Sarà presentato come evento speciale all’interno delle Giornate degli Autori ISOLAEDIPO a Venezia, “Isolation” un docufilm collettivo su cosa abbia vissuto l’Europa nel 2020 in piena pandemia, attraverso lo sguardo di cinque registi di nazionalità diverse: per l’Italia Michele Placido, per la Germania Julia Von Heinz, per la Svezia Olivier Guerpillon, il regista inglese Michael Winterbottom e il belga Jaco Van Dormael.
Gli autori, nei cinque cortometraggi della durata di 15 minuti ciascuno, raccontano l’epidemia da Covid-19 e le conseguenti misure di contenimento che hanno colpito in termini sociali, psicologici ed economici i cittadini europei.
Notorious Pictures di Guglielmo Marchetti ha promosso la coproduzione internazionale del progetto, a cui hanno aderito importanti partner produttivi dei rispettivi Paesi: Maze Pictures di Philipp Kreuzer in Germania, Tarantula di Joseph Rouschop in Belgio, Ingrid Lill Høgtun ha curato il segmento svedese come produttrice esecutiva per Fox in the Snow Films. L’episodio inglese è prodotto da Revolution Films dello stesso Winterbottom e Melissa Parmenter.
Nel primo episodio, come il personaggio ne “L’uomo dal fiore in bocca”, pièce teatrale di Luigi Pirandello adattata dal suo racconto “La morte addosso”, Michele Placido esce di casa una mattina, per vedere cosa trova sulle strade di Roma durante il lockdown. Nel corso della sua passeggiata, filmata con il suo cellulare su un arco di diversi mesi, divaga a più riprese. Visita Firenze e Milano e osserva ci che accade nel mondo dell’arte; in arti diverse dalla sua, la musica, l’opera, il ballo. Li trova a lottare per resistere, pesantemente colpiti dal virus. Come se l’arte fosse essenziale alla vita come l’aria che respiriamo.
“Two fathers“. Il giorno precedente all’inizio del lockdown, che ha paralizzato la Germania, muore inaspettatamente il padre ottantenne di Julia von Heinz. La regista poi scopre che era segretamente omosessuale e che aveva condotto una doppia vita. Viene sepolto il 29 maggio a Murnau in Baviera. Il padre elettivo di Julia ormai da molti anni è Rosa von Praunheim, eroe del cinema indipendente ed icona del movimento gay. Nella corrispondenza via mail con lui e tramite diversi altri contributi audiovisivi, Julia von Heinz si immerge a fondo nella vita del padre. Egli come Rosa è figlio della Seconda guerra mondiale, una circostanza che ha lasciato una forte impronta per tutta la loro vita. Un’esplorazione sullo sfondo dell’attualità quotidiana della crisi Covid, che sta mostrando alla nostra generazione cosa significhi vivere una crisi paragonabile alla guerra.
“Liberty, equality, immunity” di Olivier Guerpillon. “Come sono sopravvissuto alla strategia svedese” è un saggio filmico basato sul montaggio di diversi materiali audiovisivi. Si inserisce nella tradizione di Mekas, Marker e Godard, con un tono umoristico e una buna dose di ironia. Attraverso telegiornali, estratti di social media, immagini dell’anno passato e ricorrenti citazioni cinematografiche dai film che mi hanno tenuto in vita durante la mia quarantena (volontaria), il cortometraggio espone come e perché la Svezia ha scelto un approccio difettoso alla pandemia, il che porta ad una riflessione sui fondamenti etici e morali di una società. Fin dove possiamo spingerci come gruppo per salvare i più fragili tra di noi? Possiamo fare e meno e sentirci comunque in pace con la coscienza? La riflessione è sovrapposta a quella sulla mia identità come cineasta francese in esilio, che sente una crescente alienazione in un paese adottivo, che ha imparato ad amare, mentre la popolazione attorno a me si lascia andare ad un più assurdo attacco di nazionalismo: la difesa ad ogni costo di una politica sanitaria nazionale fallita e del suo architetto, un incolore epidemiologo di dubbia competenza, inaspettatamente assurto al rango di icona nazionale.
“Mourning in the time of Coronavirus” di Jaco Van Dormael. Viviamo in parallelo il dramma privato di Michèle Anne, la moglie di Jaco, il cui padre è morto di Coronavirus senza che lei potesse nemmeno vederlo un’ultima volta, e il dramma collettivo della pandemia entrato nelle case attraverso la televisione. “Melodramma”, twitta il Ministro della Salute quando i dottori lanciano i primi allarmi. A marzo 2020, le case di cura vengono chiuse ai visitatori. Michèle Anne fa recapitare a suo padre un iPad, in modo che possano vedersi e parlarsi. Le case di riposo sono poco equipaggiate, il personale lavora senza mascherine e rischia la propria stessa salute. Il Ministro della Salute dichiara che “indossare la mascherina non ha senso da un punto di vista scientifico”. Il padre di Michèle Anne risulta positivo al Covid-19. Viene isolato in una stanza con altri pazienti infetti. Un mese dopo, muore. Michèle Anne gli dà l’ultimo saluto tramite l’iPad. Il corpo viene sigillato in un doppio strato di plastica. Michèle Anne può solo vedere la bara in un parcheggio, prima che sia caricata su un furgone. I funerali sono sbrigativi. Sei maggio. Il Primo Ministro annuncia in TV il primo allentamento del lockdown. Fare kaywak è consentito.
“Isolation” di Michael Winterbottom. In tutta l’Europa, durante il lockdown, ci siamo ritrovati chiusi nelle nostre case, sperando di sopravvivere. Impossibilitati a lavorare, a vedere i nostri amici e le nostre famiglie. In un limbo che è durato per settimane. Per i richiedenti asilo, un limbo simile può durare anni.
Come accaduto a noi durante l’epidemia, i rifugiati hanno dovuto rinunciare alla loro vita precedente. Possono tenersi in contatto con i loro parenti solo via telefono o Skype. Non possono lavorare. Attendono una chance di iniziare una nuova vita. La speranza è che quanto abbiamo vissuto con il Covid-19 ci spinga a dare più peso e valore ai concetti di comunità e solidarietà. Esserci ritrovati nei panni di coloro che hanno perso tutto a causa di una guerra, della fame, di una dittatura o della povertà, forse ci spingerà a concedere loro quella speranza che abbiamo cercato per noi. La speranza di una nuova vita.