Bridget Jones, identikit di un’eroina politicamente scorretta

Tra ascendenze letterarie d’eccellenza e commedia dissacrante, Bridget Jones rappresenta un personaggio femminile rivoluzionario della letteratura e del cinema popolare

Renée Zellweger nei panni di Bridget Jones nell’ultimo capitolo cinematografico “Bridget Jones - Un amore di ragazzo”. ? Jay Maidment/Universal Pictures

Renée Zellweger nei panni di Bridget Jones nell’ultimo capitolo cinematografico “Bridget Jones - Un amore di ragazzo”. ? Jay Maidment/Universal Pictures

Nasce così, a metà degli anni ‘90, già trentenne e deliziosamente sarcastica, imperfetta e inequivocabilmente romantica, pur nella modernissima giungla urbana di Londra: si chiama Bridget Jones ed esordisce sulle colonne di alcuni giornali inglesi, che pubblicano le pagine del suo diario, per poi conquistare il mondo tra romanzi e film di successo, ancora oggi attesissimi dal pubblico.

Dal 27 febbraio arriva infatti nelle sale il quarto capitolo della sua epopea sentimentale, “Bridget Jones – Un amore di ragazzo”, dimostrazione lampante che Jones, nata dalla penna della scrittrice britannica Helen Fielding, con la sua fulminante autoironia si è fatta interprete di un nuovo modo di raccontare le donne, le loro aspirazioni e la rivendicazione del diritto a “essere se stesse”, confrontandosi con stereotipi di genere ben radicati.

Il primo romanzo della Fielding, “Il diario di Bridget Jones”, esce nel 1995, nel bel mezzo di un decennio in cui sulle passerelle della moda spopolano top model del calibro di Claudia Schiffer e Kate Moss: rispetto a questi canoni di bellezza, il corpo di Bridget Jones è rivoluzionario e, non a caso, Renée Zellweger, interprete del personaggio fin dal primo capitolo cinematografico nel 2001, è chiamata ad ammorbidire le sue forme per restituire al meglio la fisicità di una giovane donna che talvolta si lascia andare a qualche “unità alcolica” consolatoria di troppo. In quegli anni, inutile negarlo, Bridget viene definita esplicitamente “grassa” e le sue “gambe da calciatore” sono oggetto di scherno, soprattutto perché esibite con naturalezza.

Nella storia delle narrazioni del corpo delle donne, nelle commedie romantiche in particolare, Jones rappresenta un punto di svolta: pur ricorrendo all’aiuto di mitici ausili, come i mutandoni contenitivi “della nonna”, possiede una self-confidence per l’epoca sorprendente, che mette in discussione solo in momenti complicati della propria vita, rifugiandosi talvolta nel cibo, nell’alcol e nel fumo. Bridget Jones, in definitiva, non è un personaggio politicamente corretto nel senso più attuale del termine e la sua forza dirompente risiede proprio nella capacità di essere così onestamente umana e imperfetta; perennemente ostacolata dall’innata goffaggine e inibita dalle aspettative della società, che la vorrebbe già sposata e madre, Bridget fatica ad emanciparsi da questi modelli, che però paiono proprio non calzarle.

Jones è certamente una donna moderna, che rivendica per sé il diritto alla felicità, anche da un punto di vista romantico: trovandosi invischiata in una storia d’amore con l’affascinante ma moralmente discutibile Daniel Cleaver, Hugh Grant nei film, e il rassicurante ma serioso Mark Darcy, a cui presta il volto Colin Firth, non è facile per lei trovare un equilibrio duraturo. Per molti aspetti, “Il diario di Bridget Jones” ricalca uno dei più famosi romanzi di Jane Austen, “Orgoglio e Pregiudizio”, ma sarebbe riduttivo limitare il calco alle dinamiche della storia d’amore; Bridget, con la sua verve comica e indomabile, vive senza compromessi, proprio come Elizabeth Bennet, la protagonista del romanzo di Austen, e come lei non aderisce allo stereotipo di bellezza dei tempi in cui vive, trovandosi per altro anche lei alle prese con un “Darcy” decisamente complicato.

In tempi come quelli attuali, in cui finalmente si cominciano a raccogliere i frutti della lotta agli stereotipi di genere e si dibatte di body positivity e di modelli di rappresentazione dei corpi femminili improntati alla varietà e all’aderenza alla realtà, potrebbe trovare ancora spazio in letteratura o al cinema una ragazza come l’irresistibile Jones degli anni ‘90? Difficile dirlo. Forse il suo rifugiarsi nei piaceri della gola verrebbe prontamente bollato come disturbo alimentare. Forse, il desiderio di trovare l’amore e conquistare il proprio lieto fine verrebbe criticato come antiquato. Jones, tuttavia, rappresenta un personaggio fondamentale per l’evoluzione dei personaggi femminili nelle narrazioni popolari, per quella “normalizzazione” di cui oggi può godere soprattutto il pubblico più giovane e sensibile a questi temi.

Se sotto certi aspetti, dunque, l’inadeguatezza di Bridget Jones sembra ormai superata, di certo il personaggio ha ancora qualcosa da insegnare a tutti noi: l’ironia dissacrante con cui guardare al mondo e, soprattutto, a se stessi.

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