Cagliari è una città dalle mille sorprese. A seconda della prospettiva in cui la si guarda si può conoscere la sua architettura, scoprire i caratteri degli stranieri che l’hanno dominata, vivere le sue leggende, scorgere i suoi fantasmi. La storia cagliaritana alternativa che vogliamo raccontare parte dal vecchio quartiere di Castello.
In passato animata dai traffici politici e amministrativi, Piazza Palazzo (o Plaza Mayor) ospita il Palazzo Viceregio, la Cattedrale di Santa Maria e l’ex Municipio. I monumenti impreziosiscono quella che fu dal tredicesimo secolo fino a parte del ‘900 la sede privilegiata della vita pubblica e religiosa dei cagliaritani e dei loro dominatori stranieri.
Al di sotto della Plaza Mayor sorge la piccola Piazza Carlo Alberto (o Plazuela) uno spazio in basso, opposto alla vita dell’alto, riservato alle esecuzioni dei nobili condannati a morte. Il vivace quartiere sorge su un colle e il suo sottosuolo può essere immaginato come un groviglio di gallerie naturali, cisterne e grotte. Una leggenda racconta che questi tunnel sotterranei siano abitati da una coppia di fantasmi: il “decapitato” Marchese di Cea e la Marchesina Clelia Denonnis.
La storia del Marchese di Cea (Jacopo di Castelvì), partecipante alla rivolta nobiliare del 1668, è segnata dalla delusione politica e dalla vendetta. Con la dominazione spagnola crebbe il malcontento della nobiltà sarda e si radunò attorno alla carismatica figura del Marchese di Laconi e al vigoroso Marchese di Cea un gruppo di ribelli desideroso di una maggior partecipazione dei nobili isolani alla vita politica. Il Marchese di Laconi fu assassinato in un agguato teso dal Viceré spagnolo Camarassa nei pressi di via La Marmora, di fronte alla Plazuela. I ribelli si vendicarono uccidendo lo straniero.
Dalla Spagna giunse immediatamente un nuovo reggente per punire i colpevoli dell’insurrezione, nel frattempo fuggiti da Cagliari attraverso i cunicoli sotterranei. Partì la caccia agli uomini. I dissidenti furono trovati e uccisi, mentre il Castelvì fu condotto a Cagliari e giustiziato per decapitazione nell’attuale Piazza Carlo Alberto. La sua testa fu appesa come monito sulla Torre dell’Elefante.
Secondo alcuni macabri racconti il Marchese si aggirerebbe tuttora senza testa tra le sottovie segrete di Castello, accompagnato, poiché incapace di parlare, dal fantasma di Clelia Denonnis, pronta a narrare le vicissitudini di entrambi.
La giovane fu simbolo dell’ingiustizia delle regole di classe: innamoratasi di un suo pari, tradì le aspettative del malvagio padre che per lei aveva previsto un matrimonio più vantaggioso. Clelia fu punita e rinchiusa in un tugurio del suo palazzo in via La Marmora. Dal dolore, si lasciò morire di fame: per coprire l’odore del cibo avariato che il padre-carceriere le offriva era solita spruzzare il suo profumo preferito alla violetta. Si racconta che la visita dei due sfortunati spiriti nella superficie di via La Marmora sia annunciato da un intenso olezzo di viola.

Un’altra storia misteriosa aleggia tra le vie storiche cagliaritane, quella della vendicativa Violante Carroz. La vita della Contessa fu segnata dalla sfarzosa giovinezza nel Castello di San Michele, ma anche dalla presenza ostinata della morte che si portò via prematuramente i suoi figli e i suoi sposi. Violante, distrutta dagli eventi ed educata nel capriccio, prima feudataria donna in un mondo dominato da uomini, diventò presto una donna sanguinaria.
Nel 1508 fece impiccare il prete Giovanni Castangia, esponendo il suo corpo penzolante sulla torre del Castello di San Michele: un avviso per coloro che avessero osato sfidarla. Questo gesto – le cui ragioni sono tuttora sconosciute – attirò sulla donna l’astio del popolo e della Chiesa.
La Carroz passò il resto della sua vita in una umile cella del Convento di Stampace, nell’attuale via Mameli. Forse pentita dell’omicidio commesso, morì nel 1511 e fu probabilmente sepolta all’esterno della chiesa che l’aveva accolta. Alcuni testimoni raccontano delle frequenti visite del suo dispettoso fantasma, intento a raggelare l’aria e a frantumare bicchieri tra il giardino del Castello di San Michele e i locali di via Mameli.