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Le Nazioni Unite raggiungono uno storico accordo per la tutela dell’alto mare: il 30% protetto entro il 2030

Il trattato oceanico arriva dopo quasi venti anni di negoziazioni. Greenpeace: “Anche l'Italia faccia la sua parte”

di Redazione
6 Marzo 2023
in Ambiente & Natura, Italia & Mondo
🕓 6 MINUTI DI LETTURA
46 1
Oceano. 📷 Depositphotos

📷 Depositphotos

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Dopo quasi vent’anni di negoziati, le Nazioni Unite hanno finalmente concordato uno storico trattato oceanico per la protezione degli habitat d’alto mare, l’area dell’oceano che si trova oltre le acque nazionali, il più grande habitat sulla Terra che ospita milioni di specie. Attualmente poco più dell’1% delle acque d’alto mare è protetto ma il nuovo trattato fornirà un percorso per istituire Aree Marine Protette (Amp) in queste acque.

Il trattato è anche uno strumento chiave per raggiungere l’obiettivo dell’accordo di Kunming-Montreal (il quadro globale per la biodiversità per questo decennio raggiunto alla COP15 dello scorso dicembre, ndr) di arrivare ad almeno il 30% di protezione degli oceani del mondo entro il 2030, il livello minimo di protezione necessario per garantire un oceano sano, avvertono gli scienziati.

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Cosa è l’alto mare

L’alto mare rappresenta i due terzi circa degli oceani ed è l’area di acque internazionali al di là della Zona Economica Esclusiva degli stati rivieraschi, 200 miglia nautiche (370 km) dalla costa. Sono aree dove gli Stati hanno diritto di svolgere attività, come pesca, navigazione o ricerca, ma sono anche cruciali per la biodiversità e la tutela del clima. L’accordo raggiunto mantiene vivo l’obiettivo 30×30 – proteggere il 30% degli oceani del mondo entro il 2030 – e fornisce un percorso per la creazione di aree completamente o altamente protette negli oceani del mondo. Il testo passerà ora alla revisione tecnica e alla traduzione, prima di essere adottato ufficialmente in un’altra sessione.

Come si è arrivati al trattato ONU sull’alto mare

La High Ambition Coalition – che comprende Ue, Stati Uniti e Regno Unito – e la Cina sono stati attori chiave nella mediazione che ha portato all’accordo. “Ci sono ancora difetti nel testo e i governi devono garantire che il Trattato sia messo in pratica in modo efficace ed equo affinché possa essere considerato un Trattato veramente ambizioso” ma il trattato “è una vittoria monumentale per la protezione degli oceani e un segnale importante che il multilateralismo funziona ancora in un mondo sempre più diviso”, segnala Greenpeace.

“Dopo due settimane di trattative e sforzi da supereroi nelle ultime 48 ore, i governi hanno raggiunto un accordo su questioni chiave che promuoveranno la protezione e una migliore gestione della biodiversità marina in alto mare”, commenta Rebecca Hubbard, direttrice della High Seas Alliance, partenariato di organizzazioni e gruppi che vogliono costruire una forte voce comune e circoscrizione per la conservazione dell’alto mare. L’Alleanza è attualmente composta da oltre 40 Ong più l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN).

La questione dei finanziamenti sufficienti per finanziare l’attuazione del Trattato, così come le questioni di equità relative alla condivisione dei benefici derivanti dalle risorse genetiche marine, “è stato uno dei principali punti di scontro tra Nord e Sud durante l’incontro”, segnala l’Alleanza. Tuttavia, fino alle ultime ore della riunione, i governi sono stati in grado di concludere un accordo che prevede un’equa condivisione di questi benefici derivanti dal mare profondo e dall’alto mare. “Il percorso per arrivare a un trattato è stato molto lungo, solleciteremo i 52 stati che compongono la High Ambition Coalition perché guidino l’impegno per adottare, ratificare e identificare importanti aree d’alto mare da proteggere”, aggiunge Hubbard.

Il trattato per la protezione dell’alto mare “apre la strada all’umanità per fornire finalmente protezione alla vita marina attraverso il nostro unico oceano”, dice Minna Epps, direttrice del Global Marine and Polar Programme Iucn, “la sua adozione colma lacune essenziali nel diritto internazionale e offre ai governi un quadro per lavorare insieme per proteggere la salute globale degli oceani, la resilienza climatica, il benessere socioeconomico e la sicurezza alimentare di miliardi di persone”.

