Settanta scatti inediti che ripercorrono la storia dell’Isola fra il Secondo Dopoguerra e gli anni Sessanta del Novecento. Una collezione esclusiva pensata per gli appassionati e no, che da venerdì 21 luglio, inaugura alle 19, fino a novembre sarà oggetto di una mostra al Palazzo di Città, al civico 6 dell’omonima piazza, nel cuore di Cagliari a Castello, dal titolo “Paesaggio e identità: storie di luoghi, di donne e di uomini – I grandi reporter della Magnum in Sardegna”.
Nata nel 1947, è la prima volta che Magnum Photos, una delle più grandi agenzie fotografica del mondo, presenta, in un’unica esposizione, l’archivio di immagini che cattura l’anima, la storia e la memoria di una intera regione, facendo parlare “le cose”. E “le cose” sono le misere, ma sempre dignitose abitazioni in pietra del Centro Sardegna che diventano grotte nel Capoluogo, il lavoro negli aridi campi, le donne, gli uomini e i bambini intenti nelle attività di ogni giorno, il silenzio degli animali domestici e delle suppellettili, il cemento di una diga in costruzione, le feste popolari e Sant’Efisio. Squarci di paesaggio che racchiudono il tempo e mostrano le ferite dell’ultimo conflitto planetario e le contraddizioni sociali, fermati, tutti, in bianco e nero nitido.
Insomma, un’opportunità più unica che rara messa a disposizione dal 1° festival “CagliariPaesaggio”, che “documenta con sapienza un momento di transizione importante per l’Isola”, ha scandito l’assessore Paolo Frau stamattina all’incontro con i giornalisti, riferendosi al passaggio da una cultura immutata da secoli alla cosiddetta “modernità”.
La mostra è curata da Musei Civici di Cagliari e della Casa editrice Ilisso di Nuoro, con allestimenti Antonello Cuccu e Paola Mura, secondo cui “la mostra è il complemento e restituisce ulteriore ricchezza al percorso già impostato a Palazzo di Città nell’ambito di CagliariPaesaggio”, a cui si aggiunge la “Sindone” di Maria Lai, esposta assieme al “Crocefisso” di Francesco Ciusa nella Sala buia.
Alla conferenza stampa era presente anche il dirigente del servizio Cultura, Alessandro Cossa, che ha messo l’accento sull’importanza della fotografia, sulla capacità di far parlare le città, le persone…, i paesaggi. Sull’abilità da parte del fotografo, di mettersi da parte, rinunciare ad una rappresentazione soggettiva per lasciare campo libero ad una riproduzione oggettiva della realtà e al rispetto verso le “cose”, fino a farle diventare “monumenti”.