Non potrebbe esserci un periodo più adatto di questo per l’uscita di “Tron: Ares”, nuovo capitolo di un franchise cinematografico capace di attraversare i decenni e mantenere vivo l’interesse del pubblico, grazie alla sua potente carica innovativa. Il terzo film della saga arriva nelle sale italiane, 15 anni dopo “Tron: Legacy”, pellicola a suo tempo attesissima, separata dal primo “Tron” da ben 28 anni di distanza; nel 1982 infatti, esordisce sul grande schermo, in una stagione satura di blockbuster del calibro di “Poltergeist” e “E.T.”, il film che per la prima volta spalanca le porte dell’universo informatico di “Tron”, senza peraltro ottenere risultati particolarmente eclatanti al botteghino.
La pellicola, tuttavia, segna una tappa fondamentale per la cosiddetta “fantascienza tecnologica” al cinema: più nota in letteratura come “hard science fiction”, unisce al puro racconto d’invenzione e ai suoi dettagli più immaginifici una coerenza scientifica capace di conferire verosimiglianza alla narrazione. Così, Steven Lisberger e Bonnie MacBird, creatori di “Tron”, finiscono inaspettatamente per cambiare per sempre la narrazione del rapporto tra uomo e computer, tratteggiando una dimensione informatica parallela in cui i programmi svolgono le loro funzioni in forma personificata, come alter ego dei loro creatori, ma non solo.
Se nel primo capitolo è il geniale programmatore Kevin Flynn (Jeff Bridges) a fare il suo ingresso in questa dimensione e ad allearsi con Tron, alter ego del suo amico programmatore Alan Bradley (Bruce Boxleitner), nel secondo film, diretto dall’allora esordiente Joseph Kosinski, è suo figlio Sam (Garrett Hedlund) a venire trasportato nell’universo della Rete, proprio per ritrovare il genitore, da tempo scomparso.
Tra sfide mozzafiato sulle Light Cycle, le moto di luce ormai simbolo della saga, e rivelazioni sconvolgenti sull’evoluzione della vita nella Rete, Sam torna nel mondo reale portando con sé Quorra (Olivia Wilde), programma ribelle nato proprio nella dimensione parallela: i confini tra i due universi vengono dunque attraversati da un essere, o intelligenza artificiale, di un “nuovo mondo”, che guarda agli umani con curiosità e, forse, timore.
Per Joachim Rønning e Jesse Wigutow, rispettivamente regista e sceneggiatore di “Tron: Ares”, riprendere il filo della narrazione dopo un finale così aperto, con pesanti implicazioni etiche, ha rappresentato una sfida complessa e stimolante, affrontata in modo da cogliere in pieno i dilemmi del mondo contemporaneo legati all’utilizzo AI; se questo terzo capitolo, infatti, non può non essere legato ai precedenti per ovvie ragioni, risulta anche perfettamente immerso nell’attualità, grazie al suo protagonista, il sofisticato programma Ares, a cui presta il volto Jared Leto, tra i produttori del film.
A distanza di tanti anni dalla fuga di Quorra dalla Rete, infatti, la tecnologia per portare gli asset digitali nel nostro mondo si è evoluta, ma questi sono destinati a scadere dopo un certo periodo di tempo; un Codice di permanenza stabile cambierebbe la situazione e la corsa per ottenerlo non è priva di rischi. A sfidarsi sul piano dell’innovazione tecnologica sono due compagnie di cui i fan della saga non faticheranno a individuare le origini: la “Dillinger”, guidata da Julian Dillinger (Evan Peters) con la collaborazione di sua madre Elisabeth (Gillian Anderson), e la “Encom”, compagnia rilevata da Sam Flynn al termine di “Tron: Legacy” ma ora gestita, dopo un periodo di crisi, da Eve Kim (Greta Lee): proprio per ottenere il Codice di permanenza, Dillinger crea Ares, un programma dalle caratteristiche avanzate, affiancato dall’omologa Athena (Jodie Turner-Smith), altrettanto potente. Ben presto, tuttavia, Ares comprenderà quali limiti Dillinger sia disposto ad oltrepassare per raggiungere i suoi scopi e finirà per avvicinarsi a Eve, trovandosi inoltre a dover tornare alla Rete in cui la saga di “Tron” è cominciata.
Come nei precedenti capitoli, la colonna sonora rappresenta un elemento caratterizzante fondamentale per il film; dopo Wendy Carlos, compositrice di musica elettronica che nel 1982 ha curato la colonna sonora del primo “Tron”, e i Daft Punk, che nel 2010 hanno lavorato con un’orchestra di 100 elementi per “Tron: Legacy”, sono stati i Nine Inch Nails, ovvero Trent Reznor e Atticus Ross, a plasmare le atmosfere di quest’ultimo capitolo, una storia al confine tra due mondi sempre più interconnessi, che dovranno imparare a conoscersi e collaborare per non soccombere definitivamente entrambi. Di certo il film, la cui realizzazione è stata lunga e costellata di difficoltà, è molto atteso dal pubblico, così come dalla critica; l’influenza di questo universo narrativo su altre saghe di grande successo, come quella di “Matrix”, è infatti ampiamente riconosciuta: resta dunque da chiedersi che futuro tratteggerà, stavolta, “Tron” per tutte le creature viventi, che siano umane o digitali.
