“I Paesi devono adottare formalmente il Trattato e ratificarlo il più rapidamente possibile per metterlo in vigore, e quindi fornire i santuari oceanici completamente protetti di cui il nostro pianeta ha bisogno. Il tempo stringe ancora per consegnare 30×30. Abbiamo ancora mezzo decennio e non possiamo essere compiacenti” ma “è una giornata storica per la conservazione e un segno che in un mondo diviso, la protezione della natura e delle persone può trionfare sulla geopolitica”, commenta Laura Meller, attivista di Greenpeace Nordic. “Lodiamo i Paesi per aver cercato compromessi, messo da parte le differenze e consegnato un Trattato che ci consentirà di proteggere gli oceani, costruire la nostra resilienza ai cambiamenti climatici e salvaguardare le vite e i mezzi di sussistenza di miliardi di persone – prosegue Meller – ora possiamo finalmente passare dalle chiacchiere al vero cambiamento in mare”.

Hawksbill tartaruga marina nuotare nell'oceano Indiano alle Seychelles. 📷 Depositphotos

Von der Leyen: “l’Oceano è vita, va protetto”

“L’oceano è cibo, energia, vita. Ha dato così tanto all’umanità: è tempo di restituire. Accolgo con favore l’accordo sull’alto mare; un trattato che proteggerà l’oceano oltre la giurisdizione nazionale. Sono grata alla High Ambition Coalition per la sua perseveranza. Ce l’abbiamo fatta!”. Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea, lo scrive su Twitter.

Pichetto: “bene l’accordo sugli oceani”

“L’accordo raggiunto alle Nazioni Unite per la protezione dell’alto mare è motivo di soddisfazione per l’Italia. Gli oceani sono lontani da noi, ma dal loro stato di salute dipende la vita del Mediterraneo e delle specie che lo popolano”. Lo afferma il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto.

“Gli obiettivi europei di salvaguardia della biodiversità affermati alla Cop15 di Montreal – aggiunge Pichetto – sarebbero irraggiungibili senza la consapevolezza comune che gli oceani sono parte ineludibile di questa partita, in cui salvaguardia ambientale, questioni climatiche e sviluppo economico sono unite in un comune destino”.

“Anche l’Italia – ha ricordato inoltre il ministro- ha condiviso la necessità di avere a livello globale nuovi e più ambiziosi obiettivi di tutela, col 30% delle acque dei mari ed oceani sottoposti a misure di salvaguardia, di cui almeno un 10% maggiormente stringenti”. Infine, ha concluso Pichetto, “attraverso il progetto Mer, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha deciso di investire sulla salvaguardia della biodiversità marina con quattrocento milioni di fondi del Pnrr”.

Greenpeace: “anche l’Italia agisca per la tutela”

“Adesso i Paesi, Italia inclusa, devono raggiungere in tempo l’obiettivo 30×30: serve una rapida ratifica del Trattato e poi la creazione di una rete efficace di santuari per proteggere tutto il mare, dentro e fuori i limiti delle acque territoriali”. Così Greenpeace, commentando l’accordo raggiunto nella notte alle Nazioni unite per la protezione di almeno il 30% degli oceani entro il 2030.

Inoltre, “è importante sfruttare questo successo per fermare vecchie e nuove minacce – come lo sfruttamento minerario degli abissi marini, il cosiddetto Deep Sea Mining – e mettere al centro la tutela del mare”, prosegue l’associazione. Oltre cinque milioni e mezzo di persone hanno firmato, globalmente la petizione di Greenpeace che chiedeva un forte Trattato Globale per gli Oceani, “questa è una vittoria per tutte e tutti loro”, aggiungono gli ambientalisti.

Gli Stati della High Ambition Coalition, che comprende Ue, Stati Uniti e Regno Unito, e la Cina, “sono stati fondamentali per chiudere l’accordo, mostrando una volontà di cooperazione e ricerca del compromesso negli ultimi giorni del negoziato, cercando alleati anziché seminare divisioni”, segnala Greenpeace. I Paesi del gruppo degli Stati insulari (Small Island States) “hanno mostrato leadership nel corso di tutto il processo e il gruppo dei Paesi del G77, che comprende la gran parte degli altri Stati, ha guidato il processo per far sì che il trattato possa essere messo in pratica in modo equo e giusto”, conclude l’associazione.

Fonte Agenzia DIRE.it

Redazione

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