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Mutilazioni genitali femminili: cosa sono e perché vanno fermate

Cosa dice l’Oms, perché e dove vengono praticate, quali sono le loro conseguenze? Tutto quello che c’è da sapere su un fenomeno che, secondo l’UNICEF, è ancora in crescita

di Erica Lucia Noli
13 Luglio 2022
in Italia & Mondo
🕓 3 MINUTI DI LETTURA
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Mutilazioni genitali femminili. ? Depositphotos

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Non si tratta purtroppo di un’usanza superata, le mutilazioni genitali femminili sono praticate ancora oggi e non in pochi casi isolati: in Africa, secondo l’ultimo rapporto diffuso il mese scorso dall’UNICEF, sono circa 140 milioni le bambine e le giovani donne sottoposte a questo orrore. Ma cosa sono le mutilazioni genitali?

Circoncisione femminile, clitoridectomia, infibulazione, escissione, taglio genitale, sono solo alcuni dei nomi che si possono usare per far riferimento allo stesso fenomeno: quello delle mutilazioni genitali femminili. La pratica consiste nella brutale mutilazione degli organi genitali esterni di giovani donne, per lo più bambine (dai pochi giorni di vita ai quindici anni), per mantenerle “pure”. Usanze atroci e arcaiche di cui è difficile ricostruire l’esatta origine a causa della molteplicità delle forme e dell’ampia diffusione geografica. Si sa però che si tratta di tradizioni molto diffuse sia in Africa che in alcuni Paesi Medio Oriente e che con i flussi migratori si stanno propagando anche nei Paesi occidentali.

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L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) le definisce come “tutte le procedure che includono la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o altre lesioni agli organi genitali femminili per ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche”. Ne identifica quattro categorie: l’infibulazione, l’escissione, la clitoridectomia e tutte le altre pratiche nocive per gli organi genitali femminili eseguite per fini non terapeutici come incisioni, punture e perforazioni.

Il problema di tale pratica non è solo etico, ma riguarda soprattutto la salute di donne e bambine. Infatti, le operazioni non vengono svolte da medici, ma da donne prive di qualsiasi conoscenza in ambito medico. Di solito ad amputare i genitali delle bambine sono le persone del posto, levatrici o donne anziane dei villaggi che eseguono la pratica in condizioni igieniche scarse o addirittura inesistenti. Inoltre, non viene effettuata anestesia e vengono utilizzati strumenti del tutto rudimentali come vetri rotti, pietre appuntite, coltelli, forbici, rasoi.

Le conseguenze per le vittime sono sia di tipo fisico che psicologico. Oltre al dolore disumano causato dalla lacerazione e la perdita di sangue durante la pratica, possono provocare alla donna delle emorragie e persino portare alla morte. Inoltre, l’utilizzo degli strumenti non sterilizzati favorisce la diffusione del virus dell’Hiv e causa l’insorgere di infezioni alla zona genitale e alle vie urinarie. Possono anche determinare problemi nel periodo delle mestruazioni, dolore durante i rapporti sessuali, calcoli, difficoltà ad urinare e complicanze al momento del parto. Dal punto di vista psicologico, la violenza subita crea un trauma profondo nelle bambine, portandole a vivere in una condizione di forte paura e angoscia.

Le mutilazioni genitali femminili nascondono spiegazioni culturali e sociali. Secondo le tradizioni, mutilare una bambina serve a definire la sua identità di donna. Essere mutilata significa essere accettata dalla società e non esserlo rappresenterebbe venire emarginate per tutta la vita. Una donna mutilata ha una bellezza maggiore rispetto a una donna “integra” che è invece considerata “impura”. Le donne che hanno subito la pratica continuano a sottoporvi le figlie proprio per garantire loro un futuro.

L’usanza rappresenta anche un mezzo di sottomissione femminile. È un modo per controllare la donna, la sua sessualità e impedirne la libertà. Eliminando in questo modo qualsiasi forma di piacere sessuale, la donna non avrà desiderio e resterà fedele al marito. Questo si basa sull’assurdo principio secondo cui la donna non deve provare alcun piacere durante l’atto sessuale perché concepito solo come strumento di riproduzione e di soddisfazione per l’uomo.

La mutilazione genitale femminile è a tutti gli effetti una violazione della donna e dei diritti umani. Si tratta di una violazione del diritto alla libertà, alla vita, alla sicurezza personale, alla salute e all’integrità fisica. È anche violazione del diritto a non essere sottoposti a trattamenti disumani, a non subire violenze e alla non discriminazione. Tutti diritti affermati da Carte internazionali.

Negli ultimi anni sono stati fatti alcuni tentativi per bloccare o almeno far regredire il fenomeno, ma le mutilazioni sono una pratica brutale che viene eseguita ancora anche in Italia nonostante la legge n. 7 del 2006 la vieti espressamente. Secondo i dati, infatti, sono circa 80mila le donne che hanno subito l’infibulazione e il numero è tristemente destinato ad aumentare. Riuscire ad abolire il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili sarebbe un grande passo avanti verso la tutela delle donne e dei loro diritti fondamentali.

Tags: Africadonnemutilazioni genitaliOmsUNICEF
Erica Lucia Noli

Erica Lucia Noli

Nasce nel 1992 a Cagliari, città che ama e in cui vive. Laureata in Comunicazione e laureanda magistrale in Giornalismo all'Università Sapienza di Roma, aspira a diventare giornalista da quando è poco più che bambina. Si definisce una curiosa e attenta esploratrice del mondo.

