Un anno fa Graziano Mesina iniziava la sua ultima latitanza

Graziano Mesina. Foto Fabrizio Radaelli ANSA/KLD

Un anno fa, per la precisione il 3 luglio 2020, Graziano Mesina fuggiva per l’ultima volta dalla sua Orgosolo per non farvi più ritorno (o almeno così sembra). Quella mattina, i carabinieri del Comando provinciale di Nuoro si presentarono nella casa della sorella Peppedda, in Corso Repubblica, per arrestarlo: la Cassazione aveva infatti confermato la condanna a 30 anni di carcere per traffico di droga. Ma a sorpresa, o forse non tanto considerando la sua storia di plurievasore dalle carceri di mezza Italia, Gratzianeddu non c’era più. Scomparso, volatilizzato, ancora una volta irreperibile e da quel momento non lo è più stato nemmeno per i familiari, giurano i suoi avvocati.

A 79 anni compiuti ad aprile, Mesina entra nella lista dei latitanti più pericolosi e ricercati d’Italia, alla stregua del boss mafioso Matteo Messina Denaro. C’è chi dice di averlo visto in Corsica e chi in Tunisia, dove si sarebbe rifugiato da qualche mese secondo investigatori d’esperienza considerati fonti affidabili da La Nuova Sardegna.

Un anno fa la Sardegna tornava sulle prime pagine dei quotidiani italiani, dove riecheggiava la parola banditismo accompagnata dalla storia di Graziano Mesina, dalle faide barbaricine alle leggendarie evasioni dalle carceri, ben 22 tentate e 10 riuscite, passando per i suoi rapporti con lo Stato italiano: come mediatore nel sequestro di Farouk Kassam, e la grazia concessa nel 2004 dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Un anno fa, in quei caldi mesi di luglio e agosto l’allerta era massima, così come i controlli delle forze dell’ordine che scandagliarono laghi artificiali, montagne, casolari abbandonati, campagne inospitali perfino per gli animali selvatici, ma niente: nessuna traccia del latitante.

Ma nel mentre il tempo è passato, un tempo non sereno per la famiglia Mesina che oltre alla preoccupazione per Gratzianeddu ha dovuto fare i conti con diversi lutti causati dal Covid. La pandemia si è infatti portata via il nipote ingegnere Giancarlo Pisanu, col quale aveva convissuto nella casa di Corso Repubblica, morto di Covid a 58 anni nel maggio scorso. E più tardi, nel dicembre scorso sono morte sempre per Covid le due sorelle di Mesina, Rosa di 94 anni e Antonia di 77.

Scegliendo di sottrarsi alla giustizia, Grazianospiegano le sue avvocatesi è sottratto anche agli affetti più cari e non possiamo sapere se sia o meno a conoscenza di questa pesante situazione della sua famiglia”.

Le due legali stanno vagliando l’ipotesi del ricorso alla Corte europea per i Diritti dell’uomo per restituirgli la libertà, motivandola con i suoi 46 anni di carcere già scontati e con l’età molto avanzata. “È una possibilità che lui accarezzava nel suo ultimo anno a Orgosolo nell’ipotesi che la Cassazione confermasse la condanna”.

L’ex Primula Rossa ha scelto però la latitanza, forse stremato dall’idea di tornare in un carcere. Lui, da sempre insofferente nei confronti della detenzione ha incarnato nell’immaginario collettivo la figura dell’inafferrabile Lupin, e tuttora nonostante l’età non si perde d’animo e continua la sua vita da fuggiasco incorreggibile e imprendibile.

Chissà che dal luogo in cui si trova non consideri anche questa latitanza una forma di detenzione e non rifletta sul fatto che a 79 anni possa valere ancora la pena o meno fare questo tipo di vita. Privato com’è della sua terra e delle sue montagne, ma soprattutto dei suoi affetti più cari, alcuni dei quali non ha potuto salutare per l’ultima volta.

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