Corre l’anno 1974: Gary Gygax e Dave Arneson, scrittori e già autori di diversi wargames -giochi di strategia che ricostruiscono singole battaglie o guerre-, pubblicano negli Stati Uniti “Dungeons & Dragons”, il gioco di ruolo fantasy destinato a rivoluzionare il settore editoriale del role-playing game, tuttora fiorente, caratterizzato dall’unione tra dimensione letteraria e ludico-creativa. Il set originale, composto da tre manuali di gioco, esce per l’azienda Tactical Studies Rules, fondata dallo stesso Gygax; dopo diversi passaggi, alle soglie del 2000 l’azienda, con il nome Wizards of the Coast, viene acquisita dal colosso della Hasbro, terza società al mondo per edizione e produzione di giochi e giocattoli.
Basterebbe questo dettaglio a evidenziare la portata del successo di D&D, un’idea di gioco capace di rivoluzionare per sempre il mondo dell’intrattenimento, per ragazzi e non solo: si stima infatti che oggi, in tutto il mondo, ci siano oltre 20 milioni di giocatori, i quali, seguendo le regole dei vari manuali, creano i loro personaggi -una delle sostanziali differenze rispetto ai wargames è la possibilità di creare e gestire uno specifico personaggio e non un battaglione- e ne raccontano le storie, muovendosi attraverso regni in cui si svolgono missioni e campagne e in cui la capacità narrativa dei giocatori e del Master, colui che tiene le fila dell’avventura, sono alla base della qualità della storia e del divertimento.
Da un set base, che permette a 2/6 giocatori di cimentarsi con un’avventura adatta ai principianti, passando per il set canonico di D&D che comprende il Manuale del Giocatore, il Manuale dei Mostri e la Guida del Dungeon Master, fino ai set Advanced di Dragonlance e dei Forgotten Realms, attualmente il gioco è giunto alla sua quinta edizione e si attende per il 2024 una nuova versione dei manuali: verrebbe da chiedersi cosa renda speciale D&D, se non fosse evidente che l’amore senza tempo per il “gioco” del “raccontare storie”, o come si è soliti dire negli ultimi anni, “storytelling”, rappresenta una delle attività più longeve nella storia dell’intera umanità, dai tempi di Omero.
Il gioco di ruolo rende il giocatore protagonista di una storia che contribuisce a creare guidato dal Master, figura che deve necessariamente possedere la capacità di intessere trame e svilupparle; ci sono i manuali, ci sono le regole, ma c’è anche tanta libertà d’azione, con la possibilità di muoversi in universi high fantasy, popolati di elfi, orchi, nani e draghi, in cui dunque la magia è diffusa a diversi livelli, o low fantasy, più simili a un medioevo fantastico, e di creare le proprie peculiari ambientazioni, con tutte le sfumature di genere desiderate, per esempio più tendenti all’horror o alla fantascienza. In definitiva, è semplice intraprendere il proprio viaggio nel mondo di D&D, che può essere attraversato munendosi di mappe, miniature e dei dadi poliedrici utili a risolvere le situazioni più complesse, ma anche solo di un taccuino e una penna; tanto basta per impersonare un ranger, una maga, un cavaliere, una ladra o un chierico -questi alcuni dei più comuni personaggi del gioco- e affrontare avventure potenzialmente infinite insieme a un gruppo di amici.

In quasi 50 anni di storia, l’universo di D&D è stato declinato, con efficacia talvolta discutibile, attraverso svariati linguaggi: romanzi e fumetti, film, serie animate e videogiochi si sono ispirati a questo role-playing game, il cui successo, soprattutto negli ultimi anni, si è nutrito ed è stato rilanciato dalla popolarità planetaria della serie Netflix “Stranger Things”, i cui giovani protagonisti sono appassionati giocatori di D&D; nella quarta stagione, in particolare, i personaggi si trovano coinvolti nel gruppo di gioco dell’Hellfire Club, che porta avanti un’appassionante campagna guidata dal Master Eddie Munson (Joseph Quinn).
La serie ha il pregio di evidenziare anche gli aspetti più controversi del gioco, che non venne accolto sempre positivamente dall’opinione pubblica più conservatrice, visti i riferimenti a una dimensione magico-esoterica, e fu accusato di istigazione al satanismo e alla stregoneria; nonostante alcune campagne denigratorie, le narrazioni legate al gioco di ruolo si sono ampiamente diffuse: tra le tante versioni, vale la pena ricordare le tre stagioni della serie televisiva animata statunitense “Dungeons & Dragons” prodotta da Marvel Productions e realizzata da Toei Animation, e l’anime giapponese “Record of Lodoss War”, basato su un’avvincente campagna di D&D guidata dallo scrittore Ryō Mizuno; ancora, il film del 2000 “Dungeons & Dragons – Che il gioco abbia inizio” di Courtney Solomon, che vede il mago Profion (Jeremy Irons) opporsi all’imperatrice Savina (Thora Birch), e ha avuto due seguiti prodotti per la televisione.

È attualmente nelle sale cinematografiche “Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri” diretto da Jonathan Goldstein e John Francis Daley: si raccontano le vicende dell’affascinante ladro Edgin (Chris Pine) e di un gruppo di avventurieri, tra cui Holga (Michelle Rodriguez), Xenk (Regé-Jean Page) e Doric (Sophia Lillis), i quali, desiderosi di realizzare il colpo che cambierà la loro vita, si impadroniscono di un’antica reliquia perduta; sfortunatamente il gruppo incappa in una serie di pericoli, tra cui spicca un pasciuto drago rosso, e minacciosi nemici, come Forge Fletcher, impersonato da Hugh Grant. Le prime recensioni concordano nel promuovere il film, che affronta l’impresa di raccontare un universo tanto articolato con intelligenza e ironia: “Si tratta di un mix tra Il Trono di Spade e La Storia Fantastica, con un pizzico dei Goonies”, ha dichiarato Chris Pine nelle interviste promozionali.
Di certo il film rappresenta un’ulteriore conferma del successo mondiale del gioco di ruolo, suggellato da una nuova uscita periodica dell’editore Hachette, che propone i romanzi più avvincenti e rappresentativi ispirati a Dragonlance e Forgotten Realms: le storie di D&D sono dunque alla portata di ogni genere di avventuriero, dal Master creatore di mondi al collezionista da edicola, accomunati dal desiderio di immergersi, almeno per qualche ora, in un avvincente universo alternativo.