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Schlein: “Servono salario minimo e separare prezzo energia dal gas. Così si aiutano le tasche degli italiani. Tra due anni al Governo difendendo lavoro, scuola, sanità e diritti. Ridiamo speranza al Paese”

di Redazione
14 Agosto 2025
in Italia & Mondo
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(Adnkronos) –  Segretaria Schlein, domani potrebbe essere un Ferragosto storico con il vertice tra il presidente americano Donald Trump e quello russo Vladimir Putin. Che cosa si aspetta?  

“Seguiamo con grande attenzione il vertice: se sarà un passo verso una pace giusta bene, ma servono garanzie concrete, non operazioni di facciata. A quel tavolo ci deve essere anche l’Ucraina, con accanto l’Unione europea. Non è immaginabile discutere di una pace giusta senza il popolo ingiustamente invaso. Non deve essere una resa alle ragioni dell’aggressore, e da questo punto di vista Trump non offre sufficienti garanzie. Per questo è importante che nel negoziato ci siano l’Ucraina e un’Unione europea unita e compatta, capace di far valere gli interessi di sicurezza ucraini ed europei”. 

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Quanto è grande il rischio che la Russia inganni gli Stati Uniti, come sostiene il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky?  

“La responsabilità dell’invasione criminale è di Putin. In questi ultimi tempi non ha mostrato la volontà di interrompere la guerra”.  

Si trova d’accordo con quanto sta facendo il governo italiano sul tema o andrebbe fatto altro?  

“È mancata, già prima dell’arrivo di Trump, un’iniziativa politica e diplomatica del governo italiano e, più in generale, dell’Unione europea, per creare le condizioni di una pace giusta alle condizioni degli ucraini. Oggi all’Italia spetta lavorare perché al tavolo siedano Ucraina e Ue con una voce sola e forte”. 

Veniamo all’agenda italiana: tra poco più di un mese si vota nelle Marche. Il ‘campo largo’ riuscirà a strappare la regione al centrodestra?  

“Corriamo ovunque per vincere. Nelle Marche c’è un forte desiderio di cambiamento: attorno alla candidatura di Matteo Ricci abbiamo costruito un progetto credibile e una coalizione forte e plurale, con sette liste. Vogliamo unire e parlare di soluzioni concrete. Il presidente Acquaroli, in linea con il governo Meloni, ha smantellato gradualmente la sanità pubblica: la regione spende 160 milioni per le migrazioni sanitarie; i marchigiani pagano due volte, con le tasse e con i viaggi per curarsi altrove. Aggiungo che, dopo l’impugnazione da parte del governo della legge toscana sul salario minimo negli appalti, Ricci e tutta la coalizione si impegnano ad approvare nelle Marche lo stesso provvedimento. Sarà un tema fondamentale in tutte le regionali”. 

Toscana e Calabria?  

“Ogni regione ha la sua specificità. In Toscana vogliamo difendere e innovare un modello di qualità e buon governo: cito le ultime leggi su turismo (anche sugli affitti brevi), consorzi industriali per prevenire la deindustrializzazione con protagonismo dei lavoratori (come alla Gkn) e fine vita, che purtroppo questo governo ha impugnato. Per questo vogliamo ricandidare Eugenio Giani, che ha lavorato bene e ha forte consenso. In Calabria il voto anticipato è stato un calcolo personale di Roberto Occhiuto, che ha ‘nasato’ l’aria e ha temuto di essere fatto fuori dai partiti che in teoria dovevano sostenerlo. Abbiamo fatto un primo incontro molto positivo tra le forze alternative alla destra, mettendo al centro sanità e infrastrutture, su cui l’attuale maggioranza di destra, come nel resto del Paese, ha peggiorato le cose”. 

Ma è vero che il campo largo funziona quando il nome lo scelgono i Cinque Stelle, come nel caso Todde, e invece gli elettori M5S non votano quando c’è un dem, vedi la sconfitta di Orlando?  

“Le alleanze funzionano quando si costruiscono su fiducia reciproca e rispetto delle differenze: conta un progetto comune, un programma condiviso e candidature credibili. La nostra capacità di costruire unità ha prodotto vittorie straordinarie con tutte le forze alternative alle destre: penso a Genova, Assisi e Ravenna, all’Emilia-Romagna con Michele de Pascale e all’Umbria con Stefania Proietti. Quando siamo uniti su candidature credibili e un programma condiviso, siamo competitivi e vinciamo”. 

