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Addio a Liliana Cano: la vita, il pensiero e le opere della pittrice sassarese

L’importanza della cultura, Liliana Cano si racconta in un’intervista esclusiva realizzata nel 2015

di Daniele Dettori
3 Settembre 2021
in Arte, People, Sardegna
🕓 8 MINUTI DI LETTURA
528 33
Liliana Cano

Liliana Cano

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Il mondo dell’arte sarda piange Liliana Cano, la pittrice sassarese si è spenta ieri sera all’età di 96 anni, il prossimo mese di ottobre avrebbe compiuto 97 anni. A darne notizia, in un post su Facebook, il figlio Igino Panzino. La ricordiamo riproponendovi un’intervista esclusiva che l’artista ci ha rilasciato nel settembre del 2015.

Siamo qui per parlare di arte, di pittura, di storia e di viaggi. Incontrare Liliana Cano è come avere davanti a sé un importantissimo pezzo della cultura sarda. Non solo sarda, per la verità, perché come lei stessa ama ricordare i viaggi sono stati una componente essenziale della sua vita. La troviamo così a Gorizia in occasione della nascita nel 1924, in trasferimento per la Sardegna con la famiglia allo scoppiare della Seconda Guerra Mondiale, e ancora in Germania, in Russia, in Francia e di nuovo in Sardegna, dove ci ha regalato un’intervista con il suo impeccabile stile garbato, intelligente, sempre umile e velatamente ironico.

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Possiamo cominciare con un ricordo delle origini?
Parliamo di storia antica (ride). Ho sempre dipinto e i miei genitori si sono preoccupati di farmi seguire gli studi idonei. Ecco, ricordo un professore che al diploma mi disse: “Cano, tu sei la più brava però sei una donna, quindi non ti do il massimo.”

Quali correnti artistiche preferisce?
Correnti artistiche non saprei. Intanto, una corrente artistica da ragazzina non l’ho mai conosciuta. Mia mamma è stata una grande pittrice, quindi sebbene avesse molti figli da seguire ha visto che potevo fare e mi faceva fare per forza: tanti fiori, pesci, uccelli e nature morte. A quel tempo non avevo una cultura, non conoscevo ancora le correnti. In realtà non le ho mai seguite neppure dopo, anche avendo studiato molta storia dell’arte. A me è sempre interessato molto di più il pittore. Dovendo comunque sceglierne una direi che mi sono avvicinata con più interesse all’impressionismo, pur amando maestri come i greci, i bizantini, Cimabue, Giotto, Michelangelo, Leonardo e tanti altri.

Parliamo dell’importanza che il viaggiare ha nella sua vita.
Il viaggio è la cosa più bella che esista. Il viaggio suggerisce veramente tutto. È l’unica cosa che io ami a perdifiato. Ho cominciato a viaggiare a un mese. Nella vita, poi, ho viaggiato per tutta l’Italia, la Francia, la Germania, e parte della Russia. In Francia, per esempio, sono stata venti anni. Poi ho deciso di rientrare in Sardegna perché, raggiunti i settant’anni di età mi sono detta: finisce che qui mi trovano morta in casa, da sola. Ma ci torno ogni anno perché lì ho grandissimi amici. A Tolone, a Marsiglia, a Parigi e poi a Nîmes, la città che ha per simbolo il Coccodrillo e dove ho esposto tante volte. E dove fanno anche del buon vino.

Le sue opere sono passate sotto gli occhi di Vittorio Sgarbi: come le ha criticate?
È stato nel 2014, la mostra di Oliena presso i Gesuiti, dove avevo portato la “Passione e Resurrezione Secondo Matteo”. Ne ha parlato bene, ha detto delle belle parole. La Passione era esposta con tutto un altro seguito di quadri che avevo dipinto in Francia.

(Il suo accompagnatore la invita a ricordare un aneddoto molto importante riguardo alla mostra, che Liliana Cano è reticente a raccontare, ndr.) Avevo fatto questa Passione di Cristo per volontà mia, nessuno me l’aveva comandata. Quando l’ho portata a Oliena il sindaco ha detto: “Questa mostra la deve lasciare qua”. E io ho detto: va bene, guardi, però conosco una suora che sta in Burkina Faso e che ogni tanto ritorna a casa da queste parti. Mi ha raccontato che lì non hanno acqua. Io dono quest’opera a Oliena se in cambio donate loro tre pozzi d’acqua. E così è stato.

