Le rocce che caratterizzano il paesaggio sardo hanno da sempre destato la fantasia del popolo, che ha spesso riconosciuto in esse varie forme riconducibili a leggende della tradizione orale. Frequenti sono le storie di pietrificazioni, come punizioni divine, sia per offese alla divinità o ai santi ma soprattutto per il rifiuto di soccorso o carità verso poveri o afflitti.
Sono numerose, infatti, le leggende che narrano di castighi agli avari e agli invidiosi proprio per aver negato assistenza al prossimo. Si suppone che la proverbiale fratellanza dei pastori sardi, come “Sa Paradura” nella quale uno o più capi del gregge vengono dati in dono a chi è colpito da una calamità, sia dovuta proprio all’insegnamento legato a queste leggende.
È Cristo stesso a giudicare l’opera degli uomini assumendo le sembianze del pellegrino, premiando o punendo a seconda del comportamento. La punizione è sempre feroce: le ricchezze o i possedimenti vengono resi inutilizzabili: il terreno diventa sterile o tutto viene trasformato in pietra.
Le pietrificazioni divine sono molteplici nell’intero territorio, a Sedilo è presente il monolite di una donna che aveva osato ridere durante l’Ardia; in Ogliastra “Sa Nai Ammarmurada” (la nave impietrita) oggi nota come “Sa Perda de S’Aquila”, uno scoglio che rappresenta una nave corsara che ha profanato, riducendola in pezzi, la statua della Madonna frutto del saccheggio.
Diversi poi sono gli amanti pietrificati per rapporti illeciti, come a Monte Ruju, presso Castelsardo, dove due massi ricordano coloro che si ribellarono al comandamento verso l’ordine religioso. Particolari sono le rocce che si incontrano lungo la ferrovia tra Monti e Tempio, che da lontano ricordano un villaggio in rovina ma che da vicino sembrano un gregge col pastore, dei cani ringhiosi, giganti supini, elefanti e leoni o castelli misteriosi.
Un esempio emblematico dell’avaro, di cui restano numerose tracce in Sardegna, è Lucia Rabbiosa, nota anche come Luxia Arrabiosa, Giorgia rabbiosa o Orgia rajosa a seconda della località. Si narra che appartenesse alla razza dei Gentili, costruttori di nuraghi, e avesse proporzioni gigantesche con mammelle colossali che si ripiegava dietro le spalle. Il marito, anch’esso gigantesco, Antoni Craccassoi, aveva occhi tanto smisurati da doverli aprire con due tenaglie.
Godevano di immense ricchezze, possedimenti terrieri e bestiame che governavano dall’alto della loro abitazione, un enorme nuraghe, nel quale nascondevano mille giare d’olio e altre mille zeppe di grano, ma Lucia era tanto bella e ricca quanto cattiva.
La notte ella filava e il giorno dormiva. A vegliare sulle ricchezze, durante il suo riposo, pensava un fuso fatato che girava vorticosamente intorno ai terreni, sibilando all’avvicinarsi di qualsiasi estraneo. Erano tempi abbastanza difficili e così tante ricchezze costituivano una grande fonte di invidia.
La leggenda racconta che i due peccassero di avarizia, che scacciassero chiunque chiedeva loro aiuto e negavano anche un minimo di grano per poter panificare. Lucia reagiva sempre con immensa cattiveria nei confronti di qualsiasi richiesta e, a questo punto, compaiono diverse versioni della sua storia.
Nella zona di Monte Manai, si racconta che il popolo esasperato dalla fame decidesse di tanto in tanto di compiere qualche furto sino a che Lucia, allertata dal fuso, comandò ad esso di gettare nel fuoco un malcapitato, sorpreso a rubare melograni. Il povero sfortunato, però, all’ultimo riuscì a ribellarsi facendo finire lo stesso fuso nel forno. Lucia affranta dal dolore per quella perdita, si trasformò in cicala continuando a frinire tutt’oggi intorno al suo nuraghe.
Ma la versione più accreditata è che un giorno il Signore, vedendoli negare l’elemosina a un povero frate, decise di punirli tramutando in pietra loro e tutte le loro ricchezze. Ne è testimonianza, nei pressi di Esterzili “Sa Domu de Orgia Rajosa” (la loro abitazione), ad Arbus la tavola di Lucia Rabbiosa, ad Ales il suo telaio e la pala per infornare il pane, ad Alà dei Sardi “Sa Pedra de Lughia Rajosa”, sino ad arrivare a Villaperuccio dove Luxia Arrabiosa pietrificata si mostra in persona in un maestoso menhir di quasi sei metri di altezza, che lo rende il secondo menhir più alto nell’isola.
Collinas, “La roccia delle impronte”, Nuraghe Concali. 📷 Nicola Castangia
A Morgongiori, nell’oristanese, una terza versione vede Lucia un po’ fata e un po’ strega. Tutti i giorni ella si recava a cuocere il pane passando accanto a una grotta, dimora di un fauno. Innamoratosi di lei, trovava però sempre il suo rifiuto, sino a che la donna, reagendo a un tentativo di violenza, lo trafisse con un lungo bastone provocandone la morte. Tutto intorno, immediatamente, si fece pietra: il bastone, il forno, il pane e persino il fauno dando origine al complesso di menhir “Su Frucoi de Luxia Arrabiosa” (il forcone).
Un mistero, invece, avvolge il nuraghe di Monte Concali, a Collinas: segni di zoccoli nella roccia. Si dice che appartengano a Luxia Arrà, abbreviazione di Arrabiosa, che qui veniva a riposare mentre si recava a Morgongiori. Lucia, descritta come mezza bestia e mezza donna, usava quelle pietre come slancio per raggiungere la vallata, prendendo il volo sorretta dal forte vento che caratterizza la zona. Questa è la versione di Lucia più particolare e più vicina al diavolo (il cavallo era una delle sue forme) e non a caso, è proprio in questa vallata, che unisce le due aree, che è presente quello che dovrebbe essere il suo forcone pietrificato (altro simbolo del diavolo).