Nelle sale cinematografiche la fine di agosto si colora dei toni brillanti dell’action comedy “Bullet Train”, il nuovo film del regista David Leitch (“Deadpool 2”, “Fast & Furious: Hobbs & Shaw”) tratto dal bestseller dello scrittore giapponese Isaka Kōtarō dal titolo “Maria Beetle”-pubblicato in Italia da Einaudi come “I sette killer dello Shinkansen”-; protagonista della pellicola è Brad Pitt, nei panni del sicario Ladybug (“coccinella”) che, a dispetto del nome, si dichiara ironicamente perseguitato dalla sfortuna.
A ben vedere, la premessa di “Bullet Train” sembra dargli ragione: Ladybug viene reclutato dal suo capo, Maria Beetle -proprio come il titolo originale del romanzo di Kōtarō- per salire sul treno ad alta velocità Tokyo-Kyoto, recuperare a bordo una valigetta contenente una cospicua somma di denaro e scendere alla prima fermata; la missione, apparentemente molto semplice, si rivela però più difficile del previsto, perché sul treno viaggiano anche altri sicari, interessati a impadronirsi dell’allettante bottino. Inutile dire che il viaggio di Ladybug sarà lungo e costellato di tentativi di scendere dal “treno-proiettile”, la cui peculiare caratteristica è quella di fermarsi per soli 60 secondi nelle stazioni di sosta; numerosi, e pericolosissimi, i compagni di viaggio del protagonista, a cominciare dalla coppia di killer inglesi, nonché fratelli, Tangerine (Aaron Taylor-Johnson) e Lemon (Brian Tyree Henry), per continuare con l’assassina americana Hornet (Zazie Beetz), il messicano Wolf (Benito A. Martínez Ocasio), il giapponese The Elder (Hiroyuki Sanada) e infine la letale quanto apparentemente dolcissima Prince (Joey King) e il criminale russo White Death (Michael Shannon).
Il tempo del viaggio in treno, nel film, è il tempo del racconto, un rapido susseguirsi di incontri e scontri, fermate e ripartenze, scandito dai tentativi di impadronirsi della valigetta; in questa trama, che è solo apparentemente quella principale, lo sceneggiatore Zak Olkewicz ha innestato le storie dei vari personaggi, che emergono gradualmente, svelando il preciso e intricato disegno che ha portato i sette assassini a incontrarsi sul treno e che, sorprendentemente, non riguarda semplicemente il denaro, bensì questioni personali, di famiglia e vendetta.
Sia per tematiche che per stile, il film richiama il cinema di Quentin Tarantino -sono numerosi, infatti, gli omaggi più o meno velati soprattutto a “Pulp Fiction”- e, conseguentemente, la saga di “John Wick”, di cui il regista David Leitch è produttore, oltre ad aver partecipato alla direzione del primo capitolo; tra i punti di forza del film, tuttavia, c’è anche l’aderenza ai canoni del giallo classico alla Agatha Christie, con un gruppo di persone apparentemente sconosciute che si ritrovano a convivere in un luogo “chiuso” per un certo periodo di tempo e a fare i conti con il proprio passato, talvolta, criminale.








Il “Bullet Train” su cui viaggia lo sfortunato Ladybug, di certo, viaggia più veloce dell’Orient Express, tuttavia è debitore al famoso treno per la solida struttura della storia che vi si svolge, tratta non a caso da un romanzo che è stato tradotto in tutto il mondo, conquistando milioni di lettori; se lo scrittore Isaka Kōtarō ha scelto per la sua storia una compagine di personaggi interamente giapponese, sceneggiatore e regista del film hanno optato, assecondando le esigenze di mercato, per un gruppo internazionale di assassini, che tuttavia non ha snaturato l’anima della vicenda: violenza e brutalità, narrate e coreografate nel film con grande attenzione alla spettacolarità (Leitch ha alle spalle una decennale carriera da stuntman, anche dello stesso Brad Pitt), sono sempre accompagnate e stemperate dall’ironia.
La pellicola, girata con grandi difficoltà in tempi di pandemia, si svolge per il 90% all’interno di un modernissimo treno super-veloce giapponese, su cui però gli attori non sono mai saliti: le carrozze del mezzo, allestite in studio, in realtà hanno come finestrini dei grandi videowall LED, su cui sono state trasmesse le riprese del vero viaggio Tokyo-Kyoto. “È stato un po’ come tornare ai vecchi film di Hitchcock”, ha dichiarato Brad Pitt nelle interviste promozionali, “Quando le scene di movimento venivano realizzate con la proiezione di un video alle spalle degli attori”; le scenografie di Jonathan Sela e il montaggio di Elisabet Ronaldsdottir hanno inoltre contribuito in modo decisivo a fornire al film quel senso di continuo movimento che accompagna i viaggi in treno: “L’effetto era così realistico che parecchie persone della troupe, durante le riprese, hanno sofferto di nausea”, ha raccontato ancora Pitt.
La colonna sonora di “Bullet Train”, firmata da Dominic Lewis, ha un’interessante track list di brani, in cui compaiono alcune divertenti cover di pezzi famosissimi in versione giapponese: tra questi spicca “Stayin’ Alive” dei Bee Gees eseguita dal musicista nipponico Avu-chan, che accompagna anche il trailer del film. Sono numerose, d’altra parte, le sorprese che il velocissimo treno-proiettile riserva; la voce di Maria Beetle, che accompagna Ladybug al telefono durante il viaggio, rivela infine il volto di Sandra Bullock: per scoprire altri cameo molto interessanti, che si vocifera possano annunciare un eventuale Bullet Train 2, non vi resta che salire a bordo… ma siate veloci!