The Heart and the Void: il cuore, il vuoto, l’indie folk

“Grown so tired” è il nuovo singolo del cantautore Enrico Spanu

Enrico Spanu. 📷 Alessandra Cecchetto

📷 Alessandra Cecchetto

Enrico Spanu fa incontrare il cuore e il vuoto fra il 2012 e il 2013, dopo aver suonato «col distorsore a palla» in altre formazioni rock della scena isolana.

The Heart and the Void, appunto, è lo pseudonimo del cantautore cagliaritano poco più che trentenne. Uno di quelli che in Sardegna sa come si scrivono belle canzoni e lo fa citando fra i (vari) numi tutelari i Fleet Foxes, Bon Iver e compagnia.

Il primo Ep a nome The Heart and the Void è del 2013 e si chiama “Like a dancer”: quattro tracce sospese fra chitarra acustica, accordature aperte, fingerpicking fatto come si tocca e melodie immediate. A cantarle una voce sottile, un po’ Dylan con il retrogusto di Evan Stephens Hall. L’anno successivo è la volta di “A softer skin”, più o meno nello stesso solco dell’esordio. Indie folk, o perlomeno questa è la prima cosa che salta all’orecchio premendo “play” e ascoltando in modo random l’evanescente arpeggio di “When winter ends” o la robustezza macchiata qua e là da chitarra elettrica di “The same mistake”. Il primo LP, “The loneliest of wars”, è del 2018. Insieme a Enrico, nei dischi e sui palchi, suonano musicisti del calibro di Fabio Demontis (anche produttore del Full lenght), Federico ‘Beeside’ Pazzona, Giulia Biggio, Sergio Lasi, Francesco Accardo e Andrea Sanna.

Il video di “A house by the sea”, diretto da Daniele Demuro, vince al Calcutta International Cult Film Festival e al Berlin Flash Film Festival nella categoria videoclip. Prima, durante e dopo tutto questo, Enrico Spanu suona in lungo e in largo nell’isola, nella penisola e all’estero.

Altri tre brani vengono pubblicati fra il 2018 e il 2020. Nell’anno del lockdown si suona, compatibilmente con le possibilità. In un’intervista rilasciata al Jester Club di Cagliari, Enrico Spanu dice di essere al lavoro su del materiale nuovo sempre in collaborazione con Fabio Demontis. Il 1° aprile 2022 The Heart and the Void scrive di aver pronti un bel po’ di pezzi registrati nel corso del 2021. Canzoni che «usciranno piano piano nell’arco del 2022». La prima portata ci viene servita l’8 aprile. Si chiama “Grown so tired”: «una dichiarazione d’intenti, sotto ogni aspetto. […] Il testo l’ho scritto in aereo qualche anno fa mentre partivo per un piccolo tour. La musica è saltata fuori una silenziosa notte in albergo dopo un concerto, mi sembra fossi a Lecce. Per registrare questo brano ho comprato una chitarra baritona. Se la meritava».

In “Grown so tired”, la voce affusolata di Enrico Spanu è immersa in un mare cupo di arpeggi e riverberi. Un synth, forse un organo, entra discreto, quasi a temperare l’attacco spigoloso della chitarra. Si passa dal dialogo voce-sei corde a una stratificazione complessa che sembra guardare tanto all’indie-folk quanto a tutto ciò che ci gira attorno.

“Grown so tired” nella sua ombrosa sedimentazione fa un passo di lato, almeno parziale, rispetto al songwriting più legato alla formula “guitar and voice” dei primi EP e alle architetture corali di “The loneliest of wars”. Fate conto, suppergiù, di dare una chitarra droppata e qualche pedalino in mano a una combo fra Noah and the Whale e Iron & Wine con una voce che suoni allo stesso tempo più ruvido e più dolce di The Tallest Man on Earth. Per gli amanti delle liste della spesa, questo è (a braccio) quello che potreste sentire. Per chi ama la sintesi: bello.

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