A prima vista, si presenta come una deliziosa commedia romantica, venuta fuori da una collezione di DVD dei primi anni Duemila, ma a uno sguardo più attento “Material Love”, in uscita nella sale il 4 settembre, nasconde un cuore cinico e disilluso, che ben si adatta ai tempi che stiamo vivendo.
Del resto, il titolo originale del film -“Materialists”- rivela, con maggiore efficacia rispetto all’adattamento italiano, la prospettiva attraverso la quale il tema principale della pellicola viene sviluppato: l’amore è ben più del coronamento di una folle infatuazione e deve fare i conti -letteralmente- con le esigenze molto concrete della vita quotidiana, soprattutto in un’epoca attraversata da una costante crisi economica, in cui le giovani generazioni sono più povere rispetto a quelle dei propri genitori, e il presidente-imprenditore Donald Trump si dice impegnato a riportare l’America ai fasti del passato.
Di certo, essere una spietata materialista non si addice alla protagonista di una rom-com classica, ma da una regista come Celine Song, che nel 2023 ha conquistato pubblico e critica con il suo film d’esordio “Past Lives”, non ci si poteva aspettare un semplice omaggio al genere; per quanto dunque il marketing abbia sfruttato a dovere il fascino dell’attrice e degli attori protagonisti, suggerendo un sofisticato e patinato triangolo amoroso in una splendida New York autunnale, Song -anche autrice della sceneggiatura- ha utilizzato i cliché della commedia romantica per “scarnificare” il sentimento amoroso e esporlo alla realtà.
Lucy (Dakota Johnson) è un’affermata matchmaker, una combina-appuntamenti, punta di diamante dell’agenzia di incontri per cui lavora; la sua capacità di creare delle coppie affiatate, che spesso convolano a nozze, è sulla bocca di tutti, ma proprio mentre è ospite all’ennesimo matrimonio di cui è stata fautrice, Lucy si ritrova inaspettatamente a fare i conti con le proprie fragilità sentimentali, ben mascherate dall’estremo senso pratico con cui affronta il lavoro.
Al matrimonio, infatti, la matchmaker incontra John (Chris Evans), l’uomo con cui ha avuto la relazione più lunga e seria della propria vita; i due si sono lasciati da tempo, ma hanno condiviso un passato da aspiranti attori squattrinati: mentre Lucy, tuttavia, ha scelto di abbandonare il sogno della recitazione, per avere la sicurezza economica che le mancava, John ha continuato a recitare, seppure senza sfondare. Non a caso, al matrimonio, fa il cameriere, occupazione che gli consente di continuare a inseguire le proprie aspirazioni in piccoli teatri della città, mentre ancora condivide l’appartamento con altri coinquilini, “sognatori” come lui.


A complicare ulteriormente lo spinoso incontro con l’ex, arriva l’affascinante Harry Castillo (Pedro Pascal), un essere quasi mitologico che Lucy definisce opportunamente un unicorno: carismatico, ricchissimo e single, si innamora perdutamente di Lucy e, come se non bastasse, sembra pronto a impegnarsi con lei per la vita. Il dilemma della scelta, dunque, non è di facile soluzione, ma soprattutto comporta una serie di considerazioni che hanno poco a che fare con il sentimento, ma molto a che spartire con la ragione: se l’espressione “ragione e sentimento” vi suona familiare, non è un caso, perché la stessa Song ha ammesso di essersi ispirata per “Material Love” ad autrici e autori come Jane Austen e Edward M. Forster.
D’altra parte, le eroine austeniane -e la Johnson ne ha recentemente interpretata una in “Persuasione”- dovevano fare i conti con una società chiusa e classista, che offriva loro ben poche scelte: essere mogli e madri oppure venire bollate a vita come zitelle. Certo, i tempi sono cambiati, ma alcuni stereotipi resistono tenacemente, come dimostrano le proteste per il finale della serie “And Just Like That” -seguito di “Sex and the city”- in cui la protagonista Carrie Bradshaw (Sarah Jessica Parker) trova la propria felicità senza principe azzurro, instaurando un rapporto equilibrato con se stessa.
Se è vero che Jane Austen ha sempre riservato alle sue protagoniste un insperato lieto fine, resta da vedere quale finale la Song abbia scelto per i suoi “materialisti” newyorkesi, che si muovono tra le strade della Grande Mela sulle note della nuova ballata dei Japanese Breakfast “My Baby (Got Nothing At All)”. In molti, forse, riterrebbero che una “rom-com” classica non possa raccontare l’amore, “oggi”: d’altra parte, questa potrebbe essere la ragione per cui abbiamo bisogno di una vera commedia romantica, un “comfort movie” in cui rifugiarsi ai tempi di Tinder e OnlyFans.
































