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Belve Crime, Bossetti: “Ho tentato il suicidio. Yara? Prego per lei ogni giorno”

L’intervista esclusiva a Belve Crime: l’uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio si dichiara ancora innocente e racconta il dramma vissuto tra accuse, solitudine e dubbi sul processo

di Redazione
11 Giugno 2025
in Televisione
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(Adnkronos) – A 11 anni dal suo arresto per l’omicidio di Yara Gambirasio, Massimo Bossetti parla dal carcere di Bollate con Francesca Fagnani, nel corso di un’intervista rilasciata a’Belve Crime’ andata in onda oggi, martedì 10 giugno.  

Il 12 ottobre del 2018 la Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo di Massimo Bossetti: colpevole, secondo tre gradi di giudizio, dell’omicidio della tredicenne di Brembate. Ancora oggi, dopo 11 anni dal suo arresto, lui continua a proclamarsi innocente. “Sopravvivo all’ingiustizia che sono costretto a vivere ogni giorno”, ha dichiarato. “Non sento alcuna colpa addosso. Ma sì, porto l’etichetta del mostro. Anche se venissi prosciolto, resterà tatuata sulla mia testa fino alla fine dei miei giorni”. 

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I genitori di Yara, quando Bossetti è stato arrestato hanno dichiarato: “Nessuno ci darà indietro Yara, ma ora almeno sappiamo chi è stato”. “Il dolore di un genitore che perde un figlio è terribile, tremendo. La giustizia però non è stata fatta, quella che si dovrebbero meritare non è ancora arrivata”, dice Bossetti. 

“Che rapporto ha con la verità?”, lo incalza Fagnani. “Non c’è verità possibile per chi non vuole ascoltare. A prescindere dal reato, di bugie ne ho dette nella mia vita. Ma chi non le dice?“ Nel cantiere, dove lavorava, veniva etichettato come “Il Favola”. “Si perché mi assentavo spesso, lo ammetto, dicendo di avere dei tumori al cervello. Ma ho inventato questa balla perché non venivo pagato da 4 mesi. Unica scusa plausibile per assentarmi”, ha detto. 

Nonostante la verità processuale, parte dell’opinione pubblica ha un pensiero diverso su Bossetti: “Ricevo ancora tante email e lettere in carcere e dopo la serie su Netflix sono aumentate. Mi supportano, mi incoraggiano. E io rispondo, li ringrazio”, dice.  

“Lei come riesce a resistere?”, chiede Fagnani. “La rabbia è tramutata in forza e la forza viene alimentata dai miei familiari, che non mi hanno mai abbandonato”. Si impazzisce, dice Bossetti, “ma non bisogna farsi prendere dal contesto”. 

Durante le indagini è emerso che durante la settimana andava a farsi delle lampade, un dettaglio che Bossetti aveva nascosto alla moglie Marita Comi: “Andavo due, tre volte al mese. Non mi sembrava il caso di parlarne con mia moglie, perché c’erano tanti problemi economici. L’ho sempre negato per preservare il rapporto”. Ricorda il matrimonio con Marita Comi come “felice, finché non ho saputo in carcere dei suoi tradimenti”. A rivelarlo fu il pubblico ministero in aula.  

Oggi il rapporto con Marita è ancora solido: “Mia moglie è sempre al mio fianco. Fisicamente no, però la sento ancora al mio fianco. Ci sentiamo sempre, sento il suo sostegno, il suo appoggio, mi ha sempre detto di rimanere forte. È convinta della mai innocenza, sa chi sono”. E i figli? “Vengono a trovarmi ogni settimana”. 

“Quando mi hanno detto dell’infedeltà di mia moglie, mi sono gelato. Cosa c’entrava dire cose private in un’aula pubblica? Il giorno dopo ho visto mia moglie. Le chiesi di dirmi la verità, lei lo ha ammesso e io sono partito in bestia. La testa è partita”, dice Bossetti che ricorda quella confessione come la ferita più grande della sua vita: “Ho tentato il suicidio appena tornato in cella. Sono stato ritrovato con la testa immersa nel lavandino e un cintura al collo. Mi hanno portato in infermeria e mi hanno salvato. Di fronte a un forte dramma non ho pensato ai miei figli, ma non ci ho capito più nulla”. 