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Le sue origini risalgono all’età nuragica, come testimonia un piccolo bronzetto custodito al Museo Archeologico di Cagliari, che riproduce un cofanetto su ruote, antesignano della cassapanca sarda. 
✨ Realizzata in legno di castagno, noce o rovere, finemente intagliata e decorata con motivi simbolici come la pavoncella o il sole, sa cascia� è oggi un ponte tra passato e presente. Un capolavoro che racconta la storia, l’identità e l’arte di un’isola in cui la tradizione continua a vivere nel segno dell’eleganza. 
📰 Leggi l’articolo completo di Raffaella Piras su SHmag.it  📷 Sardegna Artigianato |  Pierluigi Dessì Confinivisivi
  • 🎶 Pochi generi musicali hanno rappresentato così bene un’epoca come il Concerto Grosso, nato tra XVII e XVIII secolo e fondato sul dialogo tra solisti e orchestra. Ma la sua storia non si è esaurita con il Barocco: nei secoli successivi ha conosciuto sorprendenti rinascite, contaminazioni e reinvenzioni, arrivando persino a intrecciarsi con il rock. 
🎭 È proprio a questa straordinaria vitalità che la Cooperativa @teatroeomusica dedica la nuova edizione dei Salotti culturali del Teatro Verdi di Sassari. Quattro appuntamenti, dal 9 ottobre al 5 novembre, porteranno sul palco capolavori di Corelli, Stradella, Bach, Händel, fino alle riletture di Bloch, Bacalov e Schnittke, mostrando come un genere nato più di tre secoli fa riesca ancora a parlare al presente. 
Ogni concerto sarà introdotto da autorevoli voci della critica musicale – Andrea Ivaldi, Antonio Ligios, Maurizio Salvi e Sandro Cappelletto – che guideranno il pubblico nell’ascolto, insieme alla Teatro Verdi Chamber Orchestra e agli ospiti solisti. 🎻 
📰 Scopri di più sulla rassegna, tutti i dettagli sono nell’articolo completo su SHmag.it
  • 🦉🌙 Tra rapace notturno e strega, “Sa Stria” attraversa i secoli della tradizione sarda con un profilo ambiguo: presagi, cure popolari, paure collettive e un lessico di gesti codificati nel tempo. 
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🧵☕️ Attorno a lei ruotano diagnosi e protezioni: la “Sa Striadura”, il filo da imbastire che confronta apertura delle braccia e statura, le piume ridotte in cenere mescolate al caffè, il fumo che accenna una croce sul malato all’ultimo quarto di luna. 🌘 
🌸 Tra Gallura e Sassarese, la leggenda converge sulla donna-strega: unguenti di peonia, trance, metamorfosi, voli notturni che traducono l’inspiegabile in rito e linguaggio condiviso, tra brebus e antiche paure del malocchio. 🧿 
Un mosaico di mistero e memoria, dove la comunità tenta di ordinare l’ignoto con narrazioni, simboli e piccoli gesti apotropaici. Ce ne parla Chiara Medinas: l’articolo completo continua sul nostro sito web SHmag.it 👆🏻
  • 🌊 La Gallura torna protagonista mondiale del nuoto in acque libere! Per la terza volta consecutiva, Golfo Aranci ospita la Coppa del Mondo, organizzata da Acquatic Team Freedom in collaborazione con FIN Sardegna. Atleti da tutto il mondo sfideranno resistenza e tecnica in gare di 10 km, staffette e knockout, con paesaggi naturali mozzafiato e la fauna marina ad accompagnarli. 🏊‍♂️✨ 
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Scopri tutti i dettagli e le storie dietro questa grande manifestazione sul nostro sito ➡️ SHmag.it
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👩‍🏫👨‍🎓 Cuore pulsante del museo è l’attività didattica rivolta alle scuole. Un ricco calendario di laboratori trasforma gli studenti in protagonisti: dallo scavo simulato alle tecniche paleolitiche, dalla manipolazione dell’argilla alla tessitura, fino alla gamification con Escape MAP e giochi interattivi. Ogni esperienza diventa così un ponte tra passato e presente, capace di unire studio e divertimento. 
📸 Oltre alle esposizioni permanenti, il @map_perfugas ospita due mostre fotografiche: “La Sardegna oltre al mare” di @aless_arda e @fabrizio_bibi_pinna, e “Preziose Architetture del Paesaggio a bassissima entropia” di Giovanni Andrea Paggiolu. Racconti visivi che arricchiscono lo sguardo sul territorio e i suoi paesaggi. 
Un museo che non si limita a custodire la memoria, ma la rende viva e condivisa. 👉🏻 L’articolo completo su SHmag.it approfondisce tutte le attività e i progetti in corso.
  • 🌍 Nel cuore di Bari Sardo c’è un luogo dove arte, memoria e comunità si incontrano: il MAB – Centro d’Arte Contemporanea, nato nel 2024 e già punto di riferimento in Ogliastra. Qui la ricerca dialoga con il territorio, tra pratiche partecipative, linguaggi digitali e una rete di relazioni che unisce locale e globale. 
🖼 Dopo un anno di mostre e incontri – dalla fiber art di “Intricato” alla retrospettiva “Michele Mulas. Ritorno a Gardalis”, passando per “CIBARTI” e “Orizzonti – Impressioni dall’isola” – il @mabcentroarte presenta “Archeologia del presente – Corpo, materia, memoria”. Un percorso collettivo che intreccia scultura, pittura, fotografia e digitale per sondare i segni arcaici che abitano il contemporaneo: ferro, pietra, legno e cenere diventano tracce vive, mentre il digitale trasforma l’eredità in visione. 
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Scopri di più e leggi l’articolo completo su SHmag.it
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