Gliela formulo diversamente: lei si fida di Giuseppe Conte e Matteo Renzi?  

“Confido che tutti abbiano l’obiettivo di costruire un’alternativa a questo governo di destra, che fa male al Paese e alla sua credibilità internazionale. Con Conte e gli altri leader delle forze alternative alle destre abbiamo già trovato convergenze importanti; stiamo costruendo un percorso con pazienza e chiarezza. Questa coalizione esiste: ha vinto varie tornate elettorali recenti. Siamo già in campo in Veneto con Manildo e nelle Marche con Ricci; dall’altra parte, a parte gli uscenti, non hanno ancora candidati. Continueremo a lavorare “testardamente unitari” sui programmi, cercando convergenze concrete”. 

Nel centrodestra, intanto, si sta iniziando a lavorare a una nuova legge elettorale. È disponibile al confronto? Quali sono le proposte del Pd?  

“Non so se nel centrodestra stiano lavorando a una legge elettorale: lo apprendiamo dai giornali. Alle opposizioni non è pervenuta nessuna proposta concreta”. 

Passiamo ai temi principali della vostra piattaforma. Scuola: che giudizio date al pacchetto di Valditara fatto di 5 in condotta e bocciatura, esame di cittadinanza, e stop ai cellulari?  

“E’ un “approccio securitario”. Solo quello. Un governo che punta alla repressione e non alla prevenzione, come nel decreto sicurezza e anche sulla violenza di genere. La scuola deve educare alla cittadinanza e allo spirito critico; non migliora irrigidendo le regole o guardando a un passato che non c’è più. Servono investimenti: all’Aquila, anni dopo il sisma, molte scuole non sono a norma. Bisogna pagare di più gli insegnanti, tra i meno pagati d’Europa, e rendere gratuiti libri di testo, mense e trasporto pubblico locale”. 

Con quali coperture?  

“Con 500 milioni, in una manovra da 20 miliardi, si può fare. Invece hanno tagliato 6.000 docenti e approvato un dimensionamento che toglie autonomia alle aree più marginalizzate. La scuola è il primo luogo di emancipazione sociale e di pari opportunità per tutte e tutti”. 

Sanità: qual è la prima urgenza?  

“Sbloccare il tetto alle assunzioni di medici e infermieri per ridurre le liste d’attesa: un tetto, ricordiamolo, messo quando Meloni era al governo con Berlusconi e io studiavo all’Università. È una questione cruciale: chi ha soldi salta la coda nel privato e chi non li ha rinuncia a curarsi. Gli italiani che hanno rinunciato ad almeno una prestazione sono passati da 4,5 a 6 milioni tra 2023 e 2024. La destra vuole una sanità a misura di portafoglio; noi una sanità universalistica che curi tutte e tutti, come vuole la Costituzione”. 

L’occupazione è ai massimi storici da quando l’Istat la rileva: dov’è il problema?  

“I numeri vanno letti: c’è più occupazione, trainata soprattutto dal Pnrr che noi abbiamo ottenuto e che il governo ha rallentato. Dentro quei dati c’è però tanto lavoro precario, povero e sfruttato. Proponiamo un salario minimo legale in un Paese con salari tra i più bassi d’Europa: 9 euro lordi l’ora, soglia sotto cui non è lavoro ma sfruttamento. Esiste in 22 Paesi europei; in Germania, ricordo ad Antonio Tajani, lo introdusse Angela Merkel e ha innescato dinamiche positive sugli stipendi. Vogliamo incentivare i rinnovi contrattuali: 5 milioni di lavoratori li aspettano ancora e finora hanno recuperato solo una parte dell’inflazione. Proponiamo anche una legge contro il part-time forzato, che colpisce soprattutto le donne. E poi bisogna aumentare la sicurezza sul lavoro, più controlli e no ai subappalti a cascata”. 

Carovita: quali misure immediate per colmare il divario tra salari reali e potere d’acquisto?  

