Si alza il sipario su “Libertà d’Espressione” 2021 – la stagione organizzata dal Teatro Tragodia con la direzione artistica di Virginia Garau a La Fabbrica delle Gazzose di Mogoro: dieci titoli in cartellone dal 27 marzo al 9 maggio tra ironia e dramma, musica e poesia. Sotto i riflettori artisti e compagnie di spicco della scena isolana, per un’edizione speciale – in tempo di pandemia – in cui spettacoli e concerti, realizzati nel rispetto delle norme anti-Covid e delle distanze di sicurezza – saranno proposti (anche) in streaming.
Sfumata l’ipotesi della riapertura dei teatri in occasione della Giornata Mondiale del Teatro – con il passaggio della Sardegna in zona arancione – l’inaugurazione con “Just Forever (semplicemente per sempre)”– nuova produzione del Teatro Tragodia, con drammaturgia e regia di Virginia Garau e Siparietti Finali dei Quadri a cura di Marco Nateri – diventa virtuale. La scoppiettante commedia che racconta ottant’anni di storia e storie del Belpaese, tra evoluzioni del costume e emancipazione femminile – dopo le anteprime dall’8 al 12 marzo – debutterà sabato 27 marzo alle 19:00 (in replica domenica 28 marzo sempre alle 19:00) sul palco de La Fabbrica delle Gazzose di Mogoro. In scena Nigeria Floris, Daniela Melis, Caterina Peddis e Carmen Porcu rappresentano una sorta di “gineceo impazzito” alle prese con l’organizzazione di una festa di nozze: intorno all’invisibile sposina, ruotano una madre spregiudicata e libertina, una nonna disincantata, una zia zitella e timorata di Dio, ma con qualche scheletro nell’armadio e un’amica zitella rosa dall’invidia, per un viaggio nell’universo femminile tra rivalità e discussioni alla vigilia de “il giorno più bello”.
“Libertà d’Espressione” 2021 prosegue –sabato 10 e domenica 11 aprile alle 19:00 – con “Piriciò est Dottori Sì o No?” del Teatro Tragodia, originale riscrittura de “Le Médecin malgré lui” (ovvero “Il Medico per forza”) di Molière, con drammaturgia e regia di Virginia Garau. La commedia, interpretata da Caterina Peddis, Carmen Porcu, Daniela Melis, Nigeria Floris, Ulisse Sebis e Gino Betteghella, racconta della maliziosa “vendetta” escogitata da una moglie nei confronti del marito, per punirlo dopo anni di maltrattamenti e indifferenza. La donna inganna i servitori di una ricca dama in cerca di un medico valente, persuadendoli che quel tal Piriciò (il suo ignaro consorte) sia nientemeno che un luminare, ma possa esser persuaso a dar prova della sua scienza solo a forza di botte. In un susseguirsi di situazioni esilaranti e gags il neodottore dispenserà cure miracolose con effetti sorprendenti, finché tutto (o quasi) si risolverà nell’atteso lieto fine.
S’intitola “Fashion Victims” la pièce di Giovanni Follesa, tratta dall’omonimo “pamphlet” scritto insieme a Fabrizio Demaria, in programma sabato 17 aprile alle 19:00 nell’allestimento del Teatro d’Inverno, con un istrionico Giuseppe Ligios, per la regia di Sonia Borsato. Una riflessione sul “tempo sospeso” dell’odierna pandemia, sull’affiorare delle segrete fragilità dietro le apparenze e sul cambiamento delle abitudini e perfino del modo di pensare di fronte all’idea di una fine imminente, sviluppata in quattro monologhi – quattro “autoritratti” tra nevrosi e ossessioni del quotidiano. Il raffinato dandy che prepara accuratamente abito e accessori per la sua elegante uscita di scena, la parrucchiera dei vips che insegue il suo sogno fin da quando giocava con le bambole, la rigida impiegata dell’agenzia delle entrate e infine un “sopravvissuto” al Covid che ha scelto di isolarsi dal mondo sono gli (anti)eroi di un’amara commedia sul presente.
Cronache di un’insurrezione in “Su Connottu” de Il Crogiuolo – domenica 18 aprile alle 19:00 – con Rita Atzeri, Maria Grazia Bodio, Isella Orchis e Gisella Vacca che danno voce ai protagonisti, in una versione squisitamente al femminile dello storico spettacolo del Teatro di Sardegna. Una mise en espace del dramma del poeta e romanziere nuorese Romano Ruju, impreziosito dalle ballate di Francesco Masala e riscritto per la scena dal regista Gianfranco Mazzoni, per una rievocazione della rivolta capeggiata da Paskedda Zau, al secolo Pasqua Selis Zau, che diede impulso e slancio alla protesta popolare contro le conseguenze nefaste dell’Editto delle Chiudende. La privatizzazione delle terre tradizionalmente destinate all’uso civico sottraeva ai più indigenti una necessaria fonte di sostentamento, in favore delle classi più abbienti, che disponevano del denaro per l’acquisto, donde la richiesta di ritornare al passato, a “su connotu”.
Un ritratto di famiglia a tinte noir in “Volevo vedere il cielo” di Massimo Carlotto – sabato 24 aprile alle 19:00 – con un’intensa Miana Merisi in scena con Francesca Cara per la regia di Maria Assunta Calvisi: lo spettacolo de L’Effimero Meraviglioso mostra uno spaccato del degrado materiale e morale delle periferie metropolitane. Il miraggio del successo sulla ribalta televisiva come antidoto all’infelicità si insinua come un veleno, rendendo ancora più complicato il rapporto tra madre e figlia, imprigionate nella miseria e nello squallore. Il riflesso livido del piccolo schermo invade la quotidianità, nutre l’ambizione e la voglia di riscatto, mostra la finzione di un’esistenza comoda e senza pensieri, rappresenta un’ipotetica e probabilmente illusoria via di fuga. Sui sogni infranti si rovescia un’ondata di amarezza e di dolore, le tensioni sotterranee, i rancori e i rimorsi confluiscono in un’esplosione, fino a toccare il punto di non ritorno, in una tragedia contemporanea.
