Alle porte di Sorso, in località Geridu, si avvia alla conclusione la prima campagna di scavo del 2025, un progetto archeologico che rappresenta una tappa significativa nella rilettura del Medioevo rurale della Sardegna. Le attività sul campo sono frutto di un accordo tra la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Sassari e Nuoro, l’Università di Sassari e l’amministrazione comunale di Sorso, che da decenni collaborano alla valorizzazione e alla ricerca sul sito.
L’area archeologica di Geridu, oggi uno dei luoghi più studiati dell’archeologia medievale sarda, ha restituito importanti testimonianze materiali che permettono di tracciare la vita della comunità locale tra l’anno Mille e il Trecento. Gli scavi hanno interessato in particolare le abitazioni incendiate attorno al 1350, ma anche livelli più antichi, con strutture risalenti al 1200 e tracce di insediamento databili tra il 1000 e il 1100. Tra i reperti emersi, spiccano ceramiche di provenienza siciliana e tunisina, che testimoniano scambi commerciali a lungo raggio e un’economia aperta verso l’esterno, paragonabile a quella delle élite mercantili di Pisa e Genova.
Durante la presentazione dei risultati, tenutasi direttamente sul sito, il professor Marco Milanese, ordinario di Archeologia all’Università di Sassari, ha illustrato le novità emerse dalle ultime campagne di indagine, sottolineando come Geridu sia oggi il principale laboratorio per lo studio del Medioevo rurale in Sardegna. A emergere, oltre ai reperti legati alla vita quotidiana, sono stati anche elementi architettonici di rilievo. Dopo anni di scavi sulla fase trecentesca del villaggio, è stato portato alla luce per la prima volta il nucleo della villa giudicale, testimoniando la complessa stratificazione storica e politica dell’area.
Particolarmente significativi anche i risultati ottenuti nell’area dell’antica chiesa parrocchiale di Sant’Andrìa, costruita intorno al 1330 in stile gotico-catalano. Gli scavi hanno permesso di identificare parti dell’edificio romanico precedente, risalente all’XI secolo e appartenente alla fase giudicale del villaggio. La sostituzione del vecchio luogo di culto con una nuova struttura monumentale rientrava nella volontà della feudalità aragonese di imprimere un segno visibile della propria presenza sul territorio, in un’epoca in cui Geridu contava oltre 1500 abitanti.
Il valore del sito è stato rimarcato anche dal sindaco di Sorso, Fabrizio Demelas, che ha evidenziato il ruolo centrale del Comune nelle attività di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico locale. In questo contesto, sono previsti a breve nuovi interventi per migliorare l’accessibilità e la fruizione non solo del sito di Geridu, ma anche di altri luoghi di interesse come la Villa romana di Santa Filitica e il Pozzo Sacro nuragico di Serra Niedda.
La Soprintendente per Sassari e Nuoro, Isabella Fera, ha ribadito l’importanza della sinergia tra enti pubblici e accademia, un rapporto consolidato già dagli anni Novanta e recentemente formalizzato con il rinnovo dell’accordo nel 2023. Questa collaborazione non solo ha consentito l’avanzamento delle ricerche, ma ha trasformato Geridu in un contesto di formazione per studenti e giovani archeologi, favorendo lo sviluppo di nuove competenze e una maggiore consapevolezza del valore del patrimonio.
A sottolineare l’impatto culturale del progetto è intervenuta anche l’archeologa Gabriella Gasperetti, funzionaria della Soprintendenza, che ha ricordato come le scoperte di Geridu abbiano contribuito alla realizzazione del Museo Biddas, ospitato nel Palazzo Baronale di Sorso. Il museo, premiato nel 2013 per l’innovazione nella comunicazione del Medioevo, propone un percorso didattico centrato su Geridu, ma capace di raccontare anche le dinamiche comuni a molti villaggi abbandonati della Sardegna.
Le attività in corso e i risultati raggiunti confermano l’importanza del sito come chiave di lettura per superare vecchi stereotipi sulla vita nelle campagne medievali dell’isola. In un contesto di collaborazione consolidata, le istituzioni auspicano ora un ulteriore sostegno da parte della Regione per garantire la continuità di un lavoro che, attraverso l’archeologia, contribuisce in modo concreto alla conoscenza e alla valorizzazione del territorio.
