Ci sono serie animate, giapponesi e non solo, che tra la fine degli anni ‘70 e gli anni ‘90, in particolare, hanno segnato l’infanzia e l’adolescenza di generazioni diverse di pubblico in Italia. Le ragioni di questo successo sono molteplici e, soprattutto per gli “anime” nipponici più datati, sono da ricercarsi innanzitutto nell’effetto novità: tra le prime e più famose serie che furono trasmesse in Italia, “Barbapapà” e “Vicky il Vichingo” nel 1976 (produzioni nippo-europee), “Kimba, il leone bianco” nel 1977, “Heidi” e “Atlas Ufo Robot” nel 1978, “Capitan Harlock” e “Lupin III” nel 1979, “Candy Candy” nel 1980.
Tanti generi differenti, dunque, dal dramma storico alla fantascienza, capaci di soddisfare i gusti di un vasto pubblico, che ancora oggi può godere di assidue repliche televisive, senza considerare la possibilità di recuperare molte di queste serie nelle piattaforme streaming, con traduzioni più accurate rispetto al passato e senza censure. Le versioni “vintage” di questi cartoni animati, tuttavia, hanno il pregio di smuovere emotivamente il pubblico più adulto, anche grazie alle indimenticabili voci dei personaggi principali, spesso affidati a doppiatori e doppiatrici davvero speciali.
È il caso, per esempio, della serie “Hello! Spank”, il cui protagonista, Spank appunto, è un morbido cagnolino bianco dalle orecchie nere, le cui avventure sono andate in onda in Italia per la prima volta nel 1982; Spank, recentemente approdato al cinema con il lungometraggio “Le pene d’amore di Spank”, ha un suo modo di parlare, o piuttosto, di articolare i suoni, molto caratteristico: prima voce italiana di questo irresistibile cane è stata Liù Bosisio, attrice e cabarettista, nota al grande pubblico per essere stata la prima interprete di Pina Fantozzi, moglie del celebre personaggio creato da Paolo Villaggio. Bosisio, inoltre, è legata a un altro cartone animato divenuto ormai iconico, ovvero “I Simpson”: è stata infatti la doppiatrice di Marge Simpson fino alla ventiduesima stagione della serie ideata da Matt Groening.
Dal 1982 ad oggi, Lady Oscar è senza dubbio una delle eroine più amate nella storia degli anime giapponesi in Italia: comandante della guardia reale francese ai tempi di Maria Antonietta, la sua chioma bionda e riccia e l’elegantissima divisa richiamano immediatamente l’inconfondibile voce di Cinzia De Carolis, che ha saputo cogliere la forza e la vulnerabilità di un personaggio in grado di regalarle grande notorietà come doppiatrice. Prima di “Lady Oscar”, tuttavia, De Carolis aveva già intrapreso, fin da bambina, la carriera di attrice, comparendo nella versione teatrale di “Anna dei miracoli” trasmessa dalla RAI, ma anche nel musicarello “Angeli senza Paradiso”, accanto ad Al Bano e Romina Power, oltre ad aver lavorato con Dario Argento ne “Il gatto a nove code”. Oltre a una serie di famosi personaggi dei cartoni animati, nella sua lunga carriera De Carolis ha doppiato attrici del calibro di Courteney Cox (nella saga di “Scream”), Madeleine Stowe, Madonna e Holly Hunter.
Il trillo della sua voce è inconfondibile, così come la sua dolcezza: Heidi è forse il personaggio che più spesso, dal 1978 fino ai giorni nostri, si è affacciata dagli schermi televisivi, anche in virtù dei suoi autori, Isao Takahata e Hayao Miyazaki. Se questa bimba ha conquistato il pubblico italiano, però, il merito è anche della sua doppiatrice Francesca Guadagno, altra affermata professionista che ha cominciato la sua carriera da bambina, duettando nientemeno che con Domenico Modugno nel brano “Piange… il telefono”; tra i personaggi dei cartoni animati che ha doppiato, ci sono anche due famosissimi Puffi, Vanitoso e Burlone. Se invece volete ascoltare le interpretazioni più recenti di Guadagno al cinema, vi basterà ripercorrere la filmografia di Melissa McCarthy, Octavia Spencer, Cameron Diaz e Elizabeth Banks: niente male, per la piccola Heidi!
Di certo, queste interpreti hanno contribuito a caratterizzare i personaggi che hanno doppiato in modo indimenticabile, per cui è sufficiente ascoltare le loro voci per tornare con la memoria ai pomeriggi dell’infanzia, scanditi da compiti e merende: una magia, forse, dietro cui si nasconde l’eccellenza del doppiaggio italiano.