Ci siamo. Il countdown è terminato. Questa sera, nell’iconico e suggestivo scenario dello Stadio Olimpico di Roma (attesi 14mila spettatori), gli Azzurri di Roberto Mancini sfidano l’insidiosa Turchia nella gara inaugurale di Euro 2020. Un debutto atteso per una Nazionale che, reduce dal fallimento della gestione-Ventura culminata con la clamorosa assenza al Mondiale russo del 2018, ha saputo ricostruirsi dalle fondamenta puntando sul mix linea verde-esperienza.
Una politica di riedificazione della “struttura Italia” imposta dalla Federcalcio e sposata in toto da Mancini: il merito dell’ex allenatore di Inter e Manchester City è quello di aver restituito a un ambiente depresso, una credibilità di gioco e di risultati assente da Euro 2016 e dall’ottima gestione dell’ex CT Antonio Conte. Sotto la guida del commissario tecnico di Jesi, gli Azzurri hanno dominato il girone di qualificazione raccogliendo sempre l’intera posta: dieci vittorie su dieci gare disputate nel gruppo J. Un’Italia schiacciasassi e soprattutto equilibrata nella doppia fase di gioco: se l’attacco azzurro ha prodotto 37 gol all’attivo, il dato che più impressiona è quello relativo alla fase difensiva, granitica e impenetrabile: quattro le reti subite e ben sei clean sheet in dieci partite.
Nonostante le defezioni dell’ultima ora, con l’infortunato (e sfortunato) Sensi sostituito dall’ottimo Pessina dell’Atalanta, Mancini non snatura l’assetto tattico e conferma il 4-3-3 a trazione anteriore che ha portato la Nazionale a coltivare addirittura concrete ambizioni di successo finale. Gianluigi Donnarumma, vicino alla firma con il Paris Saint-Germain, è l’inamovibile portiere titolare. La linea difensiva è composta da due terzini fluidificanti quali Leonardo Spinazzola e Alessandro Florenzi, coadiuvati dai due centrali difensivi: Leonardo Bonucci e Giorgio Chiellini. A centrocampo, Jorginho è il metronomo azzurro, supportato da due mezze ali di spinta e corsa come Nicolò Barella e Manuel Locatelli.
Il tridente offensivo è di prim’ordine: Federico Chiesa a destra (in ballottaggio con Domenico Berardi del Sassuolo), l’inamovibile Lorenzo Insigne a sinistra con Ciro Immobile punto di riferimento offensivo. Un undici di livello al quale si somma l’indubbia qualità delle seconde linee: Acerbi della Lazio e Bastoni dell’Inter in difesa, il convalescente Verratti a centrocampo, Belotti e Raspadori (giovane promessa del Sassuolo) in avanti. Una squadra sulla carta completa, competitiva e di qualità che predilige la cultura del lavoro e l’importanza del collettivo agli exploit individuali ed estemporanei.
Le fortune della nostra nazionale sono totalmente affidate alla qualità eccelsa del centrocampo: un grande Europeo azzurro passa infatti dalla cattiveria agonistica di Nicolò Barella, reduce da una stagione strepitosa con l’Inter, dall’equilibrio di Jorginho, neocampione d’Europa con la maglia del Chelsea, dalle ottime capacità di inserimento e di interdizione di Manuel Locatelli – cresciuto tantissimo nell’ultimo biennio con il Sassuolo sotto l’egida di Roberto De Zerbi – e dal recupero dell’acciaccato Marco Verratti, forse la vera stella, nonché faro, di questa Nazionale.
Se la linea mediana azzurra rappresenta una certezza assoluta, le perplessità degli addetti ai lavori si concentrano tutte sull’attaccante titolare. Nonostante le ottime doti realizzative con le quali si è messo in luce in maglia Lazio, Ciro Immobile (Scarpa d’Oro 2020) non ha confermato in Nazionale le indubbie qualità offensive palesate nella squadra di club. I numeri con l’Italia destano infatti qualche legittima preoccupazione: solo 12 le reti messe a segno in 45 partite disputate in Nazionale con una media-gol di 0,26. Dati certamente inferiori se rapportati al Ciro Immobile in maglia Lazio: media realizzativa di 0,69 (123 le reti messe a segno in 177 partite). Numeri sui quali Mancini, da ex fantasista – e con ottimo fiuto per il gol – qual è stato, saprà certamente porre rimedio.