L’omaggio alla Sartoria Tirelli rappresenta il tributo alla perizia artigianale di un’eccellenza italiana capace di contribuire in modo decisivo con i suoi costumi, alla realizzazione di tanti film che hanno fatto la storia del cinema italiano e internazionale. L’associazione L’Alambicco, con il sostegno della Regione Sardegna, intende valorizzare questo comparto dell’industria cinematografica spesso trascurato dal pubblico generalista: dal 10 novembre al 29 dicembre nella sala Stampace e nella Sala Villanova di viale Regina Margherita 44 a Cagliari (con ingresso dall’omonimo hotel), si terrà la rassegna cinematografica “Sartoria Tirelli. Vestire il cinema”, che accompagnerà gli appassionati per dodici appuntamenti, che includono il conferimento del premio alla carriera e il concerto del maestro Romeo Scaccia.
Insomma, uno sguardo per portare anche all’attenzione dei più giovani fruitori di cinema, una realtà fondata da Umberto Tirelli nel novembre del 1964, che è stata fondamentale per tratteggiare il carattere dei protagonisti e delle ambientazioni di storie indimenticabili, capaci di definire e ridefinire i canoni della settima arte grazie alle capacità delle maestranze coinvolte nella realizzazione degli abiti.
La rassegna sarà inaugurata venerdì 10 novembre, alle 17:30, nella Sala Stampace con la proiezione de “Il Gattopardo” di Luchino Visconti (1963), introdotto da Piero Spila. Per questo capolavoro Piero Tosi ha disegnato, tra gli altri, il celebre abito da ballo in organza avorio e seta verde chiarissimo indossato da Claudia Cardinale; deteriorato dall’inclemente trascorrere del tempo, l’abito è stato replicato con assoluta precisione grazie alle foto di scena. Con “Morte a Venezia” (1971) continua la collaborazione tra Luchino Visconti e Piero Tosi, che realizza i vestiti di Silvana Mangano e riceve una nomination per i Migliori Costumi al Premio Oscar. Altro appuntamento con “Il Casanova” (1976) di Federico Fellini: il regista e il costumista Danilo Donati reinterpretano il Settecento amplificando il gusto per l’esagerazione e per il grottesco dello stile Rococò. Le mode del tempo, già intrinsecamente eccessive, vengono enfatizzate e talvolta persino trasfigurate in funzione critica: il costume è fondamentale per la costruzione, anche in chiave psicologica, del personaggio di Casanova interpretato da Donald Sutherland.
Tra il 1982 e il 1983 Sergio Leone gira “C’era una volta in America”, affidandosi per i costumi a Gabriella Pescucci. L’ambientazione del film ha comportato per la costumista un grande lavoro di documentazione sulla moda americana dei primi anni ‘30, dissimile rispetto a quella europea; spicca, tra tutti, l’abito da sera in organza rosa indossato da Elisabeth Mc Govern. È ancora Gabriella Pescucci la costumista del film “Il nome della Rosa” (1986) del regista Jean-Jacques Annaud; alla base della realizzazione dei costumi, c’è uno studio approfondito delle tinture vegetali e della lavorazione di pellami e tessuti, trattati così come in uso nella prima metà del 1300, epoca in cui è ambientata la trasposizione del romanzo di Umberto Eco. I costumi di “Nuovomondo” (2006) di Emanuele Crialese, sono curati da Mariano Tufano: il costumista ha svolto uno studio molto accurato nell’archivio del Museo di Arti e Tradizioni Popolari di Roma, concentrandosi in particolare sulle forme e i disegni degli abiti popolari, ricavando dei cartamodelli molto precisi ricalcati su quelli di inizio Novecento. Il film ha ottenuto un David di Donatello per i Migliori Costumi; si distinguono, tra tutti, gli abiti indossati da Charlotte Gainsbourg.
La rassegna prosegue con “Medea” (1969): il regista Pier Paolo Pasolini si affida a Piero Tosi per la realizzazione dei costumi, tra cui spiccano gli abiti indossati da Maria Callas, interprete della protagonista: Tosi si ispira agli abiti dell’antica Grecia e compie un’accurata ricerca relativa alle differenze tra le varie etnie della penisola, dalle fogge (la plissettatura in particolare) ai colori, fino ai tessuti utilizzati per conferire a Medea, regina della Colchide, l’aspetto misterioso e al contempo inquietante che si addice a questo potente e al contempo fragile personaggio femminile.
Con “L’età dell’innocenza” (1994) di Martin Scorsese, la costumista Gabriella Pescucci vince il Premio Oscar per i Migliori Costumi; impossibile non citare gli splendidi abiti da sera in raso di seta e organza indossati da Winona Ryder e Michelle Pfeiffer, filologicamente ispirati alla moda di fine ‘800. I costumi disegnati dalla Pescucci strizzano l’occhio ai dipinti di Tissot, non a caso presenti nella scenografia del ballo a casa Beaufort.
“Hugo Cabret” (2011), rappresenta l’omaggio di Martin Scorsese a Georges Méliès, l’inventore del cinema inteso come forma d’espressione artistica. Per i costumi, il regista si è affidato a Sandy Powell, che ha ottenuto una nomination al Premio Oscar: la Powell ha agito su un doppio binario, con i costumi degli anni ’30 del Novecento – per lo più abiti da lavoro o adatti alle incombenze quotidiane -, in cui è ambientato il filone narrativo principale del film, e la ricostruzione degli stravaganti costumi indossati da Méliès e dai suoi attori durante le riprese dei suoi film, tra fine ‘800 e primi del ‘900.
La rassegna continua con il film “Magnifica presenza” (2012) di Ferzan Özpetek, che registra il contributo del costumista sardo Alessandro Lai e con “Il paziente inglese” (1996) di Anthony Minghella, che ottiene una candidatura agli Oscar per i Migliori Costumi disegnati da Ann Roth: la moda di fine anni ’30 e inizio anni ’40 viene celebrata dal magnifico guardaroba indossato da Kristin Scott Thomas, sia in occasione delle spedizioni nel deserto magrebino, che durante le eleganti serate di gala.
Ancora in rassegna troviamo il film “La leggenda del pianista sull’Oceano” (1998) di Giuseppe Tornatore, con i costumi di Maurizio Millenotti, vincitore di un David di Donatello; la trasposizione cinematografica del monologo “Novecento” di Alessandro Baricco è ambientata nel 1935 e ha dato modo a Millenotti di esplorare una grande varietà di abbigliamento, da adattare alle diverse classi sociali che viaggiano sul transatlantico che fa da sfondo alla vicenda narrata. La stoffa utilizzata per gli abiti è stata fatta tessere su espressa volontà di Umberto Tirelli nel 1986, all’indomani della ricca e importante Donazione Tirelli a Palazzo Pitti.
I costumi ispirati alla moda anni ’70 di “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”(1969) di Elio Petri, altro titolo in rassegna, sono particolarmente preziosi: il kimono, indossato da Florinda Bolkan e ispirato a un pezzo originale di Maria Monaci Gallenga databile tra gli anni 1910-30, è stato disegnato da Franco Carretti, dall’originale di Gallenga restaurato dalla Sartoria Tirelli.
“Marie Antoinette” (2006) di Sofia Coppola ha vinto un Premio Oscar, un Nastro d’argento e ha avuto una nomination al Premio Bafta per gli splendidi costumi disegnati da Milena Canonero: tra accuratezza filologica e rottura dei canoni tradizionali, il lavoro della Canonero ben interpreta l’eclettica trasposizione della vita della più famosa regina di Francia proposta dalla regista, con uno studio e una reinterpretazione della moda nella seconda metà del XVIII secolo alla corte di Luigi XVI.
Sono invece disegnati da Massimo Cantini Parrini i costumi del film “Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone (2015): fra i tanti abiti che contribuiscono a creare il mondo ispirato alla raccolta di fiabe “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile si distinguono quelli indossati dall’attrice Salma Hayek nel ruolo della Regina di Selvascura; Nastro d’Argento e David di Donatello per i Migliori Costumi, ovviamente realizzati dalla Sartoria Tirelli.
Chiamati a introdurre i film i critici cinematografici Piero Spila, Mariuccia Ciotta, Roberto Silvestri, Roberto Chiesi, Elisabetta Randaccio, il docente di Storia dello spettacolo Giuseppe Mattia e gli operatori culturali Lorella Costa, Luigi Cabras, Patrizia Masala, Alessandro Macis, Stefania Costa, Bepi Vigna.
Il 17 dicembre presso la sala Castello, nell’ambito dell’evento speciale del conferimento del Premio alla Carriera, verrà proposto al pubblico, in presenza del regista Gianfranco Gigni, il documentario “Sartoria Tirelli. Vestire il Cinema”, a cui si ispira il titolo della rassegna cinematografica proposta dall’Alambicco. A ritirare il Premio sarà Dino Trappeti, direttore della Tirelli Trappetti – costumi dal 1964. A seguire il consueto concerto con le musiche arrangiate trascritte ed eseguite al pianoforte dal M° Romeo Scaccia accompagnate da una selezione dei film più significativi proposti in rassegna. Tra gli ospiti della serata Laura Nobile, coordinatrice generale della Tirelli Trappetti e la sorpresa di alcuni dei costumisti che fanno la storia di questa grande istituzione del mondo del cinema, del teatro e della lirica.
Tutte le serate sono ad ingresso gratuito, non è necessaria la prenotazione. Il programma è consultabile sul sito associazioneculturalealambicco.org. Per info: 328.0615046 – 328.0951378 – email [email protected].