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L’altare rupestre di Santo Stefano: un gioiello archeologico che custodisce un mistero millenario

Il sito archeologico di Oschiri ospita un masso in pietra riccamente decorato con incisioni uniche nel Mediterraneo

di Chiara Medinas
23 Gennaio 2024
in Archeologia
🕓 4 MINUTI DI LETTURA
79 5
Altare rupestre di Santo Stefano a Oschiri. ? Gianni Careddu

Altare rupestre di Santo Stefano a Oschiri. ? Gianni Careddu

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In un’estesa valle ai piedi del monte Limbara, il comune sassarese di Oschiri si inserisce in un ricco contesto naturale, avvolto dal profumo della suggestiva e rigogliosa macchia mediterranea. Con più di 3000 abitanti, il piccolo centro però non si distingue solo per la ricchezza vegetale, ma anche per una vivace attività pastorale che rende fiorente l’economia e per una forte memoria culturale che prende corpo in varie attestazioni del passato, tra cui l’altare rupestre di Santo Stefano.

Nome derivante dalla chiesa poco distante, l’altare rupestre di Santo Stefano ha alle spalle una storia tanto suggestiva quanto complessa che affonda le radici in un lontano e incerto passato. Solido e magnetico, esso difatti appare un caso unico in tutto il Mediterraneo, in particolare per singolari e inedite incisioni per cui non esistono termini di paragone.

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“Rupestre” in virtù delle scoscese pareti granitiche, esso consta di un masso lungo 10 metri con un’insolita trama di cavità triangolari, quadrangolari e semicircolari, distribuite in 2 file sulla parte superiore e assenti invece alla base. A tale apparato decorativo vanno poi ad aggiungersi numerose coppelle, conche circolari riscontrabili anche in altri punti dell’altare come il lato nord – dove sembrano tracciare la forma di una corona – e quello sud, con una nicchia circondata da 12 concavità.

Nonostante le interpretazioni espresse nel tempo, ancora oggi i tratti decorativi rimangono avvolti nel mistero a partire innanzitutto dalla loro funzione. Secondo una delle ipotesi formulate pare che in epoca prenuragica le nicchie simboleggiassero il passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti e che sul lato sud dell’altare le salme venissero sottoposte a scarnificazione.

Una teoria rafforzata dalla vicina presenza di una necropoli ipogeica, – ospitante tombe scavate nella roccia dette Domus de Janas (letteralmente “Casa delle Fate”) risalenti al Neolitico recente (3500-2700 a.C.) – in cui i defunti venivano collocati dopo essere stati scarnificati. Anche la forma delle nicchie quadrangolari evocherebbe un ulteriore legame con le Domus de Janas, giacché esse rappresenterebbero delle “false porte” con funzione di collegamento con l’aldilà.

Un’idea rimasta tuttavia ipotetica e che continua ancora adesso a porre domande, prima fra tutte quella sulla precisa datazione. Malgrado molti elementi sembrino sottoscrivere l’origine preistorica, alcuni studiosi hanno difatti collocato l’altare tra VI e IX secolo d.C. per la presenza di croci greche, ossia con bracci di uguale lunghezza. Elementi riconducibili al periodo bizantino,le croci erano state incise su alcune nicchie che si pensa servissero per conservare oggetti votivi cristiani.

Altare rupestre di Santo Stefano a Oschiri. ? Gianni Careddu
Altare rupestre di Santo Stefano a Oschiri. ? Gianni Careddu
Necropoli di Santo Stefano a Oschiri. ? Gianni Careddu
Necropoli di Santo Stefano a Oschiri. ? Gianni Careddu
Altare rupestre di Santo Stefano a Oschiri. ? Gianni Careddu
Altare rupestre di Santo Stefano a Oschiri. ? Gianni Careddu
Altare rupestre di Santo Stefano a Oschiri. ? Nanni Angeli
Altare rupestre di Santo Stefano a Oschiri. ? Nanni Angeli

Al netto di opinioni e supposizioni in merito, l’altare rupestre di Santo Stefano costituisce il nucleo di un’area più ampia e articolata che ospita un complesso di forte essenza storica. Oltre alla necropoli ipogeica, attualmente non solo è possibile vedere resti di un nuraghe e rocce riccamente decorate, ma anche imbattersi nella chiesetta campestre di Santo Stefano, sita proprio di fronte all’altare. Costruita nel 1492 d.C., la struttura fu consacrata nei primi anni del ‘500 dal vescovo di Castro De Toro, come testimonia una pergamena rivenuta in lavori di restauro. Un edificio semplice al suo interno che oltre alla statua lignea del Santo – attualmente conservata in una teca in legno e vetro – presenta anche delle particolarità, fra cui una sacra pietra di origine nuragica detta “betilo” e qui usata come acquasantiera. Uscendo fuori lo sguardo cade poi sulla facciata dove spiccano due volti attribuiti alla dea fenicia Astarte, forse realizzati con l’intento di richiamare popolazioni pagane. Anche il lato sud fornisce infine interessanti informazioni, grazie a un’iscrizione in trachite con l’anno di edificazione chiesastica.

L’altare rupestre di Santo Stefano si trova in via Monte Acuto, a nord del centro abitato di Oschiri (SS). Una volta giunti all’entrata del paese, sarà necessario svoltare in via Giacomo Matteotti, via Brigata Sassari e poi a destra in via Salvatore Usai. Dopo aver girato nuovamente a destra per via Monte Acuto, si dovranno percorrere circa 300 metri per raggiungere il cancello d’ingresso del sito. Attualmente si tratta di un’area non gestita e liberamente visitabile.

Tags: civiltà prenuragicaDomus de JanasinstanewsOschiri
Chiara Medinas

Chiara Medinas

Assidua frequentatrice di musei e grande amante delle pardule, la curiosità è la mia musa ispiratrice. Se è vero che la bellezza sta negli occhi di chi guarda, credo non ci sia sensazione migliore che provare stupore per le piccole cose.

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