Il corpo docente del Liceo Scientifico e Linguistico “Guglielmo Marconi” di Sassari ha approvato in assemblea una mozione dal titolo “La scuola non è neutrale: mozione per la condanna di ogni forma di occupazione, apartheid e genocidio”, sottoscritta da 77 insegnanti. Il documento rappresenta una presa di posizione chiara rispetto all’attualità internazionale, con un riferimento esplicito alla situazione in Palestina.
I docenti dichiarano di condannare con fermezza ogni forma di occupazione, apartheid, colonialismo e genocidio, ribadendo la responsabilità educativa di stimolare negli studenti consapevolezza storica, senso critico e attenzione al contesto geopolitico. La scuola, spiegano, non può limitarsi a un ruolo neutrale, ma ha il dovere di impegnarsi attivamente nella difesa della dignità umana, nella promozione della pace e nel rispetto del diritto internazionale.
La mozione impegna l’istituto a promuovere, fin dall’avvio dell’anno scolastico, occasioni di riflessione pubblica sui temi dei diritti umani e della legalità internazionale, coinvolgendo studenti, famiglie e territorio. È inoltre prevista l’adesione alle iniziative pacifiste promosse da missioni umanitarie, da organismi internazionali e dalla Global Sumud Flotilla, con l’obiettivo di sostenere percorsi condivisi per la risoluzione pacifica dei conflitti.
Il primo atto concreto individuato dai docenti sarà osservato il giorno d’inizio delle lezioni: un minuto di silenzio alle ore 10 in tutte le classi, per ricordare bambini, ragazze, ragazzi e insegnanti che non potranno più frequentare la scuola a causa di bombardamenti, aggressioni e distruzioni di edifici scolastici e universitari. L’istituto si impegna inoltre a diffondere la mozione agli organi di stampa locali e nazionali, con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’urgenza di riflettere collettivamente sui temi della pace e della giustizia.
Di seguito il testo integrale del documento sottoscritto.
In qualità di docenti, riteniamo che il nostro lavoro non si esaurisca nella trasmissione di conoscenze, ma includa la responsabilità profonda di formare cittadini e cittadine consapevoli, capaci di osservare criticamente la realtà, di riconoscerne le dinamiche, di nominarle per ciò che sono e di assumersi la responsabilità di prendere posizione. Educare e un atto politico e morale: implica il coraggio di scegliere da che parte stare, soprattutto nei momenti storici in cui i valori fondanti della convivenza civile vengono messi in discussione.
Non è sufficiente richiamarsi alle competenze chiave europee, come il pensiero critico, la cittadinanza attiva, la consapevolezza sociale, se, come comunità educante, non siamo disposti e disposte a metterle in pratica nei nostri contesti professionali e pubblici. È per questo che è ormai doveroso, come docenti, interrogarci e prendere posizione rispetto a ciò che accade oggi nel mondo, in particolare all’assedio che colpisce il popolo palestinese da decenni e che negli ultimi due anni ha assunto forme e dimensioni che molte voci autorevoli della comunità internazionale non esitano più a definire genocidarie.
Nel condannare il terribile attacco perpetrato dall’organizzazione Hamas il 7 ottobre 2023 nel territorio di Israele, e che ha causato la morte di 1200 israeliani (di cui 800 civili, tra i quali 16 bambini), deplora la reazione violentissima decisa dal governo del primo ministro Netanyhau, che ha innescato una catena di violenze difficilmente arrestabile e le cui conseguenze ricadono soprattutto su civili indifesi. A Gaza 660.000 bambini e ragazzi ad oggi sono privati dell’istruzione per il terzo anno consecutivo (fonte UNRWA), ma il termine “educidio” o “scolasticidio” – che indica la sistematica demolizione dei centri di educazione in Palestina – e stato coniato da Karma Nabulsi, Fellow in Politics all’Università di Oxford, nel 2009.
Non possiamo tollerare che il nostro Paese, così come l’Unione Europea, continui a sostenere o giustificare, omettendo le proprie responsabilità o attraverso l’invio di armamenti, un regime di apartheid, un’occupazione militare sistematica, una politica coloniale e una violenza armata indiscriminata che colpisce la popolazione civile. Non possiamo più permetterci di rimanere in silenzio: la Storia che insegniamo ogni giorno nelle nostre classi ci chiede coerenza. Quello che accadde durante l’età delle conquiste coloniali e durante la Seconda guerra mondiale – e che la storiografia ha definito senza esitazioni “genocidi” – sta accadendo oggi, di nuovo, sotto i nostri occhi.
Inoltre, l’attacco israeliano all’Iran e la conseguente risposta militare hanno inaugurato un’escalation pericolosissima. Il rischio che la guerra si estenda e travolga nuovi popoli e territori e concreto, così come la diffusione di ondate di episodi di antisemitismo che mettono in pericolo gli ebrei in tutto il mondo. In questo contesto drammatico, Israele continua ad agire nella più totale impunità, con l’appoggio o il silenzio complice di Stati Uniti ed Europa. È nostro dovere denunciarlo e chiedere a gran voce l’inizio immediato di efficaci soluzioni diplomatiche che portino alla fine delle ostilità.
Sappiamo che una parte dell’opinione pubblica internazionale, anche grazie alla mobilitazione della società civile, dei sindacati e dei movimenti studenteschi, ha cominciato a prendere posizione, seppure con timidezza e ritardo. Tuttavia, gli eventi incalzano e la guerra, il riarmo, la distruzione del diritto internazionale e il ritorno a logiche autoritarie sembrano accelerare. La ripresa dell’anno scolastico a settembre sta avvenendo in uno scenario ancora più grave: per questo è urgente che il mondo della scuola, e in particolare il corpo docente, faccia sentire ora la propria voce.
Questo documento è il risultato di una rielaborazione del testo proposto dai docenti del Liceo Spano di Sassari che ringraziamo per la condivisione, auspicando una sempre maggiore collaborazione tra tutti coloro che operano nel mondo della scuola affinché la pace e la giustizia siano sempre più efficacemente promosse nell’attività didattica.
































