Fabio Manuel Mulas. Racconto al mondo la mia Sardegna

Fabio Manuel Mulas. Foto: Gianmichele Manca

La Sardegna nel sangue, un’anima cosmopolita e, nel cuore, tanto cinema. Tantissimo, anzi, e i riconoscimenti non si sono fatti attendere. Fabio Manuel Mulas sta ancora gestendo il grande successo del suo Bandidos e Balentes – Il codice non scritto, un film indipendente che ha visto la luce nel 2017 e che, al momento, sta facendo il giro del mondo (venticinque nazioni, riconoscimenti impossibili da elencare) raccogliendo premi e critiche entusiastiche. Ma uno spirito libero non ha tempo per riposare, così il regista è già all’opera sul prossimo lavoro che, come il precedente, vedrà la Sardegna protagonista. Le riprese de Il sequestro Locci partiranno il prossimo mese di marzo: intanto approfittiamo per svelarvi qualche retroscena sul film e sulla vita del suo creatore.

Come ti sei avvicinato al cinema?
All’età di 14 anni, insieme con un’amica che ora fa la regista in Inghilterra, scrivemmo per gioco un’opera che aveva per tema la follia. Ebbe un buon riscontro e diventò poi un video che rappresentò il primo approccio con questo mondo. In seguito ho continuato a maturare questa passione, dapprima facendo il ragazzo immagine per pagarmi gli studi privati di dizione e recitazione mentre lavoravo nell’esercito a Montorio Veronese, e in seguito trasferendomi a Roma e iniziando a entrare nell’ambiente dello spettacolo. Ho partecipato, tra gli altri, al film di Wladimiro Bersani Devil’s Dogs – I cani del diavolo, come co-protagonista; e al film La leggenda senza storia, un lavoro di Enzo Giovanni Castellari ispirato al bandito siciliano Salvatore Giuliano, di cui sono stato protagonista e direttore casting.

Perché, a un certo momento, decidi di dedicarti alla Sardegna?
Ho vissuto alcune esperienze che mi hanno segnato profondamente. L’omicidio di mio padre quando ero ancora bambino e che mi allontanò dalla Sardegna; poi, in seguito, la morte di un bambino che io stesso volevo adottare mentre mi trovavo in Kosovo, con l’esercito, per la missione di pace. Questa vicenda, tra l’altro è diventata un romanzo, Occhi di guerra, presentato anche negli USA, a Brooklyn. Ecco, al mio rientro con la mia attività di scrittura, ho conosciuto Gianluca Pirastu che mi ha raccontato la storia della principessa/strega Donoria, un personaggio femminile molto singolare in quel di Rebeccu, frazione di Bonorva in provincia di Sassari. Si narra che lanciò una maledizione per effetto della quale, ancora oggi, Rebeccu non superi le trenta case. La vicenda mi ha appassionato e da subito è nata l’idea per un film kolossal di ambientazione medioevale, per ora uscito come romanzo. Dal fantasy ho deciso di passare alla tradizione e alla cultura sarde, per far conoscere la nostra isola e raccontarne le sue realtà. Così è nato Bandidos e Balentes e, tra poco, Il sequestro Locci.

Bene, parliamo di questo progetto.
L’idea è nata dallo stesso protagonista della storia, Luca Locci. Ci siamo conosciuti alle Cortes Apertas di Orgosolo, nella casa del suo emissario (si chiama così, in gergo, la persona designata dalla famiglia di un rapito per la gestione delle trattative con i rapitori, ndr). È nata un’amicizia, lui mi ha raccontato la storia del suo sequestro e io l’ho voluto in Bandidos e Balentes. In un secondo tempo, insieme con suo padre e con gli sceneggiatori Gianluca Pirastu e Tonino Pischedda, abbiamo iniziato a scrivere il film attingendo da un manoscritto degli stessi Locci che non è mai stato pubblicato.

 

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Come avvenne il sequestro?
Era il 1978. Luca, in vacanza con la famiglia, stava rientrando mentre tutti guardavano la partita dei Mondiali di calcio Italia – Brasile. Per strada c’era il deserto. Partendo da Macomer, una macchina li ha seguiti per un tratto di strada, poi è scomparsa. Al loro arrivo a casa, la madre è entrata insieme con il figlio più grande, mentre Luca è rimasto fuori a giocare con gli amichetti. In quel momento la macchina è ricomparsa e lo hanno rapito. Secondo il racconto di Luca avevano, in precedenza, già tentato tre volte di sequestrarlo ma senza riuscire. I rapitori quel giorno erano decisi: avevano stabilito che l’ultima volta sarebbe stata quella buona, in un modo o nell’altro; quindi sarebbero entrati anche dentro casa per prenderlo. Questo è un dettaglio inedito, raccontato sul suo manoscritto.

Per i tuoi film scegli attori non professionisti. C’è qualche nome noto con cui vorresti lavorare?
Per Il sequestro Locci abbiamo contattato alcuni attori conosciuti. Posso dirti che stanno leggendo la sceneggiatura Marco Bocci e Maria Grazia Cucinotta. Ancora, però non abbiamo nessuna conferma. C’è poi un’attrice internazionale, molto famosa e che speriamo di avere sul set: Grecia Colmenares. Da noi è nota per telenovelas come Manuela, Milagros, Topazio. È una carissima amica, ci siamo conosciuti nel 2009 su Twitter e da allora ci sentiamo regolarmente. Si è detta pronta per venire in Italia a girare il film ma sto ancora cercando di capire in quale contesto inserirla. Vorrei affidarle un cameo speciale. Inoltre, tra le nuove scoperte, abbiamo trovato anche il bambino che interpreterà Luca Locci. È il suo sosia, praticamente è identico a Luca da piccolo ed è anche bravo a livello recitativo. Ha vinto alcuni premi, da poco, oltre ad aver lavorato con Ennio Morricone. Ha sette anni e mezzo, come Luca all’epoca dei fatti, ed è molto sveglio. Durante i casting ha emozionato tutti, anche la famiglia Locci che era presente. Gli abbiamo chiesto di scrivere la lettera dalla prigionia, com’era successo allora, e l’ha fatta uguale. Lo stesso Luca si è emozionato e ha lasciato la stanza perché non ce la faceva a stare lì.

Progetti per il dopo?
È già pronto un altro film con Enzo Acri, il regista napoletano di Un camorrista perbene. Lavoreremo insieme a Conteso, un film che racconta di femminicidio, bullismo, figli contesi. Gireremo tra la Campania e la Sardegna per valorizzare entrambi i territori e realizzare un gemellaggio interculturale tra la città di Napoli e la nostra isola. Qui faremo tappa ad Alghero, a Oristano, nel nuorese, e poi vorremmo portare il film al Festival di Venezia. Sarà molto crudo, sul modello di Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino; un film sul sociale che racconterà, tra le altre cose, quello che sono oggi i ragazzi cosiddetti “bulli” di quartiere. Ho ricevuto anche un’offerta da parte di un importante armatore russo per girare un film di spionaggio a Odessa. Si tratta di un lavoro in preparazione, anche in quel caso è una storia molto complicata: un film sulla mafia russa, non molto allegra come cosa (ride, ndr). Ho dato la mia disponibilità ma siamo in fase di trattativa e c’è da capire come si svilupperà tutto l’insieme.

 

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