Ogni epoca porta con sé usi, costumi e mode che, con il tempo, cambiano e si rinnovano. A influenzare le tendenze non sono soltanto l’abbigliamento o gli oggetti di uso quotidiano, ma anche i giochi, alcuni dei quali, da semplici passatempi, si sono trasformati in veri e propri fenomeni culturali, capaci di segnare intere generazioni.
Chi non ricorda le coloratissime biglie di vetro, il celebre svago dei bambini degli anni Sessanta e Settanta? Vendute in sacchetti di rete e disponibili in diversi formati e colorazioni, venivano soprattutto usate per giocare all’aperto. I piccoli lanciavano le biglie con uno “scatto” delle dita, cercando di colpire quelle degli avversari o di farle entrare in piccole buche scavate nella terra. Chi riusciva a centrare le biglie degli altri se le aggiudicava, tornando a casa con il sacchetto più pieno.
Dalla fine degli anni Settanta e per tutti gli anni Ottanta, nelle edicole spopolavano invece le bustine di Paciocchini: simpatici pupazzetti di plastica profumata, spesso vestiti con abitini di feltro dai colori sgargianti, prodotti dalla GIG e collezionati soprattutto dalle bambine.
È però necessario attendere i primi anni Novanta per l’arrivo del gadget estivo forse più indimenticabile di sempre: i ciucci. Si trattava di piccoli ciondoli in plastica che riproducevano, in versione mini, i ciucci per neonati che, soprattutto le ragazzine, amavano collezionare in tutte le varianti per creare collanine tintinnanti, arricchire gli orecchini o decorare la cartella di scuola.
Ma sono bastati pochi anni per trasformare bambini e ragazzini da collezionisti incalliti in attenti custodi di un piccolo animaletto digitale. Tra il 1996 e il 1997, prima in Giappone e poi nel resto del mondo, scoppiò la Tamagotchi-mania. L’azienda giapponese Bandai commercializzò un piccolo dispositivo elettronico a forma di ovetto, utilizzabile anche come portachiavi, che custodiva al suo interno un pulcino virtuale da allevare fino a farlo diventare adulto. In quel periodo non c’era giovane che non passasse ore a nutrire, accudire, coccolare e, talvolta, piangere per la morte del proprio Tamagotchi.
Negli stessi anni, sempre dal Paese del Sol Levante, arrivarono degli straordinari animaletti immaginari di terra, acqua e aria, protagonisti di un videogioco Nintendo, di un anime di grande successo e di un gioco di carte: i Pokémon. La popolarità in particolare delle carte Pokémon fu immediata ovunque e il fenomeno non si è ancora arrestato. Sono miliardi quelle stampate e ricercate dai collezionisti, molti dei quali sono anche diventati giocatori attivi, sfidandosi in tornei, e i più bravi sono arrivati persino al campionato mondiale ufficiale.
Una nuova, divertente semplicità ha poi caratterizzato i primi anni Duemila grazie ai Peek-a-Pooh, versioni in miniatura di Winnie the Pooh, travestito con costumi rimovibili in gomma, che venivano venduti nei distributori automatici all’interno di palline colorate. Grazie al loro aspetto carino e al cordino elastico, i Peek-a-Pooh erano utilizzati come charm da appendere a chiavi, borse, zaini e soprattutto cellulari, diventando un vero e proprio mito metropolitano.
Intorno al 2010, quasi contemporaneamente, esplosero in popolarità i Beanie Boos e i Funko Pop. I Beanie Boos, prodotti dalla Ty, erano piccoli peluche caratterizzati da grandi occhioni lucidi, amatissimi dai bambini e dagli appassionati di pupazzi. I Funko Pop, ancora attuali, sono invece piccoli omini di vinile con teste grandi e corpi piccoli, che raffigurano personaggi della cultura pop – dai protagonisti di film e serie TV ai personaggi dei videogiochi – diventando oggetti ambiti dai collezionisti di tutte le età.
Un gioco ancora più recente è il Fidget Spinner. Il nome deriva da “fidget”, che significa agitarsi, e “spinner”, che indica la rotella che gira. Si tratta di una sorta di trottola che si può maneggiare e far roteare, spesso usata come antistress e diventata rapidamente di moda tra bambini e adolescenti.
Complice l’impatto dei social media, il 2025 è diventato l’anno dei Labubu, buffi peluche creati dall’azienda cinese Pop Mart e ispirati ai mostriciattoli della serie di libri The Monsters.
Diventati ormai virali – tanto da essere contraffatti con i più scadenti “Lafufu” -, i Labubu sono disponibili in medie o grandi dimensioni e sono riconoscibili per le orecchie dritte a punta e il sorriso malizioso, con nove denti sporgenti e affilati. Le loro sembianze, vagamente ispirate alle creature mitologiche nordiche, variano moltissimo: al mondo esistono circa 300 modelli, con prezzi che oscillano da poche decine fino a diverse migliaia di euro. Venduti all’interno di blind box, scatole misteriose che non rivelano quale Labubu contengano, questi pupazzetti trasformano l’acquisto in un’esperienza carica di suspense e curiosità, prima di appenderli a borse o zaini come ciondoli.
Che siano dunque gadget o peluche, ogni tempo ha i suoi giochi del cuore. Custoditi nei cassetti delle vecchie case o riscoperti dai collezionisti, continuano a vivere nella memoria come ricordi indelebili dell’infanzia, a cui si ripensa sempre con un sorriso e un pizzico di nostalgia.