La terza edizione del Digital Media Fest, il primo festival di respiro internazionale dedicato alle nuove tendenze videodigitali, fondato e diretto in Italia dalla giornalista Janet De Nardis, si è conclusa, il 12 dicembre corso, suscitando la curiosità e l’interesse dei media e del grande pubblico. L’obiettivo di fare da palcoscenico a tutti i prodotti audiovisivi webnativi è stato anche quest’anno pienamente raggiunto, e se alcuni generi sono già noti, come i cortometraggi e le web series, altri rappresentano per i più una novità che possono avere modo di scoprire, proprio grazie ad un evento come questo, concentrato sull’evoluzione digitale a 360 gradi. È questo il caso dei fashion film.
Prima conosciuti prevalentemente da appassionati e addetti ai lavori, nell’ultimo anno e mezzo dominato dal Covid-19, dove quasi tutto è stato trasmesso in streaming, i fashion film sono stati spesso erroneamente utilizzati come etichetta per indicare ogni audiovisivo in cui compare un brand, dalle settimane della moda ai vari spot pubblicitari.
Ma, contrariamente a quanto si possa pensare, con l’espressione fashion film non si indicano le sfilate di moda in streaming, si tratta di contenuti brandizzati piuttosto. I marchi, invece di concentrarsi sulle pubblicità che hanno come unico scopo quello di convincere ad acquistare prodotti o servizi, tendono ormai a creare dei prodotti audiovisivi basandosi sullo storytelling, sul racconto di una storia dove il prodotto pur essendo presente non è più il focus. Utilizzano il potere delle emozioni, facendo riferimento ad esperienze di vita, ai propri valori, in modo da catturare così l’attenzione e l’interesse del pubblico.
L’arte del saper raccontare con l’utilizzo di immagini, soprattutto in movimento, è ciò che ha condotto Alice Fassi a diventare una regista, scegliendo poi la strada dei fashion film.
“Cominciando con la scrittura di racconti, poesie e libri, grazie ad un corso di cinema ho poi iniziato a “scrivere per immagini” e così ho trovato la mia dimensione – racconta la regista -. Mi piace l’idea di poter seguire un progetto dall’inizio, dalla fase della scrittura all’effettiva realizzazione. Agli inizi i miei video erano più che altro degli esperimenti mal riusciti. Il mio preferito era un video realizzato in stop motion con una serie di omicidi di orsetti gommosi. Poi sono passata a tutt’altro. Ho iniziato con i fashion film e non ho più smesso. Vedevo nei fashion film un terreno aperto a molta creatività. Mi sembrava un genere senza troppi paletti e abbastanza difficile da definire. In realtà con il tempo ho capito che non è sempre libero come sembra, ma è comunque un buon compromesso prima di poter iniziare a fare cinema”.
Il fashion film “Hymn to Nonsense” è un esperimento meta-cinematografico, si tratta di un film nel film, la trama si sviluppa come una matrioska dove le modelle e i modelli di diversa nazionalità recitano nella loro lingua madre cercando comunque di farsi capire. L’obiettivo è quello di confondere lo spettatore e mettere a dura prova le sue capacità di comprensione, scardinando le classiche convenzioni del cinema. Spiegarlo è curioso per la stessa Alice. “Mi piace l’idea di promuovere il nonsenso puro proprio perchè credo che il mondo in cui viviamo sia il nonsenso puro. Quando ho realizzato “Hymn to Nonsense” ero davvero stanca dei film costantemente promotori di una morale. Ho quindi optato per mettere in scena una narrazione ai limiti del paradossale con il mio linguaggio preferito, quello meta-cinematografico”.
“Hymn to Nonsense” è stato uno dei lavori più premiati della regista, questo l’ha ricompensata per i lunghi mesi di lavoro svolto insieme a un grande team che si è unito e ha fatto proprio il progetto. Al Digital Media Fest ha ottenuto i premi come best fashion film e come best styling, che consistono in una promozione su Fashion Channel, la proiezione in una delle giornate dell’Altaroma a febbraio 2022 e una promozione su Lei Style. “Il Digital Media Fest è stata per me una grande soddisfazione, – afferma la regista – purtroppo il Covid ha costretto la metà di questi festival a essere trasmessi solo in streaming eliminando un po’ la magia. Quando è possibile partecipare a questi eventi di persona è sempre bello, si ha la possibilità di conoscere tanta gente appassionata di cinema e toccare con mano quanto il proprio film venga apprezzato”.
Chiusa così positivamente questa esperienza festivaliera, per la regista ci sono all’orizzonte altri progetti molto importanti da realizzare. “Il 2022 si aprirà con l’uscita di un mio short documentary su un movimento religioso bulgaro, un progetto video più foto realizzato quest’estate insieme al fotografo Marco Gehlhar. Poi passerò a progetti più narrativi. Il mio vero obiettivo è il cinema”.
E sul fatto che i fashion film rappresentino una frontiera in espansione per l’audiovisivo e l’intrattenimento Alice Fassi non ha dubbi: “Si tratta di un genere molto promettente che sta conquistando sempre più importanza. Penso che a breve diventerà più importante delle immagini statiche, se non lo è già. Il passaggio dallo stampato al digitale è stata una grande spinta in questo senso e nell’era dei social è sempre più facile catturare lo spettatore con un prodotto in movimento. Perciò ritengo che il fashion film sia il prodotto del ventunesimo secolo”.