“E ti chiameranno strega”, il romanzo che riporta alla luce i processi per stregoneria in Alto Adige

Il nuovo libro di Katia Tenti ci trasporta nel Cinquecento, tra le mura del Castel Presule a Fiè allo Sciliar, per raccontare la tragica storia di Barbara Vellerin e delle donne ingiustamente accusate di stregoneria

“E ti chiameranno strega” di Katia Tenti e il Castel Prösels (? Südtirol)

“E ti chiameranno strega” di Katia Tenti e il Castel Prösels (? Südtirol)

Katia Tenti, nel suo nuovo romanzo “E ti chiameranno strega”, pubblicato lo scorso settembre da Neri Pozza, ci trasporta in un’epoca storica affascinante e drammatica. Al centro della narrazione si erge il Castel Presule a Fiè allo Sciliar, in Alto Adige, con le sue mura in onice bianco e il maestoso profilo che domina il cielo delle Dolomiti, evocando l’atmosfera di una fiaba. Tuttavia, la suggestiva bellezza di questo luogo nasconde un passato oscuro: nel Cinquecento, il castello fu teatro di alcuni dei processi per stregoneria più crudeli dell’epoca, che si conclusero tragicamente con la condanna al rogo di trenta donne innocenti.

Nel romanzo questa tragica storia viene ripercorsa attraverso gli occhi di due protagoniste: Barbara Vellerin, una delle donne accusate, e Arianna Miele, una giovane antropologa che, cinquecento anni dopo, cerca di riportare alla luce la verità su quanto accaduto alle donne accusate di stregoneria sul massiccio dello Sciliar, scoprendo storie dimenticate e dando voce a chi è stato ingiustamente messo a tacere dalla storia.

Barbara Vellerin cresce ai margini del villaggio, immersa nella natura, con sua sorella Sonne, sotto la guida della madre. La sua infanzia è un periodo sereno, dedicato allo studio delle piante e alla cura dei malati. Tuttavia, questo idillio viene spezzato quando il sospetto si insinua tra gli abitanti del villaggio, alimentato dalle teorie di alcuni religiosi che vedono in ogni donna una potenziale strega e amante del diavolo. Barbara, come molte altre, viene accusata, incarcerata nelle celle sotterranee del castello di Fiè allo Sciliar, e sottoposta a tortura per estorcerle confessioni di crimini mai commessi.

Cinquecento anni dopo, Arianna Miele vince un concorso per curare una mostra sulle Streghe dello Sciliar. Per Arianna, questa è la più grande opportunità professionale; è una possibilità di emancipazione personale. Immersa nelle sue ricerche, Arianna si imbatte in documenti che rivelano un lato oscuro del capitano del Tirolo, Franziskus von Stauber, considerato un eroe locale. Questa scoperta spinge Arianna a riscoprire e dare voce a Barbara, dimenticata dalla storia e dal disprezzo.

Il romanzo è frutto di un’accurata ricerca storica, che si riflette nella dettagliata ricostruzione del contesto e degli eventi narrati. L’autrice riesce a ripristinare con precisione le atmosfere del Cinquecento, facendo emergere le ingiustizie subite da queste donne e la brutalità dei processi.

Leggendo, non ho potuto fare a meno di riflettere sul peso della storia e su come le vicende del passato continuino ad essere legate con il presente. La storia di Barbara Vellerin e delle altre donne accusate di stregoneria è una testimonianza di come la paura e l’ignoranza possono portare a ingiustizie inimmaginabili. Attraverso la figura di Arianna Miele, ho percepito l’importanza di dare voce a chi è stato messo a tacere, di riportare alla luce storie dimenticate o volutamente ignorate.

Le ricerche che hanno caratterizzato la stesura del romanzo dimostrano quanto sia fondamentale indagare oltre le versioni ufficiali della storia, spesso scritte dai vincitori o da coloro che detenevano il potere. Questo libro mi ha spinto a chiedermi quante altre voci siano state messe a tacere nel corso dei secoli, e quanto sia necessario, oggi più che mai, ascoltare e dare spazio a tutte le narrazioni.

“E ti chiameranno strega” non è solo un romanzo storico, ma anche un monito per il presente: un invito a non dimenticare, a interrogarsi costantemente sulla verità e sull’umanità che accomuna tutti, al di là delle “epoche” e “culture”.

Vi lascio alla lettura di questo libro, consigliandovi di accompagnarla con le suggestive note delle signore della Celtic Music, Enya e Moya Brennan.

Katia Tenti è nata e vive a Bolzano. Si è laureata a Trento e per anni si è impegnata nell’approfondimento dei fenomeni di devianza sociale. Dopo essersi occupata di cultura, di teatro e di arte contemporanea, oggi ha scelto di dedicarsi alla scrittura. Ha pubblicato per Marsilio “Ovunque tu vada” (2014) e “Nessuno muore in sogno” (2017) e, per Piemme, Resta quel che resta (2022).

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