Cavallette: la Sardegna di nuovo invasa. È una catastrofe biologica

Storia, cause e conseguenze di questo flagello che si ripete nei secoli

📷 Adobe Stock | Holger T.K.

Il mese di maggio 2022 verrà ricordato in Sardegna non solo per l’ondata di caldo africano che ha provocato un inizio d’estate anticipato, ma, soprattutto, per il flagello delle cavallette.

Le locuste, comunemente chiamate cavallette, sono insetti ortotteri che appartengono alla famiglia degli Acrididi e che hanno l’abitudine di migrare, spostandosi in gruppo. La parola “locusta” pare derivi dalla locuzione latina loca usta che significa “luoghi bruciati”.

Da qualche settimana milioni di questi parassiti stanno invadendo oltre 30.000 ettari di terreni agricoli dell’Isola, lasciando dietro di sé una distruzione tale da ridimensionare anche il terribile incendio che ha devastato il Montiferru la scorsa estate.

L’epicentro di questa invasione è la provincia di Nuoro, in particolare Ottana, Bolotana, Noragugume e Sedilo, ma preoccupa l’avanzata verso il Campidano.

Un’emergenza che si ripete per il quarto anno consecutivo. Il fenomeno era ricominciato con prepotenza nel 2019 ma quest’anno si è manifestato in anticipo, in concomitanza con l’arrivo delle alte temperature che determineranno, anche nelle prossime settimane, un’ulteriore schiusa delle uova e, di conseguenza, un numero di insetti sempre maggiore che si riverseranno su campi, orti e giardini.

Queste irruzioni di sciami di locuste sono comunque cicliche e affondano le loro radici nella storia antica. Basta leggere l’Antico Testamento per ritrovare l’invasione di cavallette annoverata come l’ottava tra le dieci piaghe d’Egitto, le punizioni inflitte da Dio all’Impero egiziano colpevole di non aver liberato gli ebrei dalla schiavitù, in modo che Mosè potesse condurli fuori dal Paese.

In tempi decisamente più recenti, in particolare nel Novecento, si sono registrate almeno cinque gravi invasioni di cavallette, in Africa e in area mediorientale, così come nel 2003-2004, quando furono provocate da piogge insolitamente abbondanti.

Nel 2020, nel Corno d’Africa c’è stata un’invasione di locuste tale da essere definita dalla Fao come “la peggiore in Etiopia e Somalia negli ultimi 25 anni e la peggiore in Kenya negli ultimi 70 anni”. 

Un problema mondiale, dunque, che non risparmia nemmeno l’Italia e, in particolare, la Sardegna, che patisce da sempre, periodicamente, questa calamità. Roberto Antonio Pantaleoni, entomologo della facoltà di Agraria dell’Università di Sassari, ricorda infatti come già dagli anni ‘30 e fino al secondo dopoguerra le cavallette abbiano infestato più volte l’Isola. Non si tratta però delle locuste africane. Queste, nonostante le abitudini migratorie, non possono riuscire ad arrivare fino a qui, se non nella misura di qualche esemplare portato dal vento di scirocco.

Le cavallette sarde appartengono alla specie della Dociostaurus maroccanus che tende a deporre le uova prevalentemente nei terreni incolti. Una volta nate, in primavera, si radunano in veri e propri sciami, iniziando a mangiare ciò che hanno intorno. Divenute poi adulte, sviluppano le ali e iniziano a spostarsi per diversi chilometri. Il problema è che sono voracissime, la FAO le descrive come “i più distruttivi parassiti migratori esistenti al mondo”, in grado di divorare interi raccolti, creando danni irrimediabili ad agricoltori e allevatori. Le colture più colpite sono quelle relative all’alimentazione degli animali, il grano, le erbe mediche e le piante arboree.

Una delle ragioni di questa piaga è da ricercare sicuramente nei cambiamenti climatici. Il clima più mite e secco dell’inverno, con precipitazioni praticamente dimezzate, in questo 2022 ha anticipato di un mese la deposizione delle uova di cavallette. Ma la causa scatenante è sicuramente l’abbandono delle campagne, il pascolo intensivo e i terreni incolti sempre più numerosi, vero habitat naturale delle locuste. Ciò è da attribuire al dilagare di una crisi economica che ha determinato l’aumento dei costi di produzione e dei prodotti agricoli.

Se durante la prima metà del Novecento il rimedio per combattere le invasioni di cavallette era l’utilizzo del lanciafiamme e dell’arsenico, nel corso dei decenni successivi a far rientrare il problema fu l’introduzione in natura, su consiglio degli entomologi, di un insetto parassitario delle cavallette, il coleottero Mylabris variabilis. Anche attualmente si pensa all’utilizzo di uccelli predatori naturali delle locuste, oltre che all’impiego di insetti anti-cavallette in grado di nutrirsi delle uova. Al lavoro c’è una task-force coordinata dall’Agenzia Laore.

L’Assessore all’Agricoltura della Regione Sardegna, Gabriella Murgia, cerca intanto di rassicurare: “Non c’è tempo da perdere. Siamo intervenuti individuando i focolai e garantendo alle aziende del territorio il necessario trattamento fitosanitario utilizzando prodotti in gran parte di tipo biologico”.È stata sviluppata anche un’applicazione denominata “Survey123” dotata della voce Tzilipirke, con cui gli utenti possono scattare foto che vengono immediatamente geolocalizzate, in modo da segnalare tempestivamente la presenza di nuovi epicentri ed evitare che si espandano. La politica regionale, invece, ha avanzato l’idea di utilizzare dei droni, sul modello di quanto fatto in India e in Kenya, ma intanto montano le proteste degli allevatori per il mancato utilizzo di misure preventive. Sarebbe infatti stata sufficiente una lavorazione superficiale dei campi per prevenire il sorgere di nuovi focolai, mentre ora che le cavallette sono adulte la lotta è diventata impari, perché queste volano e non si possono più fermare. Inutile la conta dei danni, mesi e mesi di lavoro e di investimenti sono andati in fumo. Si pensi che per gli agricoltori sardi danneggiati dalle cavallette nel 2021, la Giunta regionale ha stanziato, in queste settimane, due milioni di euro. La stessa Protezione Civile ha definito la situazione in Sardegna una vera catastrofe biologica.

Se è vero che le locuste fanno parte della storia dell’umanità da almeno 2500 anni, l’unico auspicio è che questi rimedi possano produrre risultati positivi almeno per gli anni a venire.

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