stato un pontificato rivoluzionario nei toni, più che nelle dottrine. Con uno stile diretto e un linguaggio semplice, ha scardinato molte formalità vaticane. Celebre la sua prima apparizione dalla loggia di San Pietro, quando chiese al popolo una benedizione prima ancora di impartirla. “Buonasera”, disse allora, e già in quel saluto si percepiva un cambiamento epocale.
Durante il suo pontificato ha affrontato senza timori temi delicati come la povertà, le migrazioni, la pace, la crisi climatica, la sinodalità nella Chiesa e l’ascolto delle periferie del mondo. Ha voluto una Chiesa “ospedale da campo”, meno giudicante e più accogliente, mettendo al centro le ferite dell’umanità. Con l’enciclica “Laudato si’” ha rilanciato l’impegno per la cura del creato, mentre “Fratelli tutti” è diventato il manifesto di una fraternità universale che supera confini, religioni e interessi.
Nel cuore dei fedeli resteranno la sua mitezza, la forza della sua voce anche quando tremante, e la sua capacità di far sentire ciascuno visto e amato. In molti lo ricorderanno inchinato davanti ai poveri, piegato nel silenzio davanti alla pioggia in Piazza San Pietro durante la pandemia, o commosso al cospetto delle vittime di guerra e ingiustizie.
Oggi la Chiesa lo affida alla misericordia di Dio, nella certezza che il suo esempio continuerà a parlare. Le sue parole, come vento leggero, continueranno a diffondersi nella città e nel mondo.