Ispirato alla rocambolesca vita di Marty Reisman, campione americano di tennistavolo tra gli anni ‘40 e ‘60, “Marty Supreme” promette di segnare la corsa ai più importanti premi della stagione cinematografica, primi fra tutti Golden Globe e Oscar, sia per la sua estetica dirompente, supportata da un investimento di oltre 70 milioni di dollari da parte della casa di produzione A24, che per il cast di altissimo livello.
La pellicola, in uscita nelle sale italiane il 22 gennaio, vede alla regia Josh Safdie che, separatosi artisticamente dal fratello Benny (vincitore del Leone d’Argento per la Miglior regia con “The Smashing Machine”), sceglie l’epopea umana e sportiva di Reisman per raccontare luci e ombre del sogno americano, senza peraltro doversi porre i limiti connessi alla realizzazione di un vero e proprio biopic.
Il protagonista del film, infatti, si chiama Marty Mauser ed è interpretato da uno straordinario Timothée Chalamet, acclamato sia al New York Film Festival che al Torino Film Festival, dove la pellicola è stata presentata in anteprima questo autunno. Marty lavora in un negozio di scarpe nella Grande Mela, ha un aspetto bizzarro, dal fisico esilissimo all’attitudine scattante, quasi “elettrica”, con cui si muove, e non si cura affatto del giudizio della società: ha un sogno, diventare campione di tennistavolo, e grazie a un mix di perseveranza, fortuna e follia, riesce nel suo intento.
La storia di Marty, dunque, potrebbe sembrare una rivisitazione originale del mito del “self made man”, se non fosse per la capacità di Safdie, anche sceneggiatore del film insieme a Ronald Bronstein, di scavare nelle fragilità del protagonista, nel suo slancio quasi ingenuo, senza filtri e senza limiti, nei confronti della vita e delle sue sorprese. Inevitabilmente, tra successi sportivi e relazioni amorose travolgenti, per Marty arrivano anche sconfitte, squalifiche, scommesse e rapporti pericolosi con diversi allibratori, che mettono in discussione quanto di buono e inaspettato il giovane campione è riuscito a ottenere.
L’estetica e il ritmo del film, con il montaggio rutilante del co-sceneggiatore Bronstein, sono speculari alla personalità istrionica del protagonista, a cui Chalamet si offre con dedizione totale, trasformandosi anche fisicamente: se è vero che “Marty Supreme” non può essere definito un vero e proprio biopic, la storia di Marty Reisman traspare a ogni snodo narrativo importante del film, ispirato senza dubbio all’autobiografia “The Money Player, The Confessions of America’s Greatest Table Tennis Player and Hustler”, uscita nel 1974.
Il rapporto con il denaro, la gestione della notorietà, i rischi e le tentazioni del successo: nella storia di Marty -Reisman e Mauser- si legge in trasparenza un’analisi a tratti spietata della società americana: se nell’autobiografia di Reisman riferimento temporale sono in particolare gli anni ‘50 e ‘60, il film di Safdie riesce a proiettarsi nell’attualità, nel sistema di annientamento dei media, capaci di stritolare nei meccanismi che li governano anche i loro “eroi” finendo per consumarli, nella fama così come nella rovina.
Di grande impatto anche i ruoli femminili principali del film: Gwyneth Paltrow interpreta Kay Stone, che intesse con il protagonista una relazione destinata negli anni ‘50 a fare scandalo, soprattutto per la differenza d’età tra i due, mentre Odessa A’zion presta il volto a Rachel Mizler, altro interesse amoroso di Marty, con cui vive un rapporto travolgente; nel cast anche Fran Drescher nel ruolo di Rebecca Mauser, madre del protagonista.
Non resta che attendere i primi mesi del 2026 per capire se “Marty Supreme”, dramedy coinvolgente e visivamente accattivante, sarà capace di conquistare il pubblico americano -negli USA il film esce nelle sale a Natale- ed europeo.
































