Il Carnevale di Bosa, conosciuto come Carrasegare ‘Osincu, rappresenta uno degli eventi più attesi dell’anno per la comunità locale e per i tanti visitatori che ogni anno giungono nella cittadina sul Temo per assistere a una celebrazione unica nel suo genere. Radicato nella tradizione, il Carnevale bosano conserva un carattere spontaneo e irriverente, dove la satira e la parodia si intrecciano con riti simbolici e momenti di grande coinvolgimento collettivo.
A differenza di altre manifestazioni carnevalesche più strutturate, a Bosa il Carnevale mantiene una natura autentica, affidandosi in gran parte all’improvvisazione e alla partecipazione attiva della popolazione. Sebbene l’associazione “Karrasegare ‘Osinku” si occupi della promozione e valorizzazione dell’evento, l’anima della festa risiede nell’estro creativo della comunità, che trasforma le strade in un palcoscenico di ironia e goliardia.
Il Carnevale bosano si sviluppa tra momenti rituali ben precisi, con un ciclo che si apre e si chiude nel segno del fuoco. Il 17 gennaio, con il falò in onore di Sant’Antonio Abate, prende avvio il periodo carnevalesco, mentre la notte del Martedì Grasso si conclude con il rogo del fantoccio di Giolzi, il re del Carnevale, segnando la fine della festa e il ritorno alla normalità.
Uno dei primi protagonisti della celebrazione è Giogia Laldaggiolu, che compare per le strade una settimana prima del Giovedì Grasso. Vestito con una giacca indossata al contrario e il viso annerito dalla fuliggine, porta con sé un bastone per raccogliere il bottino, mentre i muttettus a trallallera – canti satirici improvvisati – riecheggiano per il centro storico. L’obiettivo è ottenere “sa palte ‘e cantare”, ovvero generi alimentari donati dagli spettatori in cambio dell’intrattenimento.

Il Giovedì Grasso segna l’ingresso nel vivo della festa con la sfilata dei carri allegorici, seguiti da gruppi mascherati di ogni età. La Banda Musicale di Bosa, presente dagli anni ‘80, apre la parata con strumenti improvvisati e oggetti rumorosi come “sa serraggia”, una lunga canna con una vescica di maiale legata alle estremità, contribuendo all’atmosfera festosa.
Uno dei momenti più suggestivi del Carnevale bosano si svolge la mattina del Martedì Grasso con la rappresentazione di S’Attittidu. Secondo la leggenda, una giovane madre lascia il proprio figlio affamato alla nonna per poter partecipare ai festeggiamenti, dando origine a un lamento collettivo. Le donne vestite a lutto, conosciute come “Sos Attittadoras”, percorrono le vie del centro piangendo e chiedendo “unu ticchirigheddu ‘e latte” per i loro bambolotti, spesso ornati con simboli fallici o allusivi, in una rappresentazione che mescola il senso della perdita con elementi di rinascita e fertilità.
Al calare del sole, il Carnevale si avvia alla conclusione con la ricerca di Giolzi, il re del Carnevale. Maschere bianche avvolte in lenzuola, con in mano lampioncini di carta o piccoli cestini con lumi accesi, si muovono tra la folla alla ricerca del sovrano che si nasconde tra gli spettatori. Una volta trovato, viene trasformato in fantoccio e bruciato in un grande falò, sancendo la fine della festa e la promessa di un nuovo inizio.

Accanto ai riti tradizionali, il Carnevale bosano è anche un’occasione di aggregazione e convivialità. Il sabato precedente al Martedì Grasso, le cantine del quartiere storico di Sa Costa aprono le loro porte ai visitatori per la “Festa delle Cantine in Maschera”, un appuntamento in cui vino e specialità locali vengono offerti ai partecipanti, mentre in Piazza del Carmelo la musica trasforma lo spazio in una grande pista da ballo all’aperto.
La domenica successiva, il fiume Temo diventa il cuore pulsante della celebrazione con l’evento “Un fiume di maschere”. Maschere variopinte solcano le acque su piccole imbarcazioni, sup e canoe, creando un suggestivo connubio tra modernità e tradizione. Il Castello Malaspina e il borgo medievale di Sa Costa fanno da sfondo a questa manifestazione.