La giornata è calda e il cielo è terso di nuvole, il maestrale sulla costa arriva smorzato alle sponde di Baratz. È lo stesso vento che, 10 mila anni fa, l’ha creato durante l’ultima glaciazione, dopo un abbassamento del livello del mare, trasportando un’imponente duna di sbarramento nei tre affluenti che lo alimentano. Unico lago naturale in Sardegna, è situato nella Costa Nord Occidentale e appartiene interamente al territorio del Comune di Sassari che, nel 2000, vi ha istituito il CEAS (Centro per Educazione Ambientale e la Sostenibilità), all’interno del sistema INFEA del Ministero Ambiente e della Regione Sardegna. Come ogni CEA, la sua missione è quella di contribuire alla conoscenza e far riflettere sul modo di porsi nei confronti dell’ambiente.
La struttura, costruita con caratteristiche ecologiche e di risparmio energetico, ha aule didattiche, uffici, spazi espositivi e sala convegni e al suo interno è possibile visitare una mostra didattica permanente, con pannelli illustrativi, e una biblioteca tematica che rientra nel sistema bibliotecario comunale.
Mi accoglie Paola, che con Adriana è una delle operatrici di Alea Ricerca e Ambiente, di Oristano, che opera da tempo nel campo ambientale e che nel 2017 ha vinto il bando di gestione del CEAS per i successivi due anni.
Mi illustra progetti e finalità didattiche mostrandomi dove gli scolari, di ogni ordine e grado, svolgono laboratori legati alla sostenibilità e al consumo consapevole, per ottenere stili comportamentali compatibili con le risorse naturali. Qui scoprono il riutilizzo dei materiali di scarto, sperimentano la creazione della carta riciclata con l’uso di strumentazioni e giochi didattici.
Il Centro propone attività sia in aula che all’aperto, completamente gratuite per le scuole del Comune di Sassari, ma anche programmi extra comunali. I laboratori sul campo prevedono l’esplorazione diretta con percorsi dinamico-interattivi, dove i bambini vengono guidati alla scoperta attraverso i sensi e si incuriosiscono su habitat, animali e piante. Con metodologie calibrate alle esigenze della classe, scoprono i molteplici intrecci di relazioni tra i vari viventi, e tra essi e il loro ambiente.
Spostandoci all’esterno, attraverso un giardino con le principali essenze della macchia mediterranea, Paola mi conduce verso uno dei sentieri dell’area. Baratz è incluso nella ZSC (Zona Speciale di Conservazione) della Comunità Europea “Lago di Baratz-Porto Ferro”, sono circa 1300 ettari compresi in parte nel Parco Naturale Regionale di Porto Conte, che vantano 18 habitat di interesse comunitario, 2 dei quali prioritari; 114 specie animali e 22 vegetali di interesse conservazionistico.
Attraversiamo una vasta pineta, impiantata negli anni 50 con un cantiere forestale, composta da diverse specie di conifere quali il pino d’Aleppo e il pino domestico. Il sottobosco, coperto da aghi di pino, lascia poco spazio alla macchia che si sviluppa maggiormente nelle radure aperte, più vicine alle sponde del lago. Essenze quali erica e ciclamino testimoniano la pregressa lecceta ormai rara, mentre dominano il lentisco, l’olivastro, il corbezzolo, il mirto, i cisti, le orchidee selvatiche e la palma nana, simbolo dell’area. In questa parte del percorso sono numerose le tracce dei cinghiali che rivoltano la terra in cerca di cibo arandola nel profondo.
Lasciando la pineta alle spalle, possiamo finalmente godere dello spettacolo del lago: una vasta distesa azzurra dall’aspetto magico e suggestivo. Gran parte della magia è data dagli scheletri delle tamerici, disposti ad anelli concentrici ad indicare le variazioni del livello dell’acqua. Un primo cerchio è completamente immerso a testimonianza di un periodo di grave siccità che ha sfiorato la sua estinzione. Il lago ha degli immissari ma è privo di emissari, è collegato al mare di Porto Ferro con un’esigua perdita sotterranea che origina una sorgente dolce sul litorale.
Le attività didattiche si svolgono in gran parte nella sponda sabbiosa dove, tra tife, canne palustri e giunco pungente è possibile, con binocoli e cannocchiali, osservare le specie di uccelli che si nascondono sulle rive o che si cibano sulla superficie del lago. Le folaghe fanno da padrone, sono tantissime e il loro vociare chiassoso fa a gara con quello dei gabbiani. Non è difficile osservare i piccoli tuffetti col loro caratteristico modo di immergersi, i germani reali con la livrea iridescente o lo svasso maggiore con la cresta nell’accoppiamento mentre, purtroppo, sono sempre più rari gli aironi.
La grande disponibilità di cibo sia degli ambienti umidi che di macchia, con numerose bacche e frutti, fa sì che il lago sia frequentato nel periodo autunno-inverno da diversi uccelli migratori e svernanti, essendo anche uno dei primi lembi di terra dopo la lunga traversata. Molte di queste specie sono di rilevante interesse scientifico, tra le quali i rapaci notturni, che sono facilmente osservabili, e ai quali sono dedicate delle serate particolari di osservazione, mentre i limicoli sono monitorati nell’ambito di censimenti periodici.
Paola mi racconta di come i bambini rimangano incantati nel vedere il rospo smeraldino, la raganella e il discoglosso sardo, al pari della testuggine comune e quella d’acqua dolce o le molteplici esuvie che decorano giunchi e tamerici quando le libellule si sono involate.
Alcune attività sono aperte anche ad un pubblico extrascolastico: in aprile è previsto un fine settimana di fotografia naturalistica, la presentazione di un libro ed il laboratorio della carta. A maggio Monumenti Aperti, in cui gli operatori di Alea illustreranno le specie e le priorità dell’ecosistema.