“Siliqua – dai conci di terra cruda, negli ossami di pietra in coni tronchi – deserto effimero: in cuore gioca il volume dei colli d’erba giovane; e la fraterna aura conforta amore”.
Con questi versi tratti dalla lirica “Sardegna”, il poeta e premio Nobel Salvatore Quasimodo descriveva Siliqua, da cui rimase affascinato durante la sua permanenza in Sardegna negli anni Trenta del Novecento.
Distante circa 35 km da Cagliari, questo comune del basso Sulcis, con quasi 4.000 abitanti, conserva intatta la sua antica tradizione agropastorale. Nel centro storico si incontrano ancora le tipiche case in pietra e fango,testimoni di un passato che si intreccia perfettamente con l’ambiente circostante, arricchito dalla presenza di domus de janas e da una natura incontaminata dove, suggestivi boschi e corsi d’acqua, creano un paesaggio di rara bellezza.
Siliqua si adagia sulla piana del Cixerri, una valle di origine antichissima, considerata dai geologi unica in Italia per l’affiorare di imponenti formazioni rocciose di origine vulcanica, tra cui la più spettacolare è il Domo Andesitico di Acquafredda, dichiarato “Monumento Naturale” dalla Regione Sardegna nel 1993.
Sulla sommità di questo rilievo, a 256 metri sul livello del mare, si ergono i ruderi del medievale Castello di Acquafredda, il cui nome deriverebbe da una sorgente d’acqua freschissima che sgorgava dalle fenditure del colle.
Una bolla di Papa Gregorio IX del 1238 attesterebbe l’esistenza del castello già in quell’epoca, ma la tradizione colloca la sua fondazione nel 1257, ad opera di Ugolino della Gherardesca, conte di Donoratico, divenuto signore del sud-ovest della Sardegna dopo la caduta del Giudicato di Cagliari.
Sulla figura di questo nobile pisano, noto come il “conte maledetto”, aleggia un’inquietante leggenda: si dice che, caduto in disgrazia, nel 1289 fu arrestato per volere dell’arcivescovo Ruggeri degli Ubaldini e rinchiuso con figli e nipoti nella Torre dei Gualandi a Pisa, dove furono lasciati morire di inedia, motivo per cui è tristemente nota come “Torre della Fame”.
L’episodio è stato narrato da Dante nella Divina Commedia, nelCanto XXXIII dell’Inferno, dove descrive una scena di cannibalismo: Ugolino, sepolto in una buca insieme all’arcivescovo Ruggeri, gli addenta il cranio. Interrogato sulla ragione di tale odio, il conte racconta l’agonia sua e della sua famiglia, durata ben sei giorni, fino all’atroce epilogo. Secondo un’interpretazione, nel verso “Poscia, più che ‘l dolor, poté ‘l digiuno”, il poeta alluderebbe al fatto che Ugolino, dopo la morte dei suoi figli, si sia cibato dei loro corpi prima di soccombere.
Dopo i Pisani, il castello di Acquafredda andò agli Aragonesi. Nei secoli successivi cambiò proprietario più volte, passando da un feudatario all’altro, fino a quando venne riscattato dai Savoia nel 1785.

Il maniero presentava una fortificazione articolata su tre livelli. La parte più bassa ospitava il borgo, protetto da una cinta muraria merlata di circa 80 metri, dove si trovavano gli alloggi dei servi, delle truppe, le stalle e i magazzini. Salendo al livello intermedio si trovava una torre cisterna, ancora visibile, costituita da tre vani destinati a conservare una grande quantità di acqua. Nella parte più alta, a 250 metri d’altezza, era presente il mastio, ossia la torre principale del castello. Aveva una pianta ad “U” e si sviluppava su tre piani: uno sotterraneo, con una cisterna tuttora ben conservata, e due piani superiori. A essere rimasta intatta è la torre di guardia situata al secondo piano, chiamata anche “torre de s’impicadroxiu” (torre dell’impicco) perché, secondo la leggenda, proprio qui sarebbe stato imprigionato Vanni Gubetta, complice dell’arcivescovo Ruggeri nel tradimento ai danni del conte Ugolino.
A differenza di altri castelli medievali sparsi nell’Isola, il castello di Acquafredda presenta ancora diverse sezioni visitabili, da cui si può godere di una vista panoramica che, dalla valle del Cixerri, si estende fino a Cagliari e al mare. Ai piedi del colle è possibile passeggiare tra i pini e gli eucalipti tipici della macchia mediterranea ed è presente un’area dove poter riposare o fare un picnic.
Per raggiungere il maniero, che dista circa 4 km da Siliqua, è necessario percorrere in auto la strada statale 293 e, una volta giunti alle pendici del colle di Acquafredda, incamminarsi a piedi fino alle sue rovine, visitabili tutti i giorni, dalle 9:30 alle 17:30, anche in autonomia e senza prenotazione.
Per informazioni sul percorso, sulle visite guidate, sulle escursioni e sugli eventi, è possibile consultare il sito castellodiacquafredda.com.