Spesso, il successo di una saga cinematografica si basa su un’idea semplice, sviluppata con originalità pur senza un budget particolarmente alto a disposizione: il caso di “Final Destination”, in questo senso, è emblematico, con il sesto film del franchise, “Bloodlines”, in uscita proprio questo fine settimana a 25 anni dal primo capitolo.
Il concetto fondamentale su cui si basano queste pellicole è che non si può sfuggire alla morte; tuttavia, se per un caso fortuito -come un’inspiegabile premonizione– si riesce a evitarla, questa non si rassegnerà a perdere il bottino di vite previsto e, come un’entità senziente, attuerà ogni genere di stratagemma per raggiungere il suo scopo, perseguitando i malcapitati sopravvissuti.
Nel 2000, “Final Destination” sarebbe potuto essere un semplice film sull’ineluttabilità del fato, se non fosse stato per gli autori del soggetto e della sceneggiatura, ovvero Glen Morgan, Jeffrey Reddick e James Wong -anche regista della pellicola-, professionisti coinvolti a più riprese in una serie tv che all’epoca stava vivendo l’apice del successo, ovvero X-Files; il soggetto di “Final Destination”, infatti, nasce come spunto per un caso su cui avrebbero dovuto indagare gli agenti dell’FBI Fox Mulder e Dana Scully, ma prende poi una strada indipendente al cinema, riscuotendo un successo inaspettato.
A fronte di un budget di 23 milioni di dollari, ne incassa oltre 110, trasformandosi ben presto in un cult, soprattutto tra le fasce più giovani di pubblico: si racconta la storia del liceale Alex Browning (Devon Sawa), che in procinto di partire in gita a Parigi con la scuola, ha una sconvolgente premonizione, in cui vede l’aereo su cui si è appena seduto -il mitico volo 180– esplodere. Il ragazzo da in escandescenze e viene accompagnato a terra da un’insegnante e alcuni compagni, che osservano l’aeroplano partire dalle vetrate dell’aeroporto. A pochi istanti dal decollo, però, il mezzo esplode.
Nonostante si sia salvato, per Alex il vero incubo comincia adesso: ben presto, infatti, i sopravvissuti al disastro cominciano a morire per una serie di casualità a dir poco sinistre. È evidente che la morte stia chiedendo con forza il tributo di sangue che le spetta e Alex precipita in una spirale di disperazione e follia, nel tentativo di evitare quella che sembra una fine già scritta.
La particolarità di questo horror, oltre allo spunto originale della trama, sta proprio nelle modalità in cui la morte -come un vero e proprio protagonista invisibile del film- “architetta” le circostanze in cui colpire le sue vittime predestinate: con accenti ironici al limite del dissacrante, la pellicola si muove dunque tra puro splatter, con litri di sangue versati,e qualche concessione al gore -con un’insistenza più marcata sulle ferite e mutilazioni dei corpi-, offrendo al pubblico uno spettacolo grottesco volutamente sopra le righe.
Il copione si ripete, pressoché identico, anche nei capitoli successivi: Final Destination 2, 3, 3D e 5: film a costo relativamente basso, a tratti volutamente trash, che hanno sempre avuto un buon successo al botteghino pur senza possedere una trama particolarmente complessa, la cui principale attrattiva consiste nello scoprire quali ingegnose e cruente morti sono riservate ai personaggi.
A 13 anni dal quinto capitolo, “Bloodlines” comincia un nuovo ciclo, raccontando la storia della malcapitata Stefani (Kaitlyn Santa Juana), diciottenne perseguitata da un sogno ricorrente, in cui vede morire i membri della sua famiglia; quando scopre che 40 anni prima sua nonna Iris (Gabriele Rose) è miracolosamente sopravvissuta al crollo di un ristorante in cima a un grattacielo, Stefani capisce che la morte sta per colpire la sua famiglia. A fare da trait d’union con i vecchi film, è il personaggio di William Bludworth (Tony Todd, scomparso una volta terminate le riprese), impresario delle pompe funebri Bludworth e profondo conoscitore della morte, la cui presenza non mancherà di emozionare i fan della saga.
Alla regia del sesto capitolo, Zach Lipovsky e Adam B. Stein, già autori del riuscito horror “Freaks”: si racconta che, nel corso di una videocall con la produzione, i due abbiano studiato un complesso colpo di scena in puro stile “Final Destination” per convincere chi di dovere che fossero le persone giuste per dirigere questo nuovo giro di giostra con la morte. La domanda, allora, sorge spontanea: stavolta, la protagonista del film riuscirà ad avere la meglio sull’ineluttabile avversaria?
Trailer