A quel punto Fagnani lo incalza, e gli fa notare di aver compiuto quel gesto “inconsapevolmente”, collegando il tentativo di suicidio di Bossetti – un gesto apparentemente rimosso – al cuore dell’intera vicenda: l’omicidio di Yara Gambirasio. “Ha capito dove voglio arrivare? Lei non si ricorda come l’ha fatto. Le motivazioni possono essere tantissime. Magari anche in un’altra occasione può essere successo qualcosa di simile”. “No assolutamente, non paragoniamo le due cose”, replica Bossetti.  

Bossetti racconta in modo drammatico il giorno in cui venne arrestato: “Stavo lavorando, sento chiamare dal capo cantiere. Scendo e mi trovo davanti 40 persone. Un carabiniere mi ordina di inginocchiarmi. Ho sentito una mano stringermi il collo. È stato disumano, vergognoso. Nessuno mi spiegava nulla”. E smentisce più volte di aver tentato la fuga: “Stavo solo cercando di scendere dalla botola, non è come pensate”. 

Nelle ore in cui Yara scomparve, Bossetti non è riuscito a dare un alibi. “Non ricordo dove fossi. Era un giorno normale. So solo che pioveva e il telefono era scarico”. Ci sono dei movimenti bancari, continua a ribadire, ma resta un vuoto in quelle ore. “Quel giorno ho fatto commissioni, ma non ricordo i dettagli”. 

Dopo il ritrovamento del corpo, le indagini si concentrano su una traccia di DNA rinvenuta sugli indumenti di Yara, etichettata come “Ignoto 1”, associato a Bossetti. “Le analisi sono state fatte più volte ed è sempre emerso il suo Dna, sugli slip e sui leggings di Yara”. Bossetti replica: “È tutto assurdo, anomalo e incompreso”.  

Fagnani incalza: “Non per la scienza, capisce? Non per la scienza né per la legge”. “Il Dna nucleare, cosa evidenzia?”, dice Bossetti. “Il Dna nucleare evidenzia in modo univoco l’identità di una persona”, sottolinea Fagnani. “Il Dna nucleare che normalmente si dovrebbe disperdere a poche settimane, invece era ancora presente”, dice Bossetti. “E neanche poco”, interviene la conduttrice.  

“Il Dna mitocondriale che è risaputo da tutti, che non si può disperdere, non c’è”, aggiunge Bossetti. “Però il valore legale e forense ce l’ha il Dna nucleare, è quello che stabilisce l’identità delle persone. E purtroppo per lei e pure per Yara c’era il suo”, fa notare Fagnani. “Però, scusi, poi c’è una domanda banalissima da fare: ma il suo Dna, come ci è finito sugli slip di Yara?”, chiede Fagnani. “È quello che vorrei capire anche io”, conclude Bossetti. “Quel dna non può rappresentarmi. Io Yara non l’ho mai vista. Che tipo di aggancio poteva avere un uomo di 40 anni con una bambina di 13 anni?”. 

“Lei potrebbe mai confessare avendo tre figli e sapendo quello che comporterebbe”, chiede Fagnani. “Se io fossi stato l’autore del delitto, non avrei esitato un secondo a confessare. Non è il mio caso, non so più come dirlo”, ribadisce. 

“Io non ho visto l’esito scientifico, ho diritto di poterlo vedere e di rifarlo. Non ho eseguito io personalmente il test”, dice Bossetti. “Non si può pensare a un complotto contro una persona. Hanno trovato un dna che non si può inventare”, continua Fagnani. 

“A Yara rivolgo un pensiero ogni giorno, prego sempre per lei. Io la tirerò sempre in ballo, né io né Yara abbiamo avuto una meritata giustizia, per questo la citerò sempre”, continua l’uomo.  

“Un giorno che vuole rivivere per sempre?”. “Il giorno in cui mi sono sposato e il giorno in cui mia moglie ha dato alla luce mio figlio”. E il giorno che cambierebbe? “Quello dell’arresto”, risponde senza esitazioni. 

Crede in Dio? “Io ho sempre creduto in Dio. Chiedo aiuto, non perdono, chiedo sostegno. Non c’ho nulla da perdonare”.  

Cosa si aspetta quando uscirà? “Non riesco a vedere un futuro per me, il destino mi porterà chissà dove. La vita è imprevedibile per natura”, conclude.  

Tags: adnkronosFrancesca FagnaniRai 2televisioneultimora
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