“Due interventi a costo zero. Primo, e non mi stancherò di ripeterlo, il salario minimo legale. Secondo: scollegare il prezzo dell’energia da quello del gas, come in Spagna e Portogallo, per dare sollievo a imprese e famiglie e restituire competitività: serve coraggio per cambiare un meccanismo che oggi garantisce extraprofitti a poche società energetiche a scapito del sistema produttivo. E mi lasci poi lanciare una proposta nuova”.  

Prego…  

“Credo che l’Italia dovrebbe seguire l’esempio francese e fare un grande accordo con la Grande distribuzione organizzata (Gdo) per garantire stabilità e controllo sull’andamento dei prezzi dei generi di prima necessità e sostenere il potere d’acquisto di tutti gli italiani. Hanno fatto un patto anti-inflazione con le aziende e inserito misure che assicurano prezzi adeguati ed evitano speculazioni. Un accordo strutturale, non una iniziativa episodica e propagandistica come il Carrello Tricolore proposto nel 2023 dal governo Meloni”. 

Andiamo in Europa. Il Green deal è in una fase di ripensamento: come rispettare la decarbonizzazione senza danneggiare industria e lavoro?  

“Con investimenti e risorse per accompagnare imprese – soprattutto piccole, medie e micro – e agricoltura nelle innovazioni di processo. Il costo dell’emergenza climatica è superiore a quello della conversione ecologica, che non deve essere pagata da chi ha già pagato le crisi”. 

Quindi?  

“Quindi serve proseguire con investimenti comuni europei: il NextGenerationEu deve diventare annuale e orientare un grande piano industriale che guidi transizione ecologica e digitale, rendendola conveniente per imprese e famiglie. L’economia circolare fa risparmiare e l’efficientamento energetico dimezza le bollette”. 

Sempre da Bruxelles, questo è l’anno dell’AI Act, il regolamento sull’intelligenza artificiale: come evitare che l’eccesso di regole penalizzi startup e pubblica amministrazione italiane rispetto a Usa e Cina?  

“Abbiamo sostenuto con convinzione la prima normativa al mondo che prova a regolare l’AI. Regolare non significa frenare l’innovazione, ma mettere limiti per tutelare i diritti delle persone ed evitare abusi, a partire dalla riservatezza dei dati. Insistiamo sulla dimensione europea: per stare al passo con Stati Uniti e Cina servono investimenti comuni. Proponiamo 800 miliardi l’anno di investimenti europei, pubblici e privati, orientati a un grande piano industriale dell’innovazione che guidi le transizioni digitale ed ecologica. Altrimenti, nei particolarismi nazionali, rischiamo di restare schiacciati: anche se l’Italia mettesse 100 miliardi, sarebbe poco rispetto a quanto investono Usa e Cina. Secondo investimenti europei su cui questo governo non si batte per non urtare i suoi alleati nazionalisti”.  

Dazi Usa: l’intesa raggiunta basta? Che cosa avrebbe fatto lei per limitare i danni?  

“Si può e si deve fare di più. I governi nazionalisti, incluso il nostro, hanno spinto per un approccio morbido rivelatosi fallimentare. Da quando c’è stato l’accordo con Trump, il governo non ha detto come intende aiutare imprese e famiglie: mesi fa parlava di un piano da 24 miliardi di cui non c’è più traccia. Questo accordo con gli Usa mi pare più una resa alle imposizioni americane: si prevedono 750 miliardi di investimenti europei negli Stati Uniti. Noi una cifra simile l’abbiamo ottenuta per l’Europa; i nazionalisti invece li stanno regalando a Trump. Torniamo al punto della domanda precedente: abbiamo bisogno di investimenti comuni, altrimenti non reggiamo la competizione con l’approccio aggressivo Usa e quello espansionistico cinese”.  

Su Gaza lei chiede l’immediato riconoscimento dello Stato di Palestina: quali sono le istituzioni che oggi sono in grado di gestire il governo e la sicurezza nella regione? Chi dovrebbe occuparsi della Striscia?  