Tra parole e note – domenica 25 aprile alle 19:00 – con “ArRaund Casteddu” del Bocheteatro, per un viaggio nella scrittura immaginifica di Sergio Atzeni attraverso la sintesi dei racconti, dove si mescolano e confondono elementi autobiografici e fantastici, e trame e personaggi vibrano nella luce mediterranea della “città bianca”. Sul palco Giovanni Carroni, che ha curato la scelta dei testi, propone il suo personale omaggio a uno degli autori più significativi della letteratura sarda del Novecento, grande “affabulatore” «con la passione per il paradosso e la provocazione, con lo sguardo ironico di chi ha vissuto l’euforia e il disincanto delle scelte controcorrente». Un recital che restituisce le voci e i suoni del capoluogo dell’Isola, le atmosfere e i profumi in cui immergersi alla scoperta di una “umanità perduta”, con le musiche originali composte e suonate da Gianpaolo Selloni e Pierluigi Manca per riscoprire il gusto della narrazione e dell’ascolto.
Vite da artisti nel Terzo Reich – sabato 1 maggio alle 19:00 – con “L’Ultima Risata” di Abaco Teatro, sul destino de “I comici cabarettisti ebrei dai palcoscenici tedeschi ai campi di concentramento”, in un’accurata ricostruzione storica attraverso documenti e lettere, sketches e canzoni, nell’interpretazione di Rosalba Piras e Tiziano Polese. Focus sul mondo del kabarett dove si mescolavano satira politica e trasgressione, pungente umorismo, provocazioni intellettuali e divertimento – specialmente durante la Repubblica di Weimar, prima dell’avvento del nazismo. Tra i nomi di spicco, molti artisti di origine ebraica che scontarono duramente le sapide critiche al regime: emarginati e esclusi dai set e dai teatri, costretti alla fuga e all’esilio oppure internati nei lager, furono tra le vittime della Shoah. “L’Ultima Risata” intreccia ricordi personali e frammenti di spettacoli, per un tributo ai protagonisti della gloriosa stagione del kabarett.
Nei territori della Black Music – domenica 2 maggio alle 19:00 – con il concerto de The Rocies (produzione Palazzo d’Inverno), l’ensemble della cantante cubana Anabel Rodriguez Roche (Vocal & Guiro) che schiera Andrea Sanna alle tastiere, Nicola “Ninu” Vacca alle percussioni e Stefano Casti al basso e sequencer. Un repertorio che spazia tra Jazz e Funk fino alle sfumature del Latin Jazz, con canzoni originali in “spanglish”, lingua “meticcia” in cui si mescolano spagnolo e inglese, su temi attuali come l’integrazione e il dialogo tra popoli e culture. Fra tradizione e innovazione, The Rocies fondono ricerca e sperimentazione artistica e attenzione alle questioni cruciali del presente e al comune sentire, per tradurre in melodie accattivanti e ritmi travolgenti le riflessioni intorno alla moderna società multietnica. Una cifra raffinata e sonorità contemporanee si sposano all’impegno per trasmettere attraverso la musica un messaggio di armonia e bellezza.
Viaggio nella Sardegna del Novecento – sabato 8 maggio alle 19:00 – con “Baroni in Laguna / Appunti sul medioevo in un angolo d’Italia a metà del XX secolo” del Teatro del Segno, liberamente tratto dal saggio-inchiesta di Giuseppe Fiori con adattamento e regia di Stefano Ledda, anche protagonista sulla scena sulle note della chitarra di Andrea Congia e del sax di Juri Deidda. Il racconto avvincente della rivolta dei pescatori di Cabras contro i soprusi di un sistema feudale, con la progressiva presa di coscienza dei propri diritti e la fine degli antichi privilegi, si sposa alle immagini dello stagno, agli sguardi, i volti, i gesti e le voci di donne, uomini e ragazzi – vivide testimonianze di un’epoca non troppo lontana. Un fatto di cronaca risveglia l’interesse del giornalista e scrittore verso una società arcaica, dove i principi della democrazia e perfino le leggi stentano ad affermarsi, mentre persiste il contrasto tra aristocrazia e “popolo”, ricchezza e povertà.
Finale in musica – domenica 9 maggio alle 19:00 – con “Edith, la voce dell’anima” di OfficinAcustica: un poetico ritratto tra parole e note di Edith Piaf, artista dallo straordinario talento, icona della chanson francese. Tra melodie indimenticabili, i dettagli di una vita travagliata, dall’infanzia con la nonna materna prima, poi con la nonna paterna, la malattia e la guarigione, gli esordi come artista di strada, le prime scritture, il successo in Europa e oltreoceano, per un omaggio alla celebre cantante, l’usignolo dalla voce “insanguinata”. Sotto i riflettori l’attrice e cantante Anna Lisa Mameli, autrice dei testi dello spettacolo, con Corrado Aragoni al pianoforte (sua anche la direzione musicale), Remigio Pili all’accordeon, Massimo Spano al contrabbasso e Alessandro Garau alle percussioni. “Edith, la voce dell’anima” è il racconto di «una vita a voce spiegata, fino all’ultimo respiro». Fragile e insieme indistruttibile, Edith Piaf con la sua arte ha incantato il mondo intero.
LIBERTA-2021