Moltissime danze folcloristiche del Mediterraneo sono balli circolari. Balli allegri, riproposti durante le grandi feste tradizionali e le piccole sagre, dove i ballerini si tengono per mano o a braccetto come in un complesso girotondo. Al “tutti giù per terra” però, si sostituisce il “tutti in piedi”: a passi svelti si gira a ritmo di musiche tradizionali, si gira ancora e ancora e ancora finché le note non si fermano. E si ricomincia. Le antiche tradizioni delle danze circolari sono tramandate di generazione in generazione nei piccoli paesi della Grecia, della Spagna e della nostra amata Sardegna. Ad oggi si insegnano addirittura nelle scuole di danza. Senza queste scuole, la tradizione dei balli in cerchio si perderebbe nel prossimo futuro, come un piccolo tassello smarrito di un puzzle di una storia che rimarrebbe incompleta.
In principio fu la danza Kalamatianos (foto in basso a destra). Raccontata perfino nell’Iliade di Omero, è il vero protagonista del ritmo greco più antico. Le sue radici sono remote, i suoi movimenti sono gioiosi in 7/8. Una danza circolare, la vera danza greca. E il sirtaki? Ciò che tutti pensano essere il cuore pulsante della cultura della Grecia, del suo animo gioviale e ballerino, è in realtà tutt’altro che antico. Le vicende del sirtaki, della sua consacrazione a vera danza greca risalgono a un film degli anni ’60, Zorba il greco, girato nell’incantevole isola di Creta. Il sirtaki, la cui musica è caratterizzata da un ritmo che va sempre salendo, fu commissionato appositamente per colorare la pellicola come solo le danze possono fare e fu affidato al protagonista Alexis Zorba, inguaribile ottimista, interpretato dal famosissimo Anthony Quinn. Il ballo di Zorba, con questo nome è diventato famoso in tutto il mondo il sirtaki, ha definitivamente messo in ombra il Kalamatianos, che comunque continua a sopravvivere nell’autenticità della cultura ellenica.
Con un grande balzo geografico verso l’altra parte dell’Europa giungiamo fino in Spagna. Anche qui un altro ballo circolare ci attende: la Sardana (foto in alto a destra). La terra “caliente” per eccellenza non poteva non avere una danza circolare capace di trasmettere la sua allegria, l’aria leggera e frizzante dell’ambiente spagnolo. I balli in cerchio disegnano un sole, rappresentano la vita che nasce come un fascio di luce: la sardana, è lo spirito luminoso e danzante della Catalogna. Questo ballo circolare rallegra le domeniche nelle piazze e le feste popolari. La musica utilizzata alterna ritmi frenetici e appassionati a melodie più lente e dolci. Ogni paese ha un suo gruppo di ballerini di Sardana e ogni gruppo si sfida nelle sere d’estate in un duello combattuto con i passi di danza. L’accompagnamento è assicurato dalla cobla, la musica tradizionale che guida i propri danzatori. Si tratta di un complesso di ben 11 strumenti, anch’essi tipici. Per i catalani la sardana è una cosa seria: essa rappresenta il ricordo di una prova di forza, una rivendicazione della propria libertà separatista. Durante la dittatura di Franco, infatti, l’uso del catalano era proibito, così come la Sardana, messa al bando per il suo forte potere sovversivo. La questione dell’indipendenza della Catalogna, d’altronde, non è affatto una storia recente.
Dopo autentici balli e finzioni cinematografiche, dopo rivendicazioni politiche e soli danzanti arriviamo finalmente alla tenebrosa ma esuberante isola sarda. Sotto le aspre montagne della Barbagia, sotto il sole delle spiagge bianche toccate da mari di cristallo, nacque su Ballu tundu. Si tratta della prima forma di ballo sardo, probabilmente risalente a 2500 anni fa, come testimonia un frammento di un’antica ceramica custodita a Sassari nel Museo Sanna. Il ballo in Sardegna possedeva una forte connotazione sociale: scandiva tutti i momenti importanti della vita dei singoli e della comunità, dal matrimonio alle feste dei santi, dalla vendemmia al carnevale. Su Ballu tundu – il cui cerchio ad oggi viene spesso spezzato a fini coreografici – accompagna tuttora sagre, feste di paese e matrimoni tradizionali. Il cerchio, forte simbolo di coesione sociale, era aperto originariamente da una donna a cui era accordato l’onore di dare inizio alle danze.
Il cerchio è la più ampia rappresentazione della vita: dalla nascita alla morte, dal sole alla luna. Quando al cerchio si unisce la danza la massima vitalità è espressa. I balli folcloristici, ora eseguiti da gruppi specializzati, traggono le loro radici dalle danze popolari, dalla giovialità delle feste, dai riti propiziatori, dall’esultanza per il raccolto fiorente. Il dinamismo e l’esuberanza tipici dei popoli meridionali hanno fatto sì, dall’alba dei tempi, che il ballo fosse manifestazione primaria di condivisione, libertà di movimento, gioia di vivere. È questo che unisce, tra le altre cose, i tre stati più rappresentativi del ballo tondo. In un grande cerchio i ballerini di Grecia, Spagna e Sardegna rimarranno sempre presi per mano, legati dal filo indistruttibile della grande tradizione.