“È evidente che non possa essere Hamas. C’è un’Autorità nazionale palestinese che va rafforzata ed è un interlocutore. Lo dicono anche le note congiunte dei ministri degli Esteri europei, compreso il nostro. Bisogna fermare i crimini del governo di estrema destra di Netanyahu a Gaza e in Cisgiordania: cessate il fuoco immediato, accesso degli aiuti umanitari, liberazione di tutti gli ostaggi israeliani, che Netanyahu ha trascurato per calcolo politico. Sosteniamo le voci di dissenso in Israele, le mobilitazioni di questi giorni contro il proposito criminale di occupare Gaza, fino allo sciopero generale lanciato dai familiari degli ostaggi. Occorre esercitare pressione con tutti gli strumenti: sanzioni per il governo Netanyahu e i suoi ministri, sospensione degli accordi di collaborazione Ue-Israele, stop al memorandum d’intesa militare tra i nostri due paesi. E riconoscere subito lo Stato di Palestina, come hanno fatto Spagna, Norvegia e Irlanda, e come hanno annunciato anche Francia e Regno Unito. È grave che Meloni dica che è “prematuro”: se aspettiamo, rischiamo non ci sia più niente da riconoscere, visto che i ministri di Netanyahu dichiarano apertamente l’obiettivo di cancellare Gaza e i palestinesi”. 

Però Hamas ha detto che il 7 ottobre è stato necessario per il riconoscimento della Palestina, non crede sia un pericolosissimo precedente cedere? Si può giustificare il terrorismo a fini politici?  

“Il terrorismo non si giustifica mai. Abbiamo condannato nettamente gli attentati di Hamas. Quanto avvenuto dopo non è autodifesa dai terroristi, ma punizione collettiva di un intero popolo, inaccettabile. Chiediamo il riconoscimento della Palestina perché è giusto e perché serve la prospettiva di due popoli e due Stati, che il governo israeliano e Hamas negano. Gli interlocutori in Palestina ci sono e non sono Hamas: il segnale va dato subito”. 

Se diventasse premier, che cosa farebbe delle strutture in Albania?  

“Il danno è stato fatto: va chiesto a Giorgia Meloni perché abbia fatto una scelta palesemente contro la normativa italiana ed europea. Lo avevamo segnalato e le sentenze lo hanno confermato. Quelle strutture violano i diritti fondamentali dei migranti e dei richiedenti asilo e sono uno spreco di risorse pubbliche: hanno speso 800 milioni per costruirle e poi dicono che non ci sono risorse per un piano straordinario di assunzioni di medici e infermieri. Meloni si assuma la responsabilità e chieda scusa agli italiani. La questione va risolta subito senza aspettare, altrimenti ce ne occuperemo noi quando andremo al governo”. 

Per andare al governo servono i voti degli italiani, tra due anni cosa dovrebbe spingerli a darvi fiducia?  

“Perché indichiamo una visione che ridà speranza al Paese. Non siamo condannati a un governo ideologico che riduce il sostegno a sanità, scuola e lavoro. Abbiamo cinque priorità che parlano alle condizioni materiali degli italiani: sanità pubblica; scuola, università e ricerca; lavoro dignitoso; politiche industriali per le grandi trasformazioni digitale ed ecologica; diritti civili e sociali, tra cui il diritto alla casa, con sempre più cittadini che non riescono a pagare gli affitti né ottenere un mutuo”. 

Sta riuscendo a convincerli?  

“Dall’inizio del mio mandato abbiamo riportato il Pd tra la gente, davanti a fabbriche e ospedali, ricostruendo fiducia con chi aveva smesso di votare. Abbiamo attraversato il Paese, anche le aree interne che la destra ha abbandonato, mentre Giorgia Meloni è rimasta chiusa nel palazzo. Le condizioni materiali degli italiani le trasformiamo in proposte: salario minimo, legge contro il part-time forzato, congedo paritario, sanità pubblica che loro smantellano. Non costruiamo una coalizione ‘contro’, ma per. Per le priorità dei giovani, schiacciati da precarietà e bassi salari; degli anziani, che vanno sostenuti da un welfare innovativo; delle imprese, che esportano grazie al loro lavoro di qualità ma hanno bisogno di una vera politica industriale per rilanciare la manifattura. Su questi punti abbiamo già costruito importanti convergenze con le forze alternative alla destra. A quel punto, sarà ancora più forte la sintonia ritrovata con gli elettori”. (di Davide Desario) 

Tags: adnkronoscronacaItaliapoliticaultimora
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