Aborto proibito: in Polonia muore un’altra donna, proteste anche a Cagliari

In tutta Europa manifestazioni dei gruppi Strajk Kobiet all’insegna di “Ani jednej więcej”, nessun’altra in più

Strajk Kobiet Sardynia: la manifestazione a Cagliari

La manifestazione a Cagliari

Da Varsavia, Wałbrzych, attraverso Piaseczno, a Łomża, da Olsztyn a Zamość, da Zielona Góra a Radomsko, Katowice e Cracovia, Sztum, passando per Londra, Berlino, Vienna e Cagliari ieri manifestazioni all’insegna dello slogan “Ani jednej więcej” – nessun’altra in più – in tutta la Polonia e all’estero.

La manifestazione lanciata da Strajk Kobiet, il gruppo attivista che da anni si batte in Polonia per il diritto all’aborto ha potuto contare sul sostegno dei gruppi Strajk Kobiet che da qualche anno si sono formati anche nelle più importanti capitali europee. Strajk kobiet Sardynia ha voluto gettare un ponte ideale di solidarietà con le donne polacche.

La legge di quel paese sull’aborto, regolata dal codice penale, l’obiezione di coscienza anche quando legalmente possibile inibisce il medico spingendolo ad intervenire quando proprio è certo che il feto non abbia più battito, ma spesso è già troppo tardi perché si è instaurata un’infezione. Ed è proprio quello che è successo a Dorota, una donna di 33 anni di Nowy Targ, incinta di cinque mesi. Le si sono rotte le acque. Il marito l’ha portata in ospedale. Il medico di turno ha dichiarato “totale mancanza di liquido amniotico”.

Alla donna è stato consigliato di sdraiarsi per tre giorni con le gambe alzate e la testa abbassata, “affinché le acque tornassero”. Dorota ha cominciato a stare male, aveva i sintomi dell’infezione. Nessuno ha informato lei o la sua famiglia che le possibilità di salvare la gravidanza erano pari a zero. La mattina del 24 maggio, quando era già in stato di incoscienza, le è stato diagnosticato lo shock settico. Alle 05:20, i medici hanno dichiarato la morte del feto. Tuttavia, invece di salvare subito la paziente, hanno deciso di perdere tempo in procedure non necessarie: hanno chiamato il consulente provinciale nel campo della ginecologia e ostetricia, la chiamata è avvenuta solo due ore dopo. Solo alle 07:30 si è deciso per l’asportazione dell’utero insieme al feto “immediatamente per indicazioni vitali”. Era troppo tardi. Alle 09:39 Dorota è morta.

Dopo questo ennesimo episodio Strajk Kobiet ha organizzato il 14 di giugno una serie di manifestazioni di protesta: “Protestiamo contro la tortura e la morte delle donne nei reparti di ostetricia, negli ospedali – afferma Strajk Kobiet contro la costrizione delle donne a gravidanze pericolose e indesiderate, contro il parto forzato, contro il divieto di aborto, contro il regime del PiS (Diritto e Giustizia, in polacco Prawo i Sprawiedliwość, partito politico polacco di estrema destra di ispirazione conservatrice clericale) contro il cinismo e la violazione della legge da parte dei medici, contro la privazione del nostro diritto alla vita, alla salute e alla libertà”.

Uno di questi presidi di protesta si è tenuto a Cagliari sotto il Consolato polacco in piazza Unione Sarda, dove sono stati appesi dei cartelli. Carla Porcheddu, di Strajk Kobiet Sardynia spiega: “Sono qui, a Cagliari, così come lo sono oggi tante persone davanti alle ambasciate di Londra, Berlino, Vienna e Varsavia e in oltre 70 città polacche, per Dorota, Agata, Agnieszka, Anna, Iza, e Justyna, morti evitabili. Perché da cittadina Europa non posso tollerare frontiere alla libertà delle donne, al diritto alla salute, alla libertà di scegliere. I diritti sessuali e riproduttivi che sono fondamentali per l’autodeterminazione degli esseri umani”.

La solidarietà femminile, che può contare anche sull’appoggio di tanti uomini, non conosce barriere e sulla mappa, presentata dai media e dai canali social polacchi promotori dell’evento, spicca la Sardegna al centro del Mediterraneo.

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