Viaggio nell’inquietudine con “Platonov – Un modo come un altro per dire che la felicità è altrove”, uno spettacolo de Il Mulino di Amleto (una delle realtà di spicco della nuova scena italiana) per la regia di Marco Lorenzi, che firma anche insieme con Lorenzo De Iacovo la “riscrittura” dell’opera giovanile di Anton Čechov, riscoperta (quasi) per caso e pubblicata postuma un secolo fa, nel 1920: la pièce debutterà – in prima regionale – mercoledì 5 marzo alle 20.30 al Teatro Massimo di Cagliari dove sarà in cartellone fino a domenica 9 febbraio (tutti i giorni da mercoledì a sabato alle 20:30 e la domenica alle 19 – giovedì 6 febbraio doppia recita con la pomeridiana alle 16:30 – turno P) sotto le insegne della Stagione 2019-2020 de La Grande Prosa organizzata dal CeDAC nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.
Un dramma moderno incentrato sulla figura complessa e contraddittoria del protagonista, Mikhàil Vassìlievic Platònov, un maestro di scuola «anche se avrebbe potuto fare qualcosa in più», intelligente e colto, brillante e arguto, forse deluso dalla vita e dal mondo, ma incapace di uscire dal labirinto e ricominciare una nuova esistenza ritrovando gli ideali e i sogni della gioventù, affascinante e crudele, affascinante seduttore, indeciso tra le sue molte amanti, una sorta di spregiudicato Don Giovanni prigioniero dei dubbi di Amleto, crudele a tratti e ardito provocatore, capace di nobili sentimenti ma capriccioso e volubile, con una segreta malinconia, quasi fosse sempre sull’orlo dell’abisso.
Sotto i riflettori Michele Sinisi – affermato attore e regista pugliese, raffinato e eclettico interprete con all’attivo un’intensa carriera teatrale, accanto ad apparizioni sul piccolo e sul grande schermo (da “Gli orologi del diavolo” e “Le avventure di Imma” a “Squadra antimafia” e al cinema la commedia “Chi m’ha visto” con Pierfrancesco Favino e Beppe Fiorello e “Il bene mio” con Sergio Rubini ma anche la trasposizione di “Thanks for Vaselina” di Carrozzeria Orfeo) – nel ruolo dell'(anti)eroe incerto sul suo destino, tra allegria e amarezza, elegante superficialità e nera disperazione, dietro la maschera imperturbabile del filosofo e dell’uomo di mondo. E un’affiatata compagnia – che schiera (in rigoroso ordine alfabetico) Stefano Braschi, Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Stefania Medri, Raffaele Musella e Angelo Maria Tronca – per dar corpo e voce ai personaggi, sospesi sulla vorticosa giostra delle passioni, tra la routine domestica e le preoccupazioni per la salute dei bambini, le conversazioni sui temi universali e le questioni finanziarie – in una originale coinvolgente “partitura” scenica con style & visual concept di Eleonora Diana, disegno luci di Giorgio Tedesco e costumi di Monica Di Pasqua per evocare la temperie culturale di un’epoca, sullo sfondo della crisi dell’aristocrazia terriera e dell’avvento dei nouveaux – una “rivoluzione” che segna la fine di una civiltà.
“Platonov” – titolo italiano (invece del russo Безотцовщина, Bezotcovščina – “Orfano di padre”, attribuito dalla critica) di un’opera magmatica, scritta da un ventunenne Anton Pavlovič Čechov e dedicata all’attrice Marija Ermolova – che però la rifiutò, spingendo il giovane aspirante drammaturgo a distruggere il manoscritto – poi riaffiorata dall’oblio dopo la Rivoluzione d’ottobre, in una prima stesura, senza titolo, ricca di personaggi e vicende, in un complesso intrecciarsi e sovrapporsi di argomenti e di “azione” – quasi “irrappresentabile”.
«“Platonov”, così in genere viene chiamato questo primo dramma di Čechov» – si legge nelle note di presentazione dello spettacolo de Il Mulino di Amleto – «è il fallimento dell’utopia del suo giovane autore che vuole raccontare la vita cogliendone appieno i più profondi meccanismi. Il suo sforzo s’infrange contro la vita stessa e l’impossibilità di coglierla nella sua interezza in un dramma teatrale. Questo testo è generalmente considerato come “non rappresentabile” o “impossibile da mettere in scena”.
Ciò che resta è un gigantesco affresco composto da brandelli di scene, dialoghi, personaggi che cercano un senso a quello che senso non può avere. Che cercano una forma a quello che forma non può avere. Che cercano un fine per quello che fine non ha.
Un grande e meraviglioso affresco incompiuto…a cominciare dal titolo: Bezotcovščina significa infatti Orfano di padre. Come un’opera Senza Titolo.
Questo è “Platonov. Un modo come un altro per dire che la felicità è altrove”: un’opera non finita per esseri umani non finiti, incompleti, incerti, resi fragili dal loro “voler essere” che si scontra inevitabilmente con ciò che sono nella realtà. Come noi. Cechov ci ha trasmesso tanta conoscenza del genere umano; è rara da trovare. Vorremmo riconsegnarla con autenticità e leggerezza, per entrare nel dolore della vita senza restarne impigliati».
Il regista Marco Lorenzi spiega che: «La volontà di cercare un cortocircuito tra Cechov e il nostro essere giovani uomini e donne, in un tempo come quello in cui viviamo, è il cuore e la carne di questo lavoro. Nella nostra ricerca non cerchiamo la chiave del personaggio ma dell’attore. E come gli attori vanno oltre il ruolo, così anche allo spettatore chiediamo di oltrepassare quella linea di confine. Lo spettacolo deve aiutare questo superamento perché nel teatro è essenziale riuscire a fondere tutti in una comune condivisione.
E se Platonov si chiede “La vita! perché non viviamo come avremmo potuto?”, allora questa domanda deve risuonare forte tra noi e gli spettatori. Niente più deve dividere materialmente attori e spettatori. Questa compresenza può rendere ancora più percettivi i nostri sensi, più acuto il nostro sguardo e più intenso il nostro ascolto.
Ecco, infatti, il senso e il colore di un percorso: noi giovani artisti dobbiamo essere capaci di dare voce in modo eccezionale alla passione vibrante dei giovani uomini e donne del Platonov e alla loro sconfitta in un mondo in cui i padri si sono nascosti, ritirati, “addormentati”, un mondo che somiglia così tragicamente al nostro. Un mondo che, forse, è il nostro… »
“Platonov” è un itinerario sul filo delle emozioni e dei ricordi, tra passato e presente, come se tutto fosse già accaduto ma dovesse ancora ripetersi, come in un sogno, o come a teatro, dove la vita è rappresentazione, in una felice sintesi tra il dilemma del protagonista e l’arduo tentativo dell’autore di cogliere il respiro della vita e trasportarlo sulla scena in una magia che si ripete, identica e pure differente, ogni sera, nel magnifico gioco di una finzione che mette a nudo la verità.
Oltre la Scena / incontri con gli artisti: venerdì 7 febbraio alle 17:30 alla Fondazione di Sardegna in via San Salvatore da Horta N. 2 a Cagliari, Michele Sinisi e la compagnia Il Mulino di Amleto incontreranno il pubblico per I Pomeriggi della Fondazione – condurrà Massimo Tria (professore associato e docente di Slavistica – Dipartimento di Filologia, Letteratura, Linguistica – all’Università degli Studi di Cagliari) – ingresso libero (fino a esaurimento posti)
Biglietti: platea – primo settore – intero 35 euro – ridotto 27 euro
platea – secondo settore – intero 30 euro – ridotto 22 euro
Loggione – posto unico 15 euro
Info e prenotazioni: [email protected] – 3454894565.