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Al Parlamento Europeo convegno su impatti da carenza dei prodotti di origine animale

di Redazione
18 Novembre 2025
in Italia & Mondo
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(Adnkronos) – Si è tenuto oggi, nella sede del Parlamento europeo di Bruxelles, il convegno “Come la produzione zootecnica europea può garantire accessibilità al cibo e sicurezza alimentare e nutrizionale per i cittadini dell’Ue, organizzato da Renew Europe e patrocinato dall’eurodeputato belga Benoit Cassart, allevatore e co-presidente dell’intergruppo zootecnia sostenibile. La kermesse nasce con l’obiettivo di creare una piattaforma di confronto tra istituzioni, accademia, imprese, mondo dell’innovazione e società civile, nel contesto delle politiche europee e di una narrazione sul settore degli allevamenti che, a detta degli organizzatori, spesso risulta distorta da impostazioni ideologiche e antiscientifiche. Al centro dei lavori il ruolo della produzione zootecnica nel contesto di una nutrizione adeguata: la sfida, sulla quale si sono confrontati ricercatori, esperti e decisori politici, è quella di bilanciare densità nutrizionale e livelli di trasformazione degli alimenti nel contesto di diete culturalmente e territorialmente appropriate. 

“Anni di criminalizzazione dell’allevamento e delle proteine animali hanno fatto sì che carne e latticini siano per molte persone il male assoluto da un punto di vista della salute e dell’ambiente”, ha commentato Cassart. “Nessuno vuole promuovere un consumo eccessivo di carne. Ma grazie a illustri professori universitari, ci siamo finalmente potuti concentrare sugli impatti di una dieta troppo debole in proteine animali, e abbiamo visto che i danni sono importanti, indubbiamente sulla salute ma anche sul clima, perché l’allevamento ha un ruolo centrale da giocare per permettere all’Europa di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e di bio-economia”. Nel dibattito seguito agli interventi dei relatori sono intervenuti diversi esponenti della Commissione Europea (DG Sante), della’Organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) e di Farm Europe, think tank brussellese specializzato in agricoltura.  

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Tra i relatori Alice Stanton (professoressa di Terapia cardiovascolare, Facoltà di Farmacia e Scienze biomolecolari al Royal College of Surgeons di Dublino), che nell’intervento al panel intitolato “Is forcing the reduction of Animal Source Foods part of the solution?” (Imporre la riduzione dei cibi di origine animale è parte della soluzione?) si è focalizzata sugli aspetti nutrizionali delle fonti proteiche animali e dei rischi per la salute a fronte di una carenza di macro e micronutrienti nell’alimentazione. “Nel 2025, il mondo si trova ad affrontare sia una crisi climatica che una crisi della biodiversità, e il sistema alimentare contribuisce in modo significativo a entrambe. Per alcuni, la soluzione è semplice: l’assunzione di alimenti di origine animale (Asf, Animal Source Foods) dovrebbe essere notevolmente ridotta, mentre il consumo di alimenti di origine vegetale (Psf, Plant Source Foods) dovrebbe aumentare considerevolmente. Tuttavia, tali riduzioni forzate degli Asf comportano gravi rischi per la salute umana”, ha avvertito la professoressa, sottolineando come “le evidenze provenienti da studi osservazionali, di modellizzazione e da interventi sperimentali indicano chiaramente che le forti riduzioni degli Asf, previste da molte diete a base vegetale, peggioreranno le già diffuse carenze di micronutrienti”, andando a colpire “in particolare i gruppi vulnerabili, tra cui donne, bambini e anziani”.  

“I benefici delle diete a base vegetale nella protezione contro le malattie non trasmissibili (Ncds) sembrano essere più fortemente associati alla riduzione dell’apporto calorico e di sale, e all’aumento del consumo di frutta, verdura, frutta a guscio e cereali integrali, piuttosto che alla diminuzione di proteine animali”, ha proseguito Stanton. “Infatti, un maggiore consumo di latticini e prodotti ittici è associato a una protezione contro obesità, diabete, infarti, ictus, malattie cerebrali e alcuni tipi di cancro. Inoltre, il consumo di carne di pollame e uova sembra non avere alcun impatto sulle Ncds ed eventuali effetti negativi assoluti del consumo di carne rossa e lavorata sono minimi, incerti e tendono a ridursi notevolmente, o a scomparire, quando tali alimenti vengono consumati all’interno di una dieta sana. Sono necessari rigorosi studi clinici randomizzati e controllati su tutte le nuove diete a base vegetale proposte come ‘ecologicamente sostenibili’ per fornire prove chiare dell’adeguatezza in termini di micronutrienti e proteine, con o senza l’uso di integratori, alimenti fortificati e/o biofortificati. Nel frattempo, il consumo di alimenti di origine animale ricchi di nutrienti e prodotti in modo sostenibile dovrebbe continuare a essere incluso nelle linee guida dietetiche nazionali e internazionali per una dieta sana ed equilibrata”, ha concluso la professoressa Stanton. 

