Con “The Devil’s Call”, Pino Scotto aggiunge un nuovo capitolo alla sua lunga carriera, fatta di coerenza artistica e sguardo critico sulla realtà. L’album, composto da undici tracce, alterna introspezione e osservazione sociale, mantenendo salda la cifra stilistica che lo ha sempre contraddistinto: sonorità che spaziano dal rock’n’roll al southern rock, passando per il blues e l’hard rock, e una voce graffiata che continua a interpretare la complessità del presente con lucidità e forza espressiva.
Nel disco si ritrovano temi ricorrenti nella produzione di Scotto: il senso di smarrimento individuale, l’ingiustizia sociale, la guerra, la fragilità umana e le contraddizioni del potere. Ogni brano si presenta come un episodio a sé, ma tutti concorrono a comporre una narrazione ampia e coerente.
Il singolo di lancio, “No Fear No Shame”, accompagna l’ascoltatore in un ritorno emotivo alle origini, alla protezione materna, come risposta a un mondo che ha perso orientamento. Il brano, sostenuto da un videoclip dal forte impatto simbolico, segna l’apertura dell’album e ne fissa la chiave di lettura principale: uno sguardo disilluso ma non arreso.
“Phantom Humanity” prosegue su questa linea, descrivendo una società vuota e adattata all’orrore, dove l’essere umano si rifugia in ideologie e dipendenze senza riuscire a colmare il proprio vuoto. “Catch 22”, ispirato al celebre romanzo di Joseph Heller, porta invece la riflessione sul piano storico, denunciando l’insensatezza della guerra e la disumanizzazione che ne deriva.
Non mancano brani dal tono più introspettivo, come “A Dozen Soul”, che esplora la molteplicità interiore di un uomo in lotta con sé stesso, e “Full Circle”, dove la vita viene vista come un percorso che trova senso solo nel momento in cui se ne osserva il compimento. In “Good and Evil Dance” Scotto affronta l’eterno conflitto tra bene e male, una scelta quotidiana che non offre certezze ma impone responsabilità.
Temi più personali emergono in “True Friend”, un omaggio a chi resta nei momenti difficili, e in “Don’t Be Afraid of Living”, in cui viene denunciato l’isolamento emotivo della società contemporanea, segnata dalla paura del vivere autentico. “Big Mama” affronta con tono critico l’ambivalenza del potere americano, tra capacità di guida e vocazione al dominio, mentre “Time for War” si rivolge direttamente a Dio, interrogandolo su un’umanità devastata da conflitti e avidità.
A chiudere l’album è la title track, “The Devil Call”, che mette a fuoco le maschere che si indossano per sopravvivere, denunciando la perdita di autenticità in un mondo dove ogni passo sembra condurre verso la stessa fine.
Con questo lavoro, Scotto conferma la sua capacità di fondere musica e contenuto, affrontando temi complessi con linguaggio diretto e senza filtri. L’album si inserisce in una carriera iniziata alla fine degli anni ’70 con i Pulsar e proseguita con i Vanadium, con cui ha inciso nove dischi. Dopo numerosi progetti solisti e collaborazioni, tra cui il Jam Roll Project e i Fire Trails, Scotto ha continuato a percorrere una strada personale, spesso al di fuori dei circuiti commerciali, ma sempre coerente con la propria visione artistica.
Dopo il successo di “Dog Eat Dog” del 2020 e il ritorno sui palchi con “Live n’ Bad” nel 2023, “The Devil’s Call” rappresenta una nuova tappa in un percorso che continua a combinare istinto rock, riflessione sociale e tensione emotiva.