Liliana Cano con le suo opere
Liliana Cano con Simona Atzori
Liliana Cano con un suo quadro
Liliana Cano mentre dipinge la facciata del Centro d'Arte Ulisse di Sassari
Liliana Cano mentre dipinge la facciata del Centro d'Arte Ulisse di Sassari
Liliana Cano mentre dipinge la facciata del Centro d'Arte Ulisse di Sassari
Liliana Cano mentre dipinge la facciata del Centro d'Arte Ulisse di Sassari
Un quadro di Liliana Cano
Liliana Cano, mostra Candelieri: dettaglio del Candeliere dei Muratori
Un quadro di Liliana Cano
Un quadro di Liliana Cano
Un quadro di Liliana Cano
Liliana Cano riceve il Candeliere d'Oro 2006 dal sindaco di Sassari Gianfranco Ganau
Liliana Cano riceve un targa celebrativa dal sindaco di Sassari Nicola Sanna
Liliana Cano

Lei è credente? E quanto è importante l’arte nella religione?
Si, sono credente e l’arte è importantissima per la religione e viceversa, almeno per me. Sono credente da quando ero piccola, da bambina volevo andare a fare la missionaria. La storia di Cristo è la storia più bella del mondo; quella è la storia del mondo. Ovunque si vada si trovano riferimenti a Lui. Se anche però ci fermiamo solo a Sassari, ci accorgiamo che tutta l’arte è sempre rivolta a Cristo. Qual è l’artista che non l’ha mai dipinto, scritto o musicato nelle forme più diverse?

Oggi ricorre spesso la parola “crisi”, su più livelli. Secondo lei come se ne può uscire?
Questo è un argomento che mi interessa tantissimo e, lo preciso, il mio è un punto di vista strettamente personale. Il mio punto di vista è che ci sia pochissima cultura. Non c’è un vero interesse nei confronti della cultura. Pensiamo a chi vuol fare nella vita il poeta o lo scrittore o il musicista: come fa a fare il poeta o lo scrittore o il musicista se deve pensare che deve andare in ufficio per campare? Ne consegue che ha le gambe tagliate, non può andare avanti. Lui c’è, fisicamente, ma il suo messaggio non esiste perché è costretto a fare un altro lavoro. E sta male. Parlo qui degli artisti “feroci”, di chi sente l’arte come percorso di vita. Così, le persone nemmeno si interessano più alla cultura, finiscono solo con l’essere oppresse; oppresse e distratte da specchietti per le allodole come l’enorme flusso pubblicitario veicolato tutti i giorni alle masse. Si è distratti da questi flussi e non si vede nient’altro, non si ha più il piacere di scoprire e di conoscere nulla. Mi è capitato, in albergo, di seguire da sola un concerto di musica classica nel televisore della hall. Le prime persone arrivate hanno subito cambiato canale. Anche questo è sinonimo di mancanza di cultura.

La copertina del libro di Massimo Mannu “Liliana Cano, itinerari d’arte e di vita di una viaggiatrice”

In calce all’intervista, Liliana Cano ci tiene a dedicare un ricordo a suo padre, il prof. Lamberto Cano, prima ingegnere e poi dirigente scolastico nella penisola e in Sardegna. Nel corso della sua carriera come dirigente scolastico si è distinto per aver rimesso in piedi e ripopolato diverse scuole d’Italia. In Sardegna, il prof. Cano ha riportato in vita alcuni istituti tra Sassari, Porto Torres e la zona del nuorese negli anni del secondo dopoguerra. Mentre ricorda la sua storia, gli occhi di Liliana Cano sono quelli della ragazzina che partiva con la sua famiglia alla scoperta di nuove terre e nuove ispirazioni.

Nel 2013 è uscito, per la EDES, il libro di Massimo Mannu dal titolo “Liliana Cano, itinerari d’arte e di vita di una viaggiatrice”. Il lavoro ripercorre la vita, le esperienze e le opere di una tra le più importanti artiste del Novecento.

Tags: arteLiliana CanopitturaSassari
Daniele Dettori

Daniele Dettori

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