Svago, intrattenimento, possibilità di socializzazione, sviluppo delle capacità ludiche, logiche e cognitive, allenamenti virtuali, questo e molto altro viene offerto dal mondo dei videogiochi. Un mito intramontabile, la cosiddetta “ottava arte”, così come viene definita dagli appassionati, che da decenni continua a resistere, essendo sempre in grado di rinnovarsi e di stare al passo con i tempi.
Un mercato che non conosce crisi, già motore trainante per l’economia negli anni immediatamente precedenti all’esplodere del Covid-19 e che, nonostante la crisi economica che ha poi investito la maggior parte dei settori negli ultimi due anni di pandemia, risulta ancora più forte di prima, con oltre 2 miliardi di euro di fatturato solo in Italia. Una crescita a livello globale, dunque, stimolata da tecnologie sempre più potenziate. Dal Commodore 64 all’Xbox Series S, dall’intramontabile Super Mario, che ha alle spalle già 36 anni di carriera, alle nuove realtà virtuali, come Just Dance, il videogioco di ballo che conta ben 138 milioni di giocatori di ogni angolo del globo che si sfidano su passi di danza, fino al mondo degli sport estremi attraverso nuove forme di allenamento virtuale con cui gli sportivi riescono a provare quasi le stesse sensazioni.
Con la loro grande varietà, i videogames sono destinati alle persone di tutte le età e per tutte le occasioni, purché non si esageri con le ore che si trascorrono davanti allo schermo. Un’overdose di videogiochi, infatti, può portare a sviluppare delle vere e proprie patologie e forme di dipendenza paragonabili a quelle causate da alcol, droghe e giochi d’azzardo, plagiando la mente dei videogiocatori e causando forme di isolamento e alienazione dal mondo circostante. Si parla, a questo proposito, della sindrome di “Hikikomori”, che significa “stare in disparte” e che colpisce quei ragazzi che, avendo difficoltà ad instaurare relazioni sociali e ad affrontare le difficoltà della vita e le pressioni di realizzazione tipiche delle società più sviluppate, si chiudono nella loro camera, vista come un posto sicuro e psicologicamente lontano dagli altri, rifiutando ogni forma di aiuto e immergendosi totalmente nel gaming. Molto diffusa in Giappone, questa sindrome è presente anche tra gli adolescenti italiani. Per informare e sensibilizzare sul problema dell’isolamento sociale volontario è stata fondata proprio in Italia, dal dottor Marco Crepaldi, psicologo sociale ed esperto di comunicazione digitale, un’associazione nazionale, la “Hikikomori Italia”.
Altro rischio connesso ai giochi elettronici è quello della trasposizione del gioco nella realtà, causato soprattutto dai games più violenti, come quelli che simulano sparatorie, atti violenti o corse ad alta velocità, e che sono potenzialmente dannosi per la psiche, provocando aggressività, comportamenti intolleranti e, nei casi peggiori, atti inconsulti soprattutto da parte di giovanissimi.
Per evitare simili derive nei Paesi europei viene adottato il sistema Pegi, una classificazione dei videogiochi molto attendibile attraverso la quale è possibile capire se un gioco è idoneo ai diversi gruppi di età a cui è destinato. Questo sistema si basa su dei simboli che vengono riportati sulle confezioni dei giochi, contrassegnandoli per fasce di età (3, 7, 12, 16, 18 anni) e specificando i contenuti o se si tratta di un gioco online.
Tuttavia, pur senza sminuire tali problematiche, i videogames rappresentano ormai un validissimo mezzo per socializzare. Da una ricerca condotta dal Pew Research Center, un istituto statunitense con sede a Washington che fornisce informazioni su problemi sociali, opinione pubblica e andamenti demografici sugli Stati Uniti e il mondo in generale, è emerso come, soprattutto negli ultimi anni, il mondo dei giochi elettronici sia cambiato. Con l’introduzione della modalità multiplayer e di quella online sono aumentate le possibilità di interagire e socializzare durante il gioco con amici che si conoscono di persona, con amici conosciuti online e con altri players che non si conoscono. Più della metà degli adolescenti ha fatto nuove amicizie online e un terzo di loro ha affermato di averle fatte proprio mentre giocava ai videogiochi. A rendere possibile la socializzazione attraverso i videogiochi sono poi due strumenti ormai molto importanti, la chat, attraverso cui è possibile inviare messaggi scritti, e la connessione vocale, che consente ai ragazzi di parlare tra di loro mentre giocano.
Questo studio ha trovato grande conferma durante il lungo periodo di isolamento a cui siamo stati sottoposti nel pieno dell’emergenza sanitaria. La pandemia ha infatti cambiato drasticamente le abitudini sociali e ha contribuito a modificare la considerazione e l’approccio che c’era in precedenza nei confronti dei videogiochi, facendone emergere i lati positivi. Addirittura, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha promosso una campagna di sensibilizzazione, #PlayApartTogether, proprio per mettere in luce gli effetti terapeutici dei videogames durante il lockdown e il conseguente distanziamento sociale, cercando anche di trasmettere messaggi di speranza alle fasce della popolazione più provate da questa situazione.
Lo schermo che divide diventa, infine, momento di incontro per gli appassionati nei tanti eventi dedicati al settore, che ormai registrano il tutto esaurito, dalla “Milan Games Week”, la più importante rassegna italiana dedicata ai videogames e all’intrattenimento digitale, al “Giocomix”, il festival sul gioco e sul fumetto più grande e importante che si svolge in Sardegna, e che non fanno che confermare come il videogioco non sia più visto come un momento di isolamento ma di partecipazione e aggregazione.