Showgirl, ballerina, cantante, attrice, conduttrice televisiva, radiofonica e autrice televisiva. Raffaella, la donna dai tanti talenti, se n’è andata. Durante la sua lunghissima carriera è stata un’icona della televisione e della musica italiana, collezionando forti consensi anche all’estero, in particolare in Spagna. Ma non solo. È stata anche un’icona di stile, un’icona gay e una “donna per le donne”. Un personaggio ecclettico che una brutta malattia, che ormai da qualche tempo aveva attaccato il suo corpo, ha deciso di portarsi via. Anche in questo caso si è fatta riconoscere, ha voluto che non trapelasse nulla sulla sua condizione: ennesimo gesto d’amore nei confronti del suo amato pubblico perché la sua dolorosa odissea non turbasse il suo ricordo.
Raffaella nasce a Bologna il 18 giugno 1943. Sbarca a “Canzonissima” nel 1970 come ballerina e cantante diventando subito nota al grande pubblico. Così la “donna dal caschetto biondo” diventa la prima showgirl del piccolo schermo in bianco e nero. Il programma della Rai la trasforma da soubrette del bianco e nero a una vera e propria diva.
La Carrà diventa un mito e tutti se ne innamorano, compreso il pubblico omosessuale che per lei nutre una forte ammirazione. Quando ancora la parola “gay” in Italia era poco sentita, Raffaella era già un’icona della comunità Lgbtq+. Quando gli omosessuali iniziavano a venir accettati solamente tra cerchie ristrette della borghesia culturale, aristocratica e cinematografica, la Carrà rappresentava già la loro fonte di ispirazione tanto da essere considerata un punto di riferimento. “Ricevevo tante lettere di ragazzi gay. Scrivevano: non mi suicido solo perché ci sei tu. Con loro diventavo io la spalla a cui appoggiarsi”, rivelò durante un’intervista. Anni dopo cantò la prima canzone a tematica gay scritta da Boncompagni, “dalla mia finestra lo vidi insieme a un ragazzo biondo/Con chi sei adesso, Luca Luca, non si saprà mai”. “Luca” ebbe un successo formidabile e ancora oggi viene intonata durante i Gay Pride.
“Sono diventata icona gay mio malgrado, non ho fatto nulla”, dice Raffaella. Ma il suo carisma, talento, unicità e coraggio hanno invece fatto tanto per una comunità che da sempre, e da molti, non si è sentita considerata. “A un amico gay, direttore di una rivista in lingua spagnola, ho chiesto cosa gli piacesse di me. Mi ha guardata come se fossi una torta al cioccolato e mi ha risposto “todo”. La verità è che morirò senza saperlo. Sulla tomba lascerò scritto: perché sono piaciuta tanto ai gay?”, scherzava Raffaella non riuscendo a capacitarsi del motivo per cui fosse tanto amata dalla comunità gay. Ma a loro probabilmente è sempre bastato il suo carattere e il suo rispetto per farne un simbolo. “Sono persone con un grande bisogno di fantasia e di sentirsi uguali, e per me sono assolutamente uguali. Non ho preconcetti di nessun tipo. Ci saranno persone più intelligenti, meno intelligenti, cattive oppure invece dolci. Io ho un feeling con loro: qualche volta nella vita si ha un feeling senza parlare e questo evidentemente è nato in maniera spontanea. Perché io non ho promosso nulla: sono stati loro che mi hanno scelta e di conseguenza io li rispetto prima e li amo dopo” raccontò in televisione.
“Non capisco perché molte persone che nascono con preferenze sentimentali e sessuali differenti, per quanto siano rispettose degli altri queste vengono trattate con violenza. Io ripudio e odio la violenza. Sono una donna libera e sono una donna di pace. Spero davvero che questa situazione, che già sta facendo grandi passi in avanti verso il futuro, migliori ulteriormente, così che possa raggiungersi una piena uguaglianza e una serenità stupenda”, ribadì nel 2017 quando le venne consegnato il premio “icona gay mondiale” in occasione del World Pride Award, a Madrid.
Ma non solo i gay, anche le donne l’hanno sempre considerata un’icona. Nella Spagna post-franchista infatti favorì l’emancipazione femminile. Tutte le donne impazzivano cantando “La Hora de Raffaella” e le trans e le drag queen si ispiravano al suo stile particolare ed eccentrico, sinonimo della sua libertà. “Io non mi sono fatta problemi a farlo vedere in tv. Ero libera. Anche i ‘colpi di testa’ erano il segno della libertà dalla lacca, dalle sovrastrutture, dalla rigidità. Io ero così, senza costrizioni”. Con lei lo “stile sexy” (tutine attillate, tulle, paillettes ecc.) debuttò finalmente in televisione diventando una tendenza. Il suo “ombelico fuori”, che ancora mai si era visto nell’Italia della censura, sdogana quel genere di look diventando un fenomeno popolare e passando alla storia.
Per oltre cinquant’anni, il caschetto biondo che tanto abbiamo amato ha combattuto contro gli stereotipi e le discriminazioni e ha dimostrato che tutti hanno il diritto di scegliere, che il corpo lo si può utilizzare come si preferisce e che nessun genere di amore è vietato. Come disse il regista Pedro Almodovar: “Raffaella non è una donna, è uno stile di vita”.