Nelle donazioni di sangue i sardi sono i più generosi d’Italia, ma questo purtroppo non basta per garantire all’isola l’autosufficienza. Il che sembra paradossale e porta necessariamente all’importazione di sacche ematiche da altre regioni, specialmente nel periodo estivo, nel quale aumenta la richiesta, data anche dall’afflusso dei turisti, e latitano i donatori.
Il fabbisogno annuale medio della Sardegna è di 106 mila sacche, necessarie anche per i circa mille talassemici che hanno bisogno di continue trasfusioni. In tutta l’isola non si riesce ad arrivare ad 82 mila sacche, le quali per il 75% sono merito dei soci dell’Avis che donano periodicamente. Le altre sacche necessarie sono d’importazione: arrivano da regioni che hanno eccedenze, come Lombardia, Piemonte, Veneto e Valle d’Aosta, per un costo di oltre 5 milioni di euro a carico delle casse regionali. Secondo i dati, i donatori sardi sarebbero 5,3 ogni mille abitanti, il record tra le regioni italiane, ma questa generosità non basta perché per raggiungere l’autosufficienza si dovrebbe arrivare a 6,3 donatori ogni mille abitanti. Un obiettivo non utopico da raggiungere tenendo conto delle carenze e delle problematiche che affliggono il sistema di raccoglimento del sangue, e che si possono e devono migliorare.
Un altro importante problema legato all’emergenza riguarda infatti la mancanza di personale sanitario specializzato, ovvero di infermieri e medici trasfusionisti. A questo si aggiungono altre carenze del sistema a livello organizzativo come l’assenza del Piano sangue regionale, scaduto tre anni fa, e che andrebbe aggiornato. E la mancanza da settembre di un responsabile della Struttura regionale di coordinamento (Src) delle attività trasfusionali.
Con questi problemi strutturali risulta vano l’appello del direttore generale della Protezione civile regionale, Antonio Balloi, che ha scritto alle associazioni di volontariato per chiedere loro di sensibilizzare i cittadini a donare il sangue.
Per questo l’opposizione si è mobilitata in Consiglio Regionale, con una mozione sottoscritta dai Progressisti (Pd-M5S), che hanno segnalato la situazione critica in alcuni ospedali, pubblici e privati, come il Brotzu di Cagliari e il Mater Olbia, dove sono a rischio interventi programmati e persino i trapianti, per carenza di sangue.
Altro aspetto sollevato in Consiglio Regionale è stato quello delle autoemoteche ferme. Le macchine che vanno in giro per la Sardegna a raccogliere sangue sarebbero 11 ma almeno due di queste sarebbero tenute ferme o utilizzate per fare tamponi Covid, come sostiene il consigliere del Pd Giuseppe Meloni. “Eppure ogni autoemoteca potrebbe consentirci di raccogliere 30 sacche di sangue al giorno”, stima Meloni. “Ci costerebbe un migliaio di euro, contro i 6 mila che spendiamo per importare la stessa quantità”.
La pandemia ha contribuito, con le misure di lockdown, a impossibilitare o scoraggiare le persone a recarsi a donare il sangue. Donazioni necessarie ai talassemici che in Sardegna sono circa mille e hanno bisogno, in media, di una trasfusione ogni 2-4 settimane. La talassemia o anemia mediterranea è una malattia rara che comporta anemia, cioè una diminuzione della quantità di emoglobina utile al trasporto dell’ossigeno nel sangue al di sotto dei livelli di normalità.
L’isola è la regione mediterranea con più casi sul totale della popolazione, e anche per garantir loro le regole trasfusioni, e per provare a raggiungere il fabbisogno annuale, sarebbe necessario un nuovo piano di acquisizione del sangue all’avanguardia e una campagna di sensibilizzazione che convinca più sardi possibile a recarsi a donare il sangue. Un piccolo gesto gratuito e di generosità, che non costa nulla e può salvare una vita.