“Un altro giorno insieme” di Matteo Losa: quando l’amore resiste al tempo e alla paura

Due ragazzi si incontrano nel luogo più fragile delle loro vite e imparano a camminare uno accanto all’altra, un giorno alla volta

Bosco verticale e "Un altro giorno insieme" di Matteo Losa

Bosco verticale e "Un altro giorno insieme" di Matteo Losa

Un altro giorno insieme”, pubblicato da Mondadori, è un romanzo che chiede tempo. Non si legge di corsa perché la sua forza non sta nel ritmo, ma nello spazio che lascia alle parole per sedimentare. È la storia di due diciottenni, Giovanni – che preferisce farsi chiamare J – e Barbara, detta Barbi, che incontrano la malattia in modi diversi e imparano a conviverci. Matteo Losa costruisce un racconto che non si limita a evocare una condizione clinica, ma scava nell’esperienza emotiva di chi ogni giorno affronta un limite, una paura, un’incertezza.

J vive sospeso tra controlli, cicli di chemio e risonanze magnetiche. La sua vita è un tempo a breve scadenza, organizzato attorno all’idea che non si sa quanto durerà. Vorrebbe sentirsi come gli altri ragazzi della sua età, ma la malattia ridisegna ogni gesto quotidiano. L’autore restituisce il suo sguardo con una sincerità senza enfasi: J non è un eroe, è un ragazzo che prova frustrazione, desiderio di normalità, fame di qualcosa che non sia dolore.

Barbi, al contrario, tiene insieme tutto attraverso l’ordine: un’agenda rigida, obiettivi precisi, un futuro programmato. Da bambina, sul letto di morte della madre, le ha promesso che avrebbe studiato medicina e avrebbe continuato la danza, la passione che le apparteneva. Da allora la sua vita è un fitto incastro di impegni, doveri, aspettative. È la sua forma di resistenza, ma anche un modo di non fermarsi abbastanza da ascoltarsi davvero.

Il punto di contatto fra i due è l’ospedale, spazio di limiti ma anche di possibili incontri. Un caffè, un mezzo cappuccino, uno scambio che lascia una crepa nelle loro routine. Tornano alle loro vite, ma qualcosa si è mosso. Quando si rivedono, mesi dopo, decidono di restare. Da qui si dispiega una relazione che non cancella le paure ma le attraversa, una relazione fatta di piccoli gesti quotidiani: contare insieme le risonanze, guardarsi senza fingere, concedersi un pensiero luminoso nonostante il tempo che sembra giocare contro.

Matteo racconta tutto questo con una scrittura diretta, che evita pietismi e cerca l’autenticità. La malattia non è uno sfondo ma nemmeno un personaggio ingombrante: è una presenza che modifica gli equilibri, senza definire completamente chi la vive. Il romanzo parla di fragilità, ma anche della possibilità di condividerla. Nei dialoghi, nelle pause, nei silenzi, emerge la domanda centrale: cosa significa scegliere di amare quando ogni giorno è un’incognita?

La storia assume una dimensione ancora più intensa se si considera la biografia dell’autore. Matteo Losa, giornalista, scrittore e fotografo, ha combattuto a lungo contro il cancro. Le sue parole non sono mai distanti dall’esperienza reale. Con #FiabeControIlCancro e con le sue opere, Losa ha cercato di trasformare la sofferenza in un’occasione di racconto, costruendo un ponte verso chi vive qualcosa di simile e verso chi vuole capire senza giudicare. Le sue pagine continuano a parlare grazie all’impegno di Francesca Favotto, giornalista e compagna dell’autore, che porta avanti il suo messaggio di coraggio.

Questo romanzo mi ha accompagnata lentamente. Ho sentito il bisogno di fermarmi spesso, non per distacco, ma per ascoltare quello che le parole smuovevano. J e Barbi mi hanno costretta a riconsiderare la fragilità con cui ognuno convive, anche quando non la chiamiamo con il suo nome. Ho percepito la stanchezza, la paura, la tenacia di chi vive un giorno alla volta. Per una settimana non sono riuscita a leggere altro: avevo bisogno di elaborare ciò che il libro aveva lasciato sottopelle.

Eppure, dentro quella tristezza, c’è una speranza che resta. L’idea che, se ci si affianca nella fatica, ogni giorno può diventare un luogo abitabile. La canzone che ho scelto come colonna sonora, “Don’t Forget Me” degli Imagine Dragons, contiene questa promessa: non dimenticare chi siamo stati e chi abbiamo amato. Le parole di Matteo fanno la stessa cosa: restano, continuano, chiedono di essere ricordate.

E per continuare questo dialogo, martedì 18 novembre alle 18 avrò il piacere di ospitare Francesca Favotto nella mia #direttalive #acasaRedville sulla mia pagina Instagram @aurora.redville. Sarà un’occasione per parlare di Matteo, del suo lavoro, delle sue parole e di ciò che ha lasciato a chi continua a leggerlo.

“Quando siamo insieme è come vivere in un altro mondo, un mondo che inizia nelle nostre mani che si stringono e finisce quando finiamo noi due”.

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