Intelligenza Artificiale: dentro un film di Hayao Miyazaki, tra illusione e diritti d’autore violati

Milioni di immagini generate con ChatGPT stanno spopolando in rete: sei fumettisti e illustratori sardi ci raccontato cosa pensano di questa “invasione generativa”

Una mano robotica crea un'illustrazione. ? ChatGPT

? ChatGPT

È il trend che ha tenuto banco in rete la scorsa settimana e non accenna a fermarsi, così come le polemiche che lo accompagnano: l’invasione di immagini realizzate con il nuovo modello di Intelligenza Artificiale generativa ChatGPT-4o e inequivocabilmente “ispirate” allo stile dello Studio Ghibli, nonché del suo fondatore Hayao Miyazaki, continua inesorabile e pone una serie di delicate questioni etiche e legali.

Ben pochi utenti di ChatGPT hanno infatti resistito alla tentazione di utilizzare il nuovo “giocattolo generativo”, tanto da mandarlo in tilt dopo poche ore dal rilascio; secondo le stime comunicate da Sam Altman, Ceo di OpenAI, l’incremento degli utenti è stato pari a 1 milione in una sola ora. Numerose personalità pubbliche, tra cui Altman stesso, hanno sfoggiato sui social il loro ritratto in stile Studio Ghibli, così come innumerevoli sono state le immagini legate a importanti fatti storici o a celebri film trasformate in fotogrammi e video simili a un anime di Miyazaki.

La normativa relativa all’addestramento dell’AI non è ancora definita, soprattutto in merito ai diritti d’autore, e ci si domanda se anche lo stile, per quanto riconoscibile, possa essere tutelato; di certo, quest’ultimo trend ha portato il dibattito a un nuovo livello di consapevolezza: abbiamo chiesto ad alcune fumettiste e fumettisti sardi la loro opinione in merito.

Bepi Vigna, scrittore, regista e sceneggiatore di “Nathan Never” (Sergio Bonelli Editore), pone l’accento sull’AI intesa come ‘strumento’, che non può sostituire lo sforzo di elaborazione dell’autore, la sua cultura, la sua fantasia: «Il pericolo è l’omologazione verso il basso, con una semplificazione delle idee e una ripetizione dei modelli di rappresentazione che non produce altro che appiattimento estetico»; in gioco, per Vigna, c’è il concetto stesso di arte: «Il valore ‘emozionale’ di un’opera è dato da cortocircuiti spesso irrazionali, che non è possibile ricondurre sempre a un programma predefinito».

Jean Claudio Vinci, illustratore e fumettista per Disney Pixar e Marvel, contrappone all’abuso delle immagini AI generative la necessità di una reale educazione all’arte: «Credo ci sia bisogno di valorizzare ciò che sta dietro a un disegno: la formazione, la conoscenza, il percorso e i sacrifici che portano l’artista alla realizzazione di un’opera, allo sviluppo di uno stile»; l’utilizzo indiscriminato dell’AI conduce dunque al degrado del processo creativo: «La fame di contenuti porta a questo impoverimento artistico: ridurre tutto a un prompt è veloce e pratico, ma triste e, forse, sbagliato».

Anche l’illustratrice, grafica e fumettista Stefania Costa (Tunuè, Giunti, L’Unione Sarda) focalizza l’attenzione sulla formazione dell’artista: «L’uso dell’AI come una scorciatoia per ottenere determinati risultati rischia di provocare un’inesorabile perdita di competenze, un depauperamento del mestiere dell’artista sotto diversi punti di vista»; l’attenzione è rivolta anche al mercato del lavoro: «Spesso si tende a sottostimare il lavoro degli artisti professionisti e ad affidarsi ai dilettanti: la facilità nell’ottenere dei prodotti apparentemente di qualità attraverso l’AI non farà altro che peggiorare questa tendenza».

Daniele Serra, illustratore e fumettista (DC Comics, BOOM! Studios, Mondadori, Sergio Bonelli), non usa mezzi termini quando parla di AI applicata alla creatività: «Il fare arte deve derivare dall’esperienza umana, dall’urgenza di comunicare, dall’esperienza e dal vissuto di ciascuno, altrimenti per me non ha senso: queste pseudo illustrazioni create dal nulla, con un solo comando, sono assolutamente aberranti». Serra sottolinea inoltre l’aspetto ludico della creatività: «Penso sia ridicolo lasciare all’Intelligenza Artificiale la parte più divertente del fare arte: creare, per me, è il massimo divertimento».

Sul significato e il piacere di creare si esprime anche il fumettista, illustratore e scrittore Otto Gabos (Rizzoli Lizard, Coconino Press, Einaudi): «Disegnare, anche limitandosi al semplice gesto, è un piacere impagabile a cui non voglio rinunciare e alla lunga stile, personalità e genio intellettuale fanno sempre la differenza, anche con i limiti della fragilità umana»; rispetto all’AI, Gabos sottolinea come, sempre più spesso, gli editori si avvalgano di illustrazioni artificiali, rinunciando all’autore per mero calcolo e risparmio commerciale, e che autori o presunti tali usino i software specifici come mezzo espressivo: «Fare resistenza tout court è un atto romantico, ma destinato a fallire. Con l’AI dovremmo fare i conti e sarà meglio farli prima possibile. Può essere un supporto, come lo è stato il digitale, ma mai un sostituto».

La fumettista, illustratrice e colorista digitale Laura Congiu (Tunuè, Rizzoli Lizard, Casterman)evidenzia quanto la tecnologia dell’AI generativa necessiti di un impiego enorme di risorse energetiche, con gravi conseguenze sull’ambiente: “Un aspetto che è in forte contrasto con i principi dell’opera dello Studio Ghibli, che ha sempre posto grande attenzione alle tematiche ambientali”. In questi giorni è stata spesso citata una frase tratta dal documentario “Never-Ending Man”, in cui Miyazaki definisce l’AI ‘un insulto alla vita stessa’, precisando però che fosse riferita a un contesto diverso: «Come se ciò potesse renderla meno valida o cambiarne il senso» sottolinea Congiu, «Forse si dovrebbe spostare l’attenzione sulla frase successiva pronunciata da Miyazaki nel documentario, quando afferma che noi umani stiamo perdendo fiducia in noi stessi: a prescindere dal contesto, trovo che possa dare tanto da pensare riguardo l’effimero senso di appagamento indotto dall’AI, a scapito della possibilità di mettersi alla prova in prima persona e imparare qualcosa, anche su di sé».

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