Dopo la proiezione all’ultima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Fuori Concorso, dal 16 ottobre nelle sale italiane “After the Hunt: Dopo la caccia”, l’ultimo film di Luca Guadagnino. Per questo sofisticato thriller il regista ha scelto un trio di interpreti –Julia Roberts, Ayo Edebiri e Andrew Garfield– capaci di restituire pienamente al pubblico la complessità e le sfumature dei loro personaggi, tratteggiati con profondità dalla sceneggiatrice Nora Garrett: attraverso di loro, “After the Hunt” offre uno spaccato della società americana e, in generale, occidentale apparentemente più progressista, tanto attuale quanto problematico, con uno sguardo tagliente alla moderna condizione femminile, incarnata dalle due attrici protagoniste.
Alma Imhoff (Julia Roberts) è un’affermata docente di Filosofia a Yale; brillante e molto seguita da studenti e studentesse, individua nella giovane Maggie Price (Ayo Edebiri) la sua pupilla, intelligente e volenterosa. La giovane nutre per la Imhoff una stima pressoché sconfinata, ma a incrinare irrimediabilmente il loro rapporto sarà proprio un eccesso di fiducia, riposta dall’allieva nella sua insegnante. Maggie, infatti, rivela di aver subito un abuso da un professore, Hank Gibson (Andrew Garfield), e, nel rendere pubblica la violenza subita, chiede il sostegno di Alma; la docente si trova così alle prese con un delicato dilemma, che potrebbe compromettere l’assegnazione della cattedra a cui mira da tempo e che la vede in competizione proprio con il professor Gibson, amico di lunga data.
L’abuso di cui Maggie è vittima apre uno squarcio nelle vite di Alma e Hank, rivelandone delle pieghe inattese; il contesto sociale patinato e privilegiato in cui i due docenti, e la stessa Maggie, vivono si sgretola sotto il peso di una verità che sembra sempre più difficile da afferrare. Hank, infatti, nega di aver commesso una violenza nei confronti di Maggie, a suo dire favorevole all’approccio, e nel difendersi insinua che la studentessa possa cercare vendetta per essere stata scoperta come autrice di un plagio; Alma, d’altro canto, non si schiera immediatamente dalla parte di Maggie -come forse ci si potrebbe aspettare-, ma ne mette in dubbio il reale valore, bollandola improvvisamente come una giovane molto ambiziosa, ma mediocre.
In un crescendo di drammatiche rivelazioni che scavano nel passato dei protagonisti, la scrittura della Garrett intesse la narrazione di citazioni filosofiche e psicoanalitiche, che lungi dall’appesantire la trama, le conferiscono profondità e giustificano il senso di straniamento che il pubblico prova nello scoprire dettagli sempre nuovi nelle vite dei personaggi. Particolarmente interessante, in questo senso, è il rapporto di Alma con suo marito Frederik (Michael Stuhlbarg), a cui sembra legarla un sentimento d’amicizia, più che d’amore; ancora, è quasi impossibile non riconoscere nel dubbio che viene instillato in Maggie riguardo le circostanze della violenza subita, il fenomeno del gaslighting, in cui fin troppo spesso le donne vittime di abusi psicologici e fisici incorrono, quando si cerca di convincerle di non saper più valutare con razionalità quanto è realmente accaduto loro.


“After the Hunt” propone al pubblico un dramma psicologico in cui non è facile distinguere verità e menzogna, così come le categorie di “giusto” o “sbagliato”; se, da una parte, questo approccio restituisce la complessità del reale, così come la fragilità dei meccanismi che governano la mente umana, dall’altra potrebbe suggerire che, in fondo, non esiste una sola verità in cui credere, con tutte le conseguenze del caso, soprattutto in tempi di post “Me Too”. Guadagnino intesse con eleganza un thriller capace dunque di toccare alcuni temi particolarmente urgenti riguardanti il ruolo della donna nella società attuale, affidandosi a due personaggi femminili appartenenti a generazioni diverse: Alma Imhoff rappresenta un sistema di privilegio e omertà, che contribuisce a preservare per poterne definitivamente entrare a far parte -pur essendone in realtà una vittima-, mentre Maggie incarna una giovane donna di etnia non bianca che lotta -con ogni arma che le è concessa- per scardinare un sistema di potere che la vorrebbe esclusa o, nel migliore dei casi, in un ruolo marginale.
A conferire ritmo e profondità alla narrazione contribuisce in modo decisivo la colonna sonora del film, intessuta di piccole perle, come il brano “L’incontro” di Piero Ciampi, e firmata da Trent Reznor e Atticus Ross. Di certo, il film si candida a fare incetta di nomination nella prossima stagione dei premi cinematografici: comunque vada, si tratta di una pellicola da guardare fino all’intensa “ultima scena”, per poterne cogliere -forse- il senso.