Successivamente, il professor Peer Ederer (Goal Sciences, Osservatorio globale sulle scienze zootecniche accurate) è intervenuto nel panel “What is the role of Livestock in food availability and affordability in the Eu?” (Qual è il ruolo della zootecnia nella disponibilità e nell’accessibilità economica dei prodotti alimentari nell’Ue?), evidenziando il ruolo cruciale svolto dagli allevamenti zootecnici nel garantire la sicurezza alimentare e l’accessibilità al cibo per tutti gli europei. “Più di 60 anni di politiche alimentari per la salute pubblica nei paesi ad alto reddito hanno fallito sotto diversi aspetti: i tassi di adozione delle diete raccomandate sono trascurabili, la salute metabolica è peggiorata, l’accessibilità economica degli alimenti più nutrienti è diminuita e la quota di cibi ultra-processati e artificiali è aumentata drasticamente. È dunque giunto il momento di un approccio diverso: piuttosto che promuovere diete universali basate su gruppi alimentari specifici con toni più o meno autoritari, è più promettente sottolineare la libertà di scelta personale, la varietà e la flessibilità secondo le preferenze culturali e sociali, e indicare le categorie alimentari rischiose per le quali esistono prove scientifiche inequivocabili degli effetti negativi”, ha evidenziato. 

“In Europa, in media, l’80% delle proteine biodisponibili nella nostra dieta proviene da alimenti di origine animale, suddivisi equamente tra carne e latticini, uova e pesce. L’unica alternativa nutrizionalmente valida per sostituire la quantità significativa di proteine derivanti dalla carne sono i legumi, cioè fagioli, piselli e lenticchie. Oggi, essi coprono meno dell’1% di questo fabbisogno. L’offerta dovrebbe quindi aumentare di 60 volte per colmare questa lacuna”, ha osservato il professore. “La ragione del consumo minimo di legumi in Europa potrebbe essere legata a una saggezza evolutiva: i legumi sono tossici per l’uomo e diventano commestibili solo dopo un accurato lavaggio e una lunga cottura. Le ricette a base di legumi sono spesso molto speziate, salate, zuccherate o fermentate per migliorarne il gusto. Sostituire la carne con i legumi nelle diete europee appare quindi principalmente un’opzione teorica”. Inoltre, ha proseguito Ederer, le proteine derivanti dai cereali in Europa “sono fino a quattro volte più costose di quelle provenienti da alimenti di origine animale, mentre le proteine da frutta e verdura risultano fino a dieci volte più costose. La ragione è la bassa concentrazione di proteine in questi alimenti. Il loro ruolo in una dieta equilibrata è piuttosto quello di fornire rispettivamente energia e micronutrienti come vitamine e minerali”, ha concluso. 

In seguito, il professor Frederic Leroy (Professore di Microbiologia industriale e Biotecnologia alimentare, Facoltà di Scienze e Scienze bioingegneristiche, Vrije Universiteit Brussel) è intervenuto ssu “Nourishment as a Right: Can We Make It a Reality?” (Il diritto all’alimentazione nutriente : possiamo trasformarlo in realtà?) focalizzandosi sul concetto di “nutrizione adeguata” rispetto ad una semplice “dieta sana”. Leroy si è riferito ad una nuova ricerca scientifica riassunta nel “Nourishment table (Tavola nutrizionale), affermando che l’essere umano, in quanto onnivoro, “può adottare numerosi modelli e abitudini alimentari per raggiungere un nutrimento ottimale, anche in modi che possono entrare in conflitto con le linee guida dietetiche convenzionali. Tuttavia, esistono limiti a questa flessibilità alimentare, influenzati dalla densità dei nutrienti e dal grado di trasformazione degli alimenti”, ha avvertito. 

“Il potenziale nutritivo di una dieta tende a migliorare con l’inclusione di alimenti di origine animale, affiancati da una varietà di vegetali ricchi di nutrienti. Gli alimenti minimamente trasformati sono raccomandati come scelta alimentare preferibile, ma una certa quantità di alimenti moderatamente trasformati è comunque considerata benefica, soprattutto quando la dieta è prevalentemente a base vegetale, poiché contribuisce a ridurre le fitotossine e a migliorare la biodisponibilità dei nutrienti”, anche se una trasformazione eccessiva “riduce la qualità del cibo, e le diete dominate da alimenti ultra-processati risultano dannose”, ha spiegato Leroy. “Per fornire indicazioni nutrizionali più efficaci, la Nourishment Table pone l’accento sulla flessibilità e consente agli individui di scegliere autonomamente una varietà di alimenti sazianti e ricchi di nutrienti, entro i limiti stabiliti dall’evoluzione. I decisori politici dovrebbero condividere l’ambizione collettiva di rendere una nutrizione adeguata un diritto per tutti, affinché le popolazioni umane possano prosperare”, ha concluso il professore